L’isola di Ceylon dal 1948 era uno Stato indipendente nell’ambito del Commonwealth; dal 22 maggio 1972 ha ottenuto l’indipendenza completa, assumendo il nome di Sri Lanka.
La letteratura di questa repubblica si esprime in due lingue: il singalese e il tamil. Il singalese è (come il tamil) una lingua ufficiale dello Stato, straziato da una guerra civile sanguinosa voluta dagli indipendentisti tamil (certo con l’appoggio dei Tamil indiani) che chiedono la secessione. Il singalese è una lingua aria del gruppo indoeuropeo (mentre il tamil è una lingua dravidica), parlata da oltre dieci milioni di persone.
Le prime testimonianze scritte sono in lingua pali: la cronache Dipanansa (IV secolo) e Mahavansa (V secolo). Queste cronache riportano anche, oltre a eventi propriamente storici, miti e leggende antiche dell’isola di Ceylon. A questo periodo risalgono anche molti commentari a opere buddhiste.
Verso il V secolo si scrissero, come in India e altrove, i jataka, cioè le vite delle precedenti incarnazioni del Buddha. Accanto alle opere in pali si diffusero opere in sanscrito.
Le prime opere in singalese apparvero tra il VI e l’VIII secolo: poesie, frammenti, e anche iscrizioni in caverne e su roccia (da cui risulta che esistevano poeti singalesi autori di opere trasmesse solo oralmente).
La letteratura medievale di Ceylon aveva come modelli naturalmente le opere indiane, i classici in sanscrito. L’opera più notevole del primo medioevo è del re singalese Parakramabahu (1236-1270), La perla della poesia. Nel XIII secolo comincia anche a diffondersi la prosa. Gurulugomi scrisse nel XIII secolo l’opera in prosa Il mare di nettare, dedicato alle precedenti nascite del Buddha. Un’altra opera in prosa che ebbe notevole diffusione è La ghirlanda delle pietre preziose della vera fede del monaco buddhista Dharmasena. Un’ampia descrizione della vita di Ceylon ci è data nell’opera in prosa L’ornamento della vera religione (XIV secolo), in cui si racconta con realismo la vita della gente povera e si indica nel buddhismo il modo di uscire dai dolori dell’esistenza.
Nel XIV secolo viene terminata la traduzione in singalese dei jataka. Nel XV secolo ritorna in auge la poesia, di cui sono rappresentanti Sri Rahula, Vettevetkheroe Vidagama.
Intanto alle guerre di conquista dell’isola da parte dei Portoghesi, si sostituirono gli Olandesi, e poi gli Inglesi, che nel 1815 ottennero il controllo di tutta l’isola. Naturalmente (a parte le molte ribellioni) si andò formando una coscienza nazionale indipendentista.
I primi romanzi in singalese sono opera di un certo De Silva (Mina, 1905, Teresa, 1907, La nostra religione, 1910). Un altro notevole prosatore fu Sirasena (1875-1946), autore del romanzo Jayatissa e Rosalina ovvero un matrimonio felice (1906). Uno scrittore realista è Vikramasinga, nato nel 1891, che per primo introdusse il singalese parlato nei suoi romanzi. Nel 1944 incominciò una trilogia di romanzi Il villaggio che cambia (1944), cui fecero seguito L’ultimo tempo (1947) e Fine del secolo (1949).
Negli anni Quaranta raggiunse fama Munidasa (1903-1957) autore di brevi racconti, ma ce ne furono anche altri. Gunidasa Amarasekara (nato nel 1929) rappresenta la vita della gente semplice in romanzi come Uno schiavo del destino (1955). Notevole l’opera di poeti singalesi come Munidasa Kamaratunga, Vimalarantra Kumaragama, Chandraratna Manavasinkhe e altri.