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La storia della letteratura inglese è strettamente legata a quella della lingua inglese, la quale appartiene al gruppo germanico delle lingue indoeuropee. La letteratura inglese si divide in diversi periodi.
Letteratura anglosassone
Nel V secolo d.C., gli Angli, i Sassoni e gli Iuti, tribù teutoniche, invasero l’ex colonia romana della Britannia, abbandonata da Roma dopo la caduta dell’impero, e vi si insediarono. La lingua germanica da loro parlata, definita Old English, è uno degli elementi costitutivi dell’inglese moderno così come la loro ricca tradizione poetica orale, trascritta tra il VII e l’IX secolo dai monaci dopo la conversione al cristianesimo, è parte integrante della letteratura inglese. Ciò che rimane della poesia anglosassone, circa 30.000 versi, è contenuto in quattro manoscritti, uno dei quali è conservato in Italia, a Vercelli. In questi versi è evidente il compromesso tra valori pagani e valori cristiani. Il carattere epico delle saghe germaniche cantate dai menestrelli a celebrazione degli eroi si stempera infatti in un tono elegiaco più consono alla morale cristiana, anche se la caratteristica nota di cupa malinconia scaturisce principalmente dal senso, del tutto pagano, dell’incombere del fato sulla vita umana. Tutte le composizioni poetiche hanno metro allitterativo e lo stile è ricco di sinonimi e parafrasi descrittive. L’opera più famosa è Beowulf, un poema epico di ambientazione scandinava in cui l’eroe, appartenente al popolo dei Goti, uccide il mostro Grendel e sua madre che opprimono la Danimarca. Importanti sono anche le elegie pagane, in ognuna delle quali un personaggio lamenta l’infelicità della propria sorte. Componimenti tipici sono i riddles, indovinelli in forma poetica che mettono in rilievo l’amore anglosassone per le metafore. La maggior parte dei versi è anonima, ma si conoscono i nomi di due autori di poesia a carattere religioso: Caedmon, un uomo semplice che scrive parafrasi poetiche di episodi biblici, e Cynewulf, un erudito che compone poemi di maggior complessità. La prosa del periodo anglosassone fu composta principalmente in latino. Scritti in Old English apparvero soltanto verso la fine del IX secolo durante il regno di re Alfredo. Dopo aver sconfitto gli invasori danesi, che avevano distrutto i monasteri della Northumbria fino a quel momento centro culturale del Paese, Alfredo si impegnò nella traduzione di opere di carattere storico, religioso e filosofico che riteneva didatticamente utili al suo popolo, tra cui la Historia Ecclesiastica Gentis Anglorumdel grande studioso Beda (672-735). Alfredo decise poi di registrare gli avvenimenti del suo tempo compilando la Cronaca anglosassone.
La conquista del Paese da parte dei Normanni nel 1066 provocò fondamentali cambiamenti non solo dal punto di vista sociale e politico, ma anche da quello linguistico e letterario. I Normanni infatti portarono con sè, oltre al sistema feudale, anche la lingua francese e i modelli letterari in auge in Francia: i poemi cavallereschi ispirati agli ideali di vita della nobiltà feudale e i componimenti di taglio didattico improntati agli insegnamenti della chiesa. Negli anni successivi alla conquista esisteva in Inghilterra una situazione di plurilinguismo: il francese era la lingua parlata a corte, il latino continuava a essere il principale veicolo di espressione scritta per gli studiosi, l’anglosassone costituiva la lingua delle classi subalterne. Quest’ultimo nei tre secoli seguenti subì un profondo processo di trasformazione, che lo portò ad assimilare strutture e lessico della lingua dei conquistatori fino a raggiungere alla fine del XIV secolo la forma che viene definita Middle English. Questo linguaggio prese il posto del francese a corte e divenne la lingua nazionale, grazie anche al distacco della classe dominante dalla Francia contro cui era iniziata la guerra dei Cent’anni. Un’opera narrativa importante per tutta la letteratura occidentale fu scritta nel 1147 in latino dal vescovo Goffredo di Monmouth: la Historia Regum Britanniae in cui sono narrate per la prima volta le leggende celtiche di re Artù, personaggio che divenne poi l’incarnazone del perfetto cavaliere cristiano feudale. Il libro di Goffredo di Monmouth, fu tradotto in francese nel 1155 dal normanno Wace e solo nel 1205 apparve in versione inglese a opera di Laymon. La poesia lirica del Duecento segue modelli francesi, il verso allitterativo e il tono cupo dei poemi anglosassoni lasciano il posto alla rima e a una ambientazione più luminosa, come appare nel Canto del cuculo di autore anonimo. Due importanti autori del XIV secolo sono William Langland (1332-1400) e John Wyclif (c. 1324-1384). Il primo scrisse in metro allitterativo, ritornato in uso in questo periodo, Pietro l’aratore, satira allegorica sulle misere condizioni di vita dei ceti più bassi; il secondo, grande pensatore di riforme sociali e religiose, contribuì alla stesura della prima versione completa della Bibbia.
L’autore maggiore di questo secolo Geoffrey Chaucer (1340/45-1400) che fece riferimento ai grandi della letteratura italiana, Dante, Petrarca e Boccaccio, conosciuti in seguito ad alcuni viaggi in Italia. Le sue opere più importanti sono Troilo e Criseide e i Racconti di Canterbury, suo capolavoro. Il Boccaccio è alla base sia della prima opera, ispirata al Filostrato, che della seconda, una raccolta di novelle la cui costruzione formale ricorda quella del Decameròn. La cornice dei Racconti di Canterbury, composti in versi decasillabi in coppie a rima baciata, è data da un pellegrinaggio alla cattedrale di Canterbury di un gruppo di persone che per vincere la noia del viaggio decidono di raccontare a turno delle storie. L’opera costituisce una vivissima rappresentazione delle classi sociali e della vita in Inghilterra durante la fase finale del medioevo, quando la classe borghese aveva ormai preso corpo e la sua affaristica visione del mondo stava prendendo il posto dei valori feudali da Chaucer stigmatizzati con grande senso dell’umorismo.
I letterati di corte del XV secolo non produssero nessuna opera di rilievo; il loro scarso genio può essere spiegato dalla crisi attraversata dalla classe dominante a causa del protrarsi di quella con la Francia e di quella interna per la successione al trono, la guerra delle Due rose. E’ stata la produzione anonima e popolare, sia poetica sia drammatica, a dare i frutti migliori. Un esempio è fornito dalle ballate, che fiorirono soprattutto nella zona di confine tra la Scozia e l’Inghilterra. Questi componimenti poetici, trasmessi oralmente, narravano avvenimenti che avevano avuto vasta eco tra il popolo. Famoso è il ciclo delle ballate di Robin Hood.
Nel Quattrocento raggiunse la sua massima fioritura il teatro a carattere religioso. Durante tutto il corso del medioevo il clero organizzò nelle feste più importanti rappresentazioni di episodi biblici, chiamate miracle plays, che nel XV secolo passarono sotto il monopolio delle Corporazioni delle Arti e dei Mestieri. Una forma teatrale che costituisce uno sviluppo rispetto ai miracle plays, è la morality, rappresentazione allegorica i cui personaggi danno corpo a concetti astratti, spesso vizi e virtù in lotta tra loro. La morality più famosa è Everyman che ha come protagonista un cristiano tipico di fronte alla morte. Un avvenimento di fondamentale importanza per la storia della cultura letteraria fu la messa in opera della prima macchina da stampa d’Inghilterra da parte di William Caxton (1422-1491) che pubblicò la prima edizione dei Racconti di Canterbury e stampò La morte di Artù di Thomas Malory, la più notevole opera in prosa del secolo per l’affascinante resa della leggenda arturiana.
Il Rinascimento
Gli inizi del rinascimento coincisero con il regno di Enrico VIII (1509-1547) e il periodo di massimo splendore si ebbe con Elisabetta I (1558-1603) e Giacomo I (1603-1625). Risolti nel 1485 i problemi della successione al trono con l’ascesa dei Tudor, anche la vita culturale riprese vigore. Si sentirono gli effetti dell’umanesimo italiano con la fondazione di numerose scuole dedite allo studio dei classici e con la traduzione di importanti opere greche, latine, italiane e francesi che ebbero grande influenza sulla produzione letteraria successiva. Del rinascimento italiano e francese gli Inglesi colsero soprattutto le fasi finali e ciò spiega il carattere barocco di gran parte della poesia e di molta prosa elisabettiana e giacobita. Alcuni avvenimenti storici contribuirono in maniera determinante a dare al rinascimento inglese i suoi tratti specifici. L’adesione alla Riforma protestante conferì alla produzione letteraria un carattere di seria moralità e un forte interesse per gli argomenti religiosi. La sconfitta dell’Invincibile Armata spagnola del 1588 e l’inizio dei viaggi e commerci d’oltreoceano spiegano il senso patriottico e l’esaltazione del modello di vita inglese presenti in molte opere. Un genere letterario di grande rilevanza è la poesia di corte, fiorita soprattutto durante il regno di Elisabetta sotto l’influenza di modelli italiani e composta da sonetti, canzoni e madrigali. Furono Thomas Wyatt (1503-1542) e Henry Howard Earl of Surrey (c. 1517-1547) che introdussero il sonetto petrarchesco, poi modificato secondo un nuovo modello definito elisabettiano o shakespeariano, e il blank verse, un metro senza rima ispirato all’endecasillabo sciolto italiano, che ebbe grande diffusione nella poesia epica e nel dramma. Per contenuti e ideali la poesia elisabettiana è ancora ispirata al mondo cavalleresco medievale nonchè alla moralità protestante. I principali esponenti sono Philip Sidney (1554-1586) e, soprattutto, Edmund Spenser (1552-1599) che scrisse La regina delle fate, poema di grande musicalità e di complessa allegoria dedicato alla regina Elisabetta. Lo stile elaborato e di raffinata artificiosità che si diffuse in Europa con il marinismo italiano, il gongorismo spagnolo e il preziosismo francese ha il suo corrispettivo inglese nell’eufuismo di John Lyly (1554-1606), autore di Eufue, l’anatomia dello spirito (1578) e Eufue e la sua Inghilterra (1580).
Nella poesia il maggior rappresentante di questa tendenza è John Donne (1573-1631) il cui stile venne definito metafisico. La sua lirica barocca, arguta e concettuale, ha come caratteristica quella di mescolare l’immaginazione alla logica e di seguire le leggi della dialettica più che quelle del canto, impiegando immagini prese dalla vita quotidiana e dal mondo scientifico. Si sente chiaramente nel poeta il contrasto di un’epoca di transizione sospesa tra medioevo e mondo moderno. Il segno del passaggio dal vecchio al nuovo è evidente nelle opere filosofiche di Francesco Bacone (1561-1626), l’inventore del metodo induttivo sperimentale, che si espresse con un stile chiaro, conciso e vigoroso di grande influenza sulla prosa prodotta successivamente.
Fu nel teatro che il rinascimento trovò la sua forma di espressione più ricca e distintiva. Spettacolo di origine popolare, il dramma divenne nel periodo elisabettiano uno degli intrattenimenti preferiti dalla corte. I drammaturghi che ebbero successo nel periodo precedente all’affermazione di Shakespeare sono definiti con l’appellativo di university wits: essi avevano infatti cultura universitaria e seppero fondere la tradizione popolare con i modelli classici proposti dall’umanesimo. La tragedia di sangue secondo i modelli di Seneca e il dramma patriottico a cui si aggiunse la commedia raffinata e leggera sono le forme principali del teatro elisabettiano. Il più grande dei predecessori di Shakespeare fu Christopher Marlowe (1564-1593) le cui tragedie maggiori sono Edoardo II (1591) e La tragica storia del Dottor Faust (1592). Merito di questo autore fu di aver reso il blank verse uno strumento moderno e vitale di grande intensità lirica, come appare nei numerosi monologhi dei suoi drammi, in cui campeggia la figura del protagonista completamente dominato da un’unica smisurata passione da cui è portato alla rovina. Maggior autore del teatro rinascimentale, William Shakespeare (1564-1616) produsse 14 commedie, tra cui Sogno di una notte di mezza estate e Il mercante di Venezia; 10 drammi storici, tra cui Enrico IV; 13 tragedie che includono i massimi capolavori: Amleto, Otello, Re Lear, Macbeth. E’ difficile stabilire una cronologia esatta delle opere di Shakespeare, che non furono mai pubblicate con il permesso dell’autore durante la sua vita. E’ possibile però notare un’evoluzione dal periodo iniziale, in cui egli sperimentò le varie forme teatrali in auge, a quello cupo e pessimista delle grandi tragedie, fino all’ultima fase di maggiore serenità, che produsse come grande capolavoro La tempesta, in cui la modalità realista lascia il posto a una forma più immaginativa di grande coinvolgimento pur nel rispetto, fino ad allora ignorato, delle unità aristoteliche. Numerosi sono i drammaturghi che scrissero contemporaneamente o successivamente a Shakespeare. Ben Jonson (1572-1637), il più considerato tra loro, portò sulle scene la satira sociale improntata a modelli classici. I suoi personaggi non si elevano mai al di sopra della dimensione caricaturale. Fu anche autore di masques, interludi drammatici accompagnati da musiche e coreografie, un genere sofisticato e spesso vuoto di significato che preannuncia la crisi del teatro rinascimentale.
Puritanesimo e Restaurazione
Il Seicento è secolo di sviluppi costituzionali che limitano il potere della monarchia e, attraverso un regicidio e due rivoluzioni, gettano le basi dell’Inghilterra moderna, protestante e democratica. Fu un periodo di lotte religiose: la chiesa anglicana, che aveva ormai preso piede, si opponeva al cattolicesimo, espressione dell’assolutismo monarchico, e al puritanesimo che improntava la visione del mondo della nuova classe emergente mercantile. La religione è un argomento fondamentale della letteratura del periodo. Agli ideali della chiesa anglicana si ispiravano sia il gruppo dei poeti metafisici che seguivano i modelli di John Donne, sia i poeti chiamati cavaliers che scrivevano secondo la fresca e leggera modalità della lirica elisabettiana. Essi gravitano intorno alla corte di Carlo I, il re che verrà decapitato. Ma i due maggiori scrittori del periodo furono di fede puritana: John Milton (1608-1674) per la poesia e John Bunyan (1628-1688) per la prosa. Il primo, che assunse importanti cariche politiche durante il periodo di Cromwell e si dedicò completamente alla letteratura solo dopo la fine dell’esperienza repubblicana, scrisse due poemi epici, Il Paradiso perduto (1667), nonchè il dramma Sansone agonista (1671), modellato sull’esempio della tragedia greca. Nella poesia di Milton, grande ammiratore del rinascimento italiano oltre che fervente calvinista, forme classiche si sposano a temi biblici e il severo blank verse da lui usato acquista una musicalità intensa e solenne, adatta a esprimere un’epica cristiana. John Bunyan, uomo semplice per estrazione sociale e cultura, combattente nell’esercito di Cromwell, scrisse Il viaggio del pellegrino (1678-1684), allegorica descrizione, sotto forma di sogno, del viaggio di un pellegrino di nome Christian dalla Città della Distruzione alla Città Celeste. Quest’opera, di grandissima popolarità, fu scritta in una prosa semplice e vivida, modellata su quella della versione autorizzata della Bibbia che Giacomo I fece compilare nel 1611. Dopo la morte di Cromwell fu restaurata la monarchia con il ritorno dalla Francia di Carlo II. I generi letterari distintivi di questo periodo sono la satira per la poesia, il saggio filosofico e scientifico per la prosa, la commedia satirica o sentimentale e la tragedia di ispirazione francese per il teatro, di nuovo in auge dopo essere stato messo al bando dal rigore puritano. La figura dominante è John Dryden (1631-1700). Poeta di notevole maestria, egli fece del distico eroico uno strumento di grande efficacia satirica e avviò il linguaggio poetico alle convenzioni della poetic diction che trionferà nel secolo successivo. Come scrittore di saggi in prosa, invece, fece sue le istanze della Royal Society, fondata nel 1662 per lo sviluppo delle scienze che raccomandava ai suoi membri uno stile semplice e chiaro aderente al linguaggio corrente.
L’Illuminismo
La Gloriosa Rivoluzione del 1688, con la quale il re Giacomo II, fautore dell’assolutismo cattolico, fu sostituito con Guglielmo D’Orange, segnò un’importante tappa nel processo democratico e nel consolidamento del potere del parlamento. Fu inaugurata cos l’età dell’illuminismo durante la quale trionfò in ogni sfera della vita intellettuale la tendenza razionalistica. In campo letterario questo periodo, che registra il declino della scrittura poetica e lo sviluppo della letteratura in prosa con la nascita del romanzo, viene definito “età augustea”; è infatti all’equilibrio formale dei grandi modelli classici che gli artisti del secolo fanno riferimento. La prima metà del XVIII secolo è dominata dalla figura di Alexander Pope (1688-1744) che fu il primo artista indipendente dal patrocinio della nobiltà e segnò così la nascita della scrittura come libera professione. La sua poesia, assolutamente priva di emozione lirica ed essenzialmente satirica, diventa mezzo espressivo di concetti morali, filosofici e letterari.
Di lui ricordiamo Il ricciolo rapito (1714), tragicomica satira di costume in cui la poetic diction e il distico eroico raggiungono i pi alti livelli di eloquenza. Lo spirito satirico dell’epoca trova la sua espressione più sferzante nella prosa di Jonathan Swift (1667-1745) che scrisse I viaggi di Gulliver (1726). Il libro, caratterizzato da una prosa tersa e chiara in cui vengono sviluppati argomenti logici partendo da presupposti paradossali, è un feroce attacco contro politici e scienziati e, più in generale, contro l’intera specie umana. E’ nel Settecento che nasce il giornalismo con la fondazione da parte di Daniel Defoe (1661-1731) della rivista The review; Richard Steele (1672-1729) e Joseph Addison fondarono poi The Tatlere The Spectator, il cui scopo non era solo di informazione politica ma anche di formazione morale.
Espressione letteraria consona allo spirito della classe borghese per le possibilità che offre di rappresentazione realistica dei costumi sociali e della personalità umana, il romanzo assunse in questo periodo una posizione di preminenza come genere letterario. Daniel Defoe, esponente della classe mercantile puritana, può essere considerato il primo romanziere moderno. Il protagonista del suo capolavoro, Robinson Crusoe (1719), è un naufrago che con tenace volontà, sempre sostenuta dalla fede religiosa, riesce a sopravvivere in un’isola deserta adattandosi alle nuove condizioni di vita e nel contempo modificando l’ambiente circostante. Il personaggio rappresenta perfettamente l’uomo borghese, individualista e teso all’accumulazione economica e al successo. Defoe, che come già ricordato fu anche giornalista, racconta con prosa concreta e chiara fornendo descrizioni dettagliate e precise. I romanzi epistolari di Samuel Richardson (1689-1761), Pamela (1740) e Clarissa (1748), trattano il tema della virtù insidiata con intento moralistico e tono sentimentale, ma costituiscono anche convincenti ritratti di personaggi studiati con sottile maestria psicologica. Detrattore della storia sentimentale fu Henry Fielding (1707-1754), romanziere di robusta forza realistica e satirica. Il suo capolavoro è Tom Jones (1749), che narra con vena tragicomica l’avventurosa vita del protagonista secondo le modalità del romanzo picaresco spagnolo.
Lawrence Sterne (1713-1768) è il più atipico dei grandi romanzieri settecenteschi. Nel suo libro Vita e opinioni di Tristram Shandy (1750) non c’è traccia di impegno morale così come non esiste trama: il racconto si allontana continuamente dal suo centro narrativo attraverso l’introduzione di nuovi aneddoti che danno largo spazio alla delineazione della personalità dei protagonisti. La tecnica narrativa di Sterne sembra precorrere il flusso di coscienza del grande romanzo sperimentale del Novecento. Il letterato più influente della seconda metà del secolo è Samuel Johnson (1709-1784), abile organizzatore della vita culturale del periodo nonchè autore del primo dizionario della lingua inglese.
Il romanticismo
Segni di disaffezione nei confronti del neoclassicismo e del razionalismo si registrano fin nel cuore del XVIII secolo. Al 1750 risale infatti l’Elegia scritta in un cimitero di campagna di Thomas Gray (1716-1771) che fu l’espressione più notevole della cosiddetta poesia sepolcrale. Anche se a livello formale Gray adottò il linguaggio poetico augusteo, il suo gusto per la meditazione malinconica, il riferimento a letterature primitive e al medioevo, la celebrazione delle classi sociali più umili fanno di lui un esponente del preromanticismo. Il fascino per remote età barbariche spinse James Macpherson (1736-1796) a inventare l’esistenza di un antico bardo celtico, Ossian, cui attribuì la paternità delle sue poesie che ebbero molto successo in tutta Europa. Nella prosa segnali di cambiamento si hanno con il romanzo gotico, in cui misteriosi eventi di natura soprannaturale, inspiegabili con la ragione, provocano un acuto senso di terrore. Esponente di questo filone fu Matthew Gregory Lewis (1775-1818) con Il monaco(1796). I primi due grandi poeti romantici, che a livello temporale si situano ancora in ambito settecentesco, sono lo scozzese Robert Burns (1759-1796) e William Blake (1757-1827), entrambi artisti di valenza rivoluzionaria. Gli avvenimenti storici all’origine del profondo cambiamento segnato dal Romanticismo furono la rivoluzione francese, che accelerò il processo democratico europeo, e la rivoluzione industriale, che provocò fondamentali cambiamenti nella vita umana. Caratteristiche dello spirito romantico sono una diversa interpretazione della natura vista in termini panteistici e in stretto rapporto con l’uomo, l’aspirazione a unirsi con l’infinito e con il tutto, la concezione dell’artista come mediatore tra le forze trascendenti e il genere umano, il culto per le epoche primitive e per gli umili, l’indagine sulle forze dell’irrazionale, l’enfasi sulla libera iniziativa creatrice dell’artista, l’interesse per i sentimenti nei loro aspetti più segreti. Importante fu l’influenza delle correnti filosofiche tedesche, principalmente dell’idealismo che fu introdotto in Inghilterra da Samuel Taylor Coleridge (1772-1834), e William Wordsworth (1770-1850), della prima generazione romantica. I due artisti pubblicarono insieme nel 1798 le Ballate liriche, raccolta che segnò l’inizio ufficiale del romanticismo letterario. La prefazione al libro, aggiunta da Wordsworth nel 1800, costituisce il manifesto del movimento. Nella stesura della raccolta Wordsworth, che contribuì con Tintern Abbey e numerose poesie brevi, si diede il compito di trasfigurare, con linguaggio aderente all’uso comune, la realtà più familiare conferendole una luce di novità e di eccezionalità mentre Coleridge, che contribuì con La ballata del vecchio marinaio, si pose quello di rendere reali e credibili avvenimenti di natura misteriosa e soprannaturale. Wordsworth espresse più di ogni altro il profondo senso romantico della natura ed esaltò la dignità delle persone umili mentre Coleridge fu importante anche per la produzione critica e filosofica. I due poeti, dapprima sostenitori delle istanze democratiche della rivoluzione francese in seguito abbandonate per posizioni più conservatrici, furono sempre sostenuti da un profondo senso etico e sottolinearono l’importanza della missione sociale del poeta come fonte di consapevolezza. Gli artisti della seconda generazione romantica, George Gordon Lord Byron (1788-1824), Percy Bysshe Shelley (1792-1822) e John Keats (1795-1821), furono attratti dai movimenti rivoluzionari in atto in Europa e furono coerenti nel loro radicalismo politico. Byron creò la figura di un eroe fatale che si ribella alle convenzioni sociali. Fu però romantico solo nei comportamenti, poichè le sue opere migliori, tra cui il capolavoro Don Giovanni (1819-1824), si ricollegano alla tradizione satirica e umoristica del Settecento e della restaurazione. Shelley espresse in poesia il rifiuto per le istituzioni e la ricerca di una religione protesa verso l’infinito. La sua lirica raggiunge i livelli migliori nelle poesie brevi come la famosa Ode al vento occidentale. Keats è considerato il padre dell’estetismo anche se la sua poesia, che canta la bellezza della vita, è essenzialmente etica. L’espressione più alta del suo lirismo sono le odi scritte nel 1819, ricche di immagini suggestive e solenni nel ritmo: A un usignolo, Sopra un’urna greca, Alla malinconia, All’autunno. Nel periodo romantico nasce il romanzo storico, il cui fondatore fu lo scozzese Walter Scott (1771-1832). Un’altra esponente della narrativa del periodo fu Jane Austen (1775-1817) che dipinse con precisione e umorismo la vita della classe medio-alta di provincia. Più vicina allo spirito illuminista che a quello romantico, la scrittrice strutturò i suoi romanzi con maestria delineando la personalità dei protagonisti attraverso la conversazione.
L’Età vittoriana
Durante il lungo regno della regina Vittoria (1837-1901) la Gran Bretagna divenne una ricca potenza industriale e coloniale. Il grande sviluppo della scienza e della tecnica e il liberismo riformista della borghesia, ormai dominante, contribuirono a diffondere una visione positiva, accompagnata da un rigido senso moralistico, peraltro smentito dalle misere condizioni di vita dei ceti meno abbienti. Anche il mondo letterario sembrò accettare i valori di ottimismo e rispettabilità lasciando cadere la tensione ideale dei romantici, di cui però continuò a sfruttare temi e modalità. Il principale prodotto letterario del periodo è il romanzo sociale di cui fu maestro Charles Dickens (1812-1870) che pubblicò a puntate numerosi testi, tra cui David Copperfield(1849-50). I romanzi di Dickens mettono in evidenza la corruzione e le ingiustizie dell’epoca e rimangono opere di indubbio valore per la varietà di eventi, personaggi, ambienti che presentano nonchè per l’irresistibile vena comica. Tipico rappresentante del compromesso vittoriano è William Makepeace Thackeray (1811-1863), autore del romanzo La fiera delle vanità (1848) che dipinge la vita dei ceti benestanti mettendone in evidenza l’ipocrisia, senza mai però sfidare davvero le convenzioni vittoriane. Segno dell’affermazione del movimento di emancipazione femminile allora formatosi fu la presenza di parecchie scrittrici sulla scena letteraria. George Eliot (Mary Ann Evans, 1819-1880) ed Elizabeth Cleghorn Gaskell (1810-1865) descrissero con maestria la vita di provincia. Le sorelle Charlotte (1816-1855) ed Emily Brontè (1818-1848) appaiono come le continuatrici più originali dello spirito romantico. Soprattutto Emily nel suo appassionato romanzo Cime tempestose (1847) rivela grande creatività poetica e suscita intensa emozione. La poesia vittoriana ebbe prevalentemente carattere elegiaco come si può constatare nell’opera del poeta più rappresentativo, Alfred Tennyson (1809-1892), che scrisse melodiosi versi ricchi di immagini e di grande forza evocativa. La poesia di Robert Browning (1812-1889) ha invece carattere drammatico. Le composizioni delle sue raccolte migliori sono infatti monologhi in cui personaggi immaginari o storici espongono il loro punto di vista creando un discordante effetto corale di notevole modernità. La moglie di Browning, Elizabeth Barrett Browning (1806-1861), poetessa dagli interessi sociali e politici, dedicò al marito la pregevole raccolta Sonetti portoghesi (1847). Il gruppo dei pittori e poeti che si definirono preraffaelliti, esprimendo così il loro amore del tutto romantico per le epoche prerinascimentali, comprende Dante Gabriel Rossetti (1828-1882), sua sorella Christina (1830-1894) e William Morris (1834-1896). Lo stile sofisticato, l’elaborato simbolismo, la tendenza a unire elementi mistici a immagini sensuali, il rifiuto del materialismo dell’epoca accomunano questi poeti, che sviluppano l’estetismo di Keats portandolo verso le modalità del decadentismo. Tra i saggisti ricordiamo gli storici Thomas Babington Macauley (1800-1859) e Thomas Carlyle (1795-1881), nonchè lo storico dell’arte John Ruskin (1819-1900), vicino allo spirito dei preraffaelliti su cui scrisse un saggio.
La Crisi dell’età vittoriana
Negli ultimi decenni dell’Ottocento, durante i quali apparvero chiari segni di crisi economica, la fiducia negli ideali di progresso del positivismo e nella morale vittoriana entrò definitivamente in crisi. Gli intellettuali denunciarono l’ipocrisia dell’epoca proponendo l’arte e la bellezza come valori alternativi. L’età del decadentismo è annunciata, oltre che dai preraffaelliti, dalla poesia di Algernon Charles Swinburne (1837-1909) che suscitò scalpore per la sua sensualità e introdusse i modelli del simbolismo francese. Walter Pater (1839-1894) fu il teorico della tendenza estetizzante mentre l’artista più significativo fu Oscar Wilde (1856-1900) che espresse nel romanzo Il ritratto di Dorian Gray (1890) e nella commedia Salomè (1891) La sua concezione dell’arte per l’arte e della vita come opera d’arte. La critica sociale, alleggerita dalle argute battute ironiche, è il tratto caratteristico della produzione teatrale di Wilde. Questa peculiare unione tra estetismo e impegno sociale evidenzia come la visione romantica dell’artista quale profeta e maestro non si fosse del tutto esaurita. L’estetismo e il simbolismo sono alla base del cosiddetto rinascimento celtico, movimento poetico e teatrale sorto in Irlanda alla fine del secolo il cui più grande esponente fu William Butler Yeats (1865-1939), uno dei maggiori poeti moderni di lingua inglese. Anche in questi artisti le istanze estetiche si sposano con l’impegno per la causa dell’irredentismo irlandese. Un originale artista di fine secolo che esercitò particolare influenza nel successivo sviluppo della poesia fu Gerard Manley Hopkins (1844-1889) la cui lirica a carattere religioso segue modalità sperimentali e innovative. Nei romanzieri che scrissero nel tardo periodo vittoriano e durante il regno di Edoardo VII (1901-1910) sono percettibili gli influssi di modelli stranieri e la tendenza a una pi accurata indagine psicologica secondo l’esempio del grande scrittore americano Henry James (1843-1916). Thomas Hardy (1840-1928), influenzato dal pessimismo di Schopenhauer, espresse, con prosa densa di simbolismo e di amara ironia, una concezione tragica e fatalistica della vita. John Galsworthy (1867-1933) si ispirò al romanzo naturalista francese e nel ciclo La saga dei Forsyte (1906-1921), seguì l’evoluzione nel tempo di una ricca famiglia dell’alta borghesia vittoriana. Edward Morgan Forster (1879-1970), intellettuale del gruppo di Bloomsbury, incentrò i suoi romanzi sulle deformazioni che i pregiudizi e le convenzioni sociali operano nella libera espressione dei sentimenti e delle relazioni umane.
Un filone importante fu quello del romanzo di ambientazione esotica i cui maestri furono Joseph Conrad (1857-1929), del quale si ricorda in particolare Cuore di tenebra (1902), e Robert Louis Stevenson (1850-1894), indimenticabile autore dell’innovativo romanzo d’avventure L’isola del tesoro (1883) e di La strana storia del dottor Jekyll e del signor Hyde (1886), incentrato su un oscuro caso di sdoppiamento di personalità. Rudyard Kipling (1865-1936), il romanziere e poeta dell’imperialismo, mette in evidenza nelle sue opere, ambientate per la maggior parte in India, il complesso rapporto tra individuo e gruppo sociale. Herbert George Wells (1866-1946) criticò la societ vittoriana attraverso la sua narrativa fantascientifica. I romanzi di Samuel Butler (1835-1902), particolarmente irriverenti e caustici, furono fonte di ispirazione per il maggior commediografo del periodo, George Bernard Shaw (1856-1950), esponente della Società Fabiana, gruppo di ispirazione socialista. Nelle sue numerose commedie dal brillante dialogo e dal pungente sarcasmo fustiga l’ipocrisia vittoriana ispirandosi al teatro di Ibsen e continuando, nel contempo, la tradizione della commedia settecentesca.
Il Novecento
Nel periodo immediatamente successivo alla fine della prima guerra mondiale, che aveva distrutto del tutto valori già in crisi, si ebbe un radicale rinnovamento sia nel romanzo che nella poesia attraverso la sperimentazione di modalità espressive del tutto nuove, a cui fu dato il nome di modernismo. Importante per l’innovazione della narrativa fu la ricerca in campo psicologico di Freud, la cui influenza è evidente nelle opere di David H. Lawrence (1885-1930) che esplorano il contrasto tra istinti e ragioni e affrontano il tema del sesso. L’irlandese James Joyce (1882-1941), con i romanzi Ulisse (1922) e Le veglie di Finnegan (1939), è il più ardito sperimentatore delle nuove possibilità narrative. Usando le tecniche del monologo interiore e del flusso di coscienza egli rappresenta la vita della mente dei suoi personaggi dentro i cui pensieri e attraverso il cui punto di vista il lettore si ritrova a interpretare il mondo, seguendone le associazioni mentali, i ricordi e le improvvise prese di coscienza. Il linguaggio che lo scrittore usa è rappresentativo della frammentaria e multiforme realtà del nuovo secolo; unisce infatti lessico proveniente da linguaggi diversi, presenta infrazioni sintattiche, manca di punteggiatura. Nella stessa area di ricerca si situa Virginia Woolf (1882-1941). I suoi romanzi, La signora Dalloway (1925), Gita al faro (1927), Le onde (1931), sono monologhi interiori espressi con una prosa di intensa qualità lirica. Ricordiamo inoltre Dorothy Richardson (1873-1952) e Katherine Mansfield (1888-1923), autrice di alcuni dei più bei racconti in lingua inglese. Il linguaggio poetico fu radicalmente innovato da Thomas Stearns Eliot (1888-1965), americano di nascita ma inglese di elezione, con la pubblicazione nel 1922 del poemetto La terra desolata dedicato al connazionale Ezra Pound (1885-1972), grande sperimentatore della scrittura in versi. L’opera costituisce la metafora più espressiva dell’epoca moderna, priva di spiritualità e tormentata dalla solitudine e dall’ansia. Il composito linguaggio del poemetto unisce l’asciutto lessico quotidiano a citazioni letterarie prese da età più consone allo spirito del poeta. Gli autori a cui Eliot fa maggior riferimento sono Dante, di cui ama il simbolismo, e Donne, che apprezza per la fusione tra sentimento e pensiero. La poesia altamente simbolica di Eliot si fa più pacata dopo la conversione all’anglicanesimo, come appare in Quattro quartetti, composti dal 1936 al 1942. Durante il periodo tra le due guerre, segnato dalla crisi economica del 1929, poeti e prosatori sono accomunati dalla militanza nelle organizzazioni di sinistra. La narrativa del periodo annovera il contributo di scrittori quali Somerset Maugham (1874-1965), Evelyn Waugh (1903-1966) e Graham Greene (1904-1991). Le opere più originali sono i romanzi fantascientifici di Aldous Huxley (1894-1963), tra cui Il mondo nuovo (1932), e di George Orwell (1903-1950), La fattoria degli animali (1945) e 1984 (1948), cupe prefigurazioni di un incombente futuro in cui la creatività e la libertà sono negate. La scena poetica è animata dal cosiddetto Movimento di Oxford che include Wystan Hugh Auden (1907-1973), Steven Spender (1909-1995), Cecil Day Lewis (1904-1972) e Louis McNeice (1907-1963). Marx e Freud, le tecniche simboliste di Eliot e Yeats, i ritmi della musica jazz, il lessico colloquiale e le immagini prese dal mondo industriale stanno alla base della loro poesia. Allo stesso periodo risalgono le opere del gallese Dylan Thomas (1914-1953), di grande originalità e potenza visionaria, in cui si avverte l’eco della tradizione celtica. La seconda metà del XX secolo è un periodo di crisi per la Gran Bretagna che, già provata dalla Seconda guerra mondiale, vede ora il crollo del suo impero coloniale. Negli anni Cinquanta il teatro riprende vigore e rinnova le sue forme espressive. Questo processo inizia nel 1956 con la commedia di John Osborne (1929-1994) Ricorda con rabbia, il cui protagonista, un giovanotto dal linguaggio irriverente in rivolta contro le istituzioni sociali, divenne rappresentativo della generazione del secondo dopoguerra. I drammaturghi che, con modalità diverse, si ispirarono a questo filone furono definiti giovani arrabbiati; tra di loro ricordiamo John Arden (1930) e Arnold Wesker (1937).
Un’espressione teatrale, nata a Parigi, di fondamentale importanza a livello europeo, fu il cosiddetto teatro dell’assurdo i cui due maggiori rappresentanti di lingua inglese furono l’irlandese Samuel Beckett (1906-1989) e Harold Pinter (1930). Questi drammaturghi intesero rappresentare l’assurdità e la disarmonia della condizione umana dopo gli orrori della guerra mondiale e la minaccia atomica attraverso l’uso di un linguaggio stridente, di dialoghi illogici, di situazioni paradossali, di personaggi anticonvenzionali che si caricano di valenza simbolica. L’opera più rappresentativa fu Aspettando Godot (1954) di Beckett, originariamente scritta in francese. Negli anni più recenti assistiamo a una grande fioritura di talenti teatrali che scrivono anche per la radio, la televisione e il cinema. Due autori che hanno operato in tutti questi ambiti sono Tom Stoppard (1937) e Robert Bolt (1924-1995). Nel secondo dopoguerra poeti come Philip Larkin (1922-1985) e Kingsley Amis (1922-1995), uniti in un gruppo chiamato The Movement, si dichiararono a favore di una poesia più concreta e di comprensione più immediata rispetto ai modelli dello sperimentalismo modernista. Negli anni Cinquanta e Sessanta le figure poetiche di maggior spicco furono Ted Hughes (1930) e sua moglie, l’americana Sylvia Plath (1932-1963). Il primo tratta il tema del violento rapporto tra l’uomo e la natura con interessanti innovazioni stilistiche tendenti a creare la sensazione dell’energia e della tensione. La seconda esprime in chiave femminista le dolorose tematiche della pazzia e del suicidio per le quali sa scegliere le metafore e le cadenze metriche pi espressive. Negli anni successivi la poesia più interessante giunge non più da Londra ma dalle grandi città industriali inglesi e soprattutto da Belfast. I poeti più rappresentativi sono Tom Silkin (1930) per Newcastle, Roy Fisher (1930) per Birmingham, Adrian Henri (1936) per Liverpool, e Seamus Heaney (1939) per Belfast. Il romanzo del secondo dopoguerra, come la poesia, respinge la complessità espressiva del primo Novecento e ritorna al realismo. Scrittori come il già citato Kingsley Amis e Alan Sillitoe (1928), si ricollegano agli arrabbiati della scena teatrale: anche i loro protagonisti sono giovani che vivono in provincia, provengono dalla classe media e proletaria e sono in rivolta contro l’apparato sociale. Il filone dell’utopia negativa continua a creare capolavori come Il signore delle mosche (1954) di William Golding (1911-1993) e Arancia meccanica (1962) di Anthony Burgess (1917-1993).
Parecchie sono le scrittrici che animano la scena letteraria della seconda metà del Novecento: Doris Lessing (1919), Iris Murdoch (1919-1999), Muriel Spark (1918), Margaret Drabble (1939), Angela Carter (1940-1992), Antonia Byatt (1936), per citare le più famose. Muriel Spark, nata a Edimburgo nel 1918, residente da molti anni in Italia, comincia la propria carriera letteraria nel 1950, quando vince un premio per il miglior racconto pubblicato sull’Observer. La scelta di temi originali e talvolta grotteschi è la caratteristica più saliente delle prime opere, quali Memento mori (edizione originale 1959; traduzione italiana 1993) e La ballata di Peckham Rye (edizione originale1960; traduzione italiana 1996), nelle quali è già evidente l’inclinazione a guardare con sarcasmo il lato grottesco e mostruoso della realtà. Nel romanzo più famoso di Muriel Spark, dal titolo Gli anni in fiore della signorina Brodie (edizione originale 1961), la singolare personalità della scrittrice emerge nel modo più netto: percorsa da una religiosità affatto priva di indulgenza, l’opera è il frutto di uno sguardo implacabile che s’appunta su figure ed eventi nei quali affiora il Male, presenza necessaria e beffarda della vita umana. Con indiscusso talento, la scrittrice racconta la miseria e la debolezza umane senza offrir loro alcuna possibilità di redenzione. Figura originale del panorama letterario britannico è Antonia S. Byatt, pseudonimo di A. Drabble (sorella di Margaret Drabble), nata a Sheffield nel 1936. Giunta tardi alla narrativa, dopo un lungo periodo dedicato alla carriera accademica, Byatt esordisce nel 1978 con La vergine nel giardino, raffinato e ambizioso romanzo di ambientazione storica, ma il vero riconoscimento giunge con Possessione. Una storia romantica (edizione originale 1990, traduzione italiana 1992), nel quale Byatt, mediante l’uso di una lingua raffinata e colta, racconta due storie d’amore che si svolgono parallelamente, e talvolta s’intrecciano, tessendo con rara bravura una trama in cui il romanticismo di sapore ottocentesco si coniuga con i migliori ingredienti di un racconto di suspense, occultando il finale fino all’ultima pagina. II capolavoro di Byatt è La torre di Babele (edizione originale 1996; traduzione italiana 1997), ambientato negli anni Sessanta, nel quale la storia della protagonista, alla faticosa ricerca della propria strada dopo la fuga da un matrimonio perbene, si intreccia con quella di un’utopia e del suo fallimento, scritta da un giovane artista vagabondo ed emarginato.
A partire dagli anni Sessanta anche negli scrittori inglesi è evidente la tendenza, definita postmodernista e comune ad artisti di varie nazionalità, al rinnovamento e alla reinterpretazione delle strutture narrative del romanzo, accogliendo le suggestioni delle tecnologie comunicative (quali la televisione, il computer) e di altre arti (come il cinema). John Fowles (1926), autore di La donna del tenente francese (1963), dà un impianto realista al suo libro, ma nel contempo mette ironicamente in parodia le convenzioni del naturalismo vittoriano, epoca in cui il romanzo è ambientato. Bruce Chatwin (1940-1989), giornalista e studioso di archeologia, raccontò i suoi viaggi in giro per il mondo in opere di difficile classificazione tra il romanzo e il resoconto, l’autobiografia e il racconto storico scardinando i confini della tradizionale letteratura di viaggio. Suoi In Patagonia (1977) e Le vie dei canti (1987). Ian McEwan (1948) e Martin Amis (1949), due scrittori di particolare rilievo degli ultimi anni del secolo, abbandonano le convenzioni del realismo per una modalità più immaginativa, quasi grottesca. Molto amato dal pubblico e molto corteggiato dal cinema, lan McEwan, nato ad Aldershott nel 1948, si è imposto sulla scena letteraria sin dagli anni Ottanta, ma ha mantenuto le attese di pubblico e critica anche nel decennio successivo. Con Lettera a Berlino (1990) Io scrittore rielabora un canovaccio da tradizionale spy story (siamo nella Berlino del 1955, ai tempi della guerra fredda) sino a trarne un crescendo dal tragico epilogo; dal romanzo è stato tratto il film The Innocent, diretto nel 1993 da J. Schlesinger, protagonista Anthony Hopkins. II cinema si impossessa di altri due romanzi di McEwan: da Cortesie per gli ospiti (edizione originale 1981) viene tratto l’omonimo film (regia di Paul Schrader, protagonista Rupert Everett) e il celebratissimo romanzo Il giardino di cemento (edizione originale 1978), tragico ritratto domestico in cui le dinamiche familiari generano oscure complicità e relazioni di esasperato sadismo, diviene un film nel 1992 (regia di Andrew Birkin). Negli anni Novanta in Italia escono di McEwan: Bambini nel tempo (edizione originale 1987, traduzione italiana 1992), L’inventore di sogni (edizione originale e traduzione italiana 1994), che narra le immaginarie e fantastiche avventure di un bambino, il piccolo Peter Fortune, inguaribile sognatore, Cani neri (1993) e L’amore fatale (edizione originale e traduzione italiana 1997), un thriller in cui la fede ottimistica nella scienza, le nevrosi contemporanee e la spiritualità new age si mescolano come nella confusa vita reale. Nel 1998 ha vinto il Booker Prize per il romanzo breve Amsterdam, che affronta il delicato tema della violazione della privacy di un politico da parte dei media. Osannato dalla critica e amato dal pubblico è anche Martin Amis (nato a Oxford nel 1949), figlio di Kingsley Amis. Nel suo romanzo d’esordio, Le carte di Rachele (edizione originale 1972), Amis non ha ancora messo a punto la vena satirica e feroce che caratterizzerà le opere successive, come Denaro (edizione originale 1984) e Territori Iondinesi (edizione originale 1989; traduzione italiana 1991), desolante ritratto di Londra ambientato in un vicino futuro atomico; con La freccia del tempo o la natura dell’offeso (edizione originale 1991; traduzione italiana 1993), che ha per tema i crimini commessi dal regime nazista, Amis esplora la natura del tempo e quella del male. L’informazione (edizione originale 1995; traduzione italiana 1996), ritratto impietoso e carico di veleno del mondo dell’editoria, descrive le disavventure di due scrittori alle prese con il successo, l’invidia reciproca e le falsità della società letteraria, e ha consacrato Amis come autore di fama internazionale. Pressochò coetaneo di Amis, anche se meno famoso, è un altro scrittore inglese, Julian Barnes, nato a Leicester nel 1946. Fra le opere di Barnes ricordiamo Il pappagallo di Flaubert (edizione originale 1984; traduzione italiana 1987), nel quale mescola in modo originale ricostruzione biografica e fantasticheria, con piglio ironico e arguto, Parliamone (edizione originale 1991; traduzione italiana 1992) e Il porcospino (edizione originale 1992; traduzione italiana 1993), giocati sul registro della comicità popolare, Oltremanica (traduzione italiana 1997), libro i cui personaggi abitano un paese strano che sta a mezza strada fra Londra e Parigi e un tempo altrettanto bizzarro che va dal 1789 all’anno 2015. Giocatori di cricket, operai britannici e lesbiche inglesi sono protagonisti di storie che Barnes racconta senza curarsi, apparentemente, degli scherzi della dimensione temporale. Con Follia (1950) e i romanzi successivi, Patrick McGrath (1950) si è dimostrato dotato di una straordinaria capacità di indagare nella profondità della personalità umana. Dopo il successo de Il paese dell’acqua (1983), Graham Swift (1949) ha confermato le sue qualità di narratore e la sua capacità di stare in equilibrio tra l’umorismo e la tragedia dell’esistenza in Ultimo giro (1996; vincitore del Booker Prize) e La luce del giorno (2003).
Giovane autore premiato da una calda accoglienza di pubblico è Jonathan Coe, nato a Birmingham nel 1961. Coe, che oggi vive a Londra, si è segnalato per due divertenti biografie di Humphrey Bogart e James Stewart e ha esordito con due romanzi: Donna per caso (Accidental Woman, 1985) e L’amore non guasta (A Touch of Love, 1989), E’ tuttavia, con una grande saga familiare, La famiglia Winshaw (edizione originale 1994, traduzione italiana 1995), che s’impone all’attenzione internazionale (in Francia il romanzo conquista nel 1995 il premio per il miglior libro straniero). Nel libro, Coe dipinge un tragicomico ritratto della societè inglese degli anni Ottanta, dando prova di particolare maestria nel passare con disinvoltura da un registro all’altro. Anche nel romanzo successivo, La casa del sonno (edizione originale e traduzione italiana 1998), la scrittura divertente sfuma con naturalezza nei toni della commozione più pura e la satira e la farsa lasciano gradualmente spazio allo stile da sonetto shakespeariano. Con La banda dei brocchi (The Rotters’ Club) Coe torna a raccontare la società britannica, andando indietro nel tempo, nella Birmingham degli anni Settanta, e in Circolo chiuso (The closed circle, 2005) riprende i protagonisti della “banda”, ormai adulti negli anni Novanta, completando cos la trilogia iniziata con La famiglia Winshaw. Ritratti drammaticamente divertenti e ironicamente veritieri sono quelli che dà Nick Hornby (1957) della generazione dei trentenni, in romanzi diventati piccoli “cult” quali Alta fedeltà (1995) e Un ragazzo (1998).
Fenomeno letterario a sè nel panorama inglese contemporaneo è quello legato alla chemical geneation, alla nuova generazione di “ragazzi terribili” di cui Irwine Welsh è l’esponente più noto. Scozzese ex punk, ex agente immobiliare, ex intellettuale marginale, Welsh fonda a Edimburgo nel 1992, insieme a Duncan Mc Lean, Barry Graham e Alison Kermack, la rivista “Rebel Inc.”, con lo slogan, tratto da Max Ernst “un occhio aperto per guardarsi intorno e uno chiuso per guardarsi dentro”. Il rigetto del grigio e conformista ventennio tatcheriano, la rabbia, l’inquietudine e gli orizzonti incerti di una generazione di giovani senza futuro cercano così di coagularsi in un nuovo genere letterario. Il successo europeo del film Trainspotting, tratto dall’omonimo romanzo di Welsh (edizione originale 1993, traduzione italiana 1996) e diretto dal regista Danny Boyle, impone all’attenzione internazionale una generazione di emarginati e di ribelli politically incorrect, che mescolano rave party e droghe sintetiche, sesso, musica, violenza e disoccupazione in scenari urbani degradati e allucinati. Acido lisergico, ecstasy, cocaina, eroina dominano nelle acid stories della chemical generation che si snodano lungo il decennio dell’acid house seguendo il graduale affermarsi ufficiale della sottocultura underground. Acid Stories sono quelle raccontate da Welsh in Ecstasy (traduzione italiana 1997), che ha per sottotitolo Tre racconti chimici, Acid House (1995; traduzione italiana 1999) e Colla (Glue, 2001; traduzione italiana 2002).
Molti dei più interessanti scrittori in lingua inglese del momento vivono in Gran Bretagna ma provengono da altri paesi, in particolare aree postcoloniali; tra loro ricordiamo il nigeriano Ben Okri (1959), il giapponese Kazuo Ishiguro (1954) e l’indiano Salman Rushdie (1947). Questi scrittori, che uniscono alla tradizione occidentale gli apporti di culture diverse, rendono particolarmente interessante il panorama della narrativa inglese contemporanea. Un caso interessante è anche quello di giovani scrittori nati in Gran Bretagna ma da genitori immigrati, specie dalle ex colonie: le loro opere rispecchiano spesso le problematiche di giovani generazioni alle prese con la propria identità, combattute tra l’appartenenza al paese di cui si sentono parte e di cui hanno la nazionalità effettiva e il difficile rapporto con le tradizioni tramandate dai genitori, più legati al paese d’origine. Ricordiamo Hanif Kureishi, scrittore e cineasta anglo-pakistano, nato a Londra nel 1954. Considerato uno dei migliori artisti della giovane letteratura inglese, il suo romanzo d’esordio è stato Il Buddha delle periferie (The Buddha of Suburbia, 1990) che, ambientato negli anni Settanta, narra la storia di un giovane pakistano in cerca di fortuna. Nella sua narrativa emerge un’analisi accurata degli ambienti, che mette in rilievo i contrasti culturali del mondo moderno. E’ anche sceneggiatore di film del cinema indipendente (My beautiful Laundrette, 1985; Sammy e Rosie vanno a letto, 1987 – entrambi diretti da Stephen Frears). Varie opere di Kureishi sono state portate sul grande schermo, come il racconto Mio figlio il fanatico (dalla raccolta Love in a blue time, 1996) e Nel’intimità (Intimacy, 1998). Tra le giovani promesse del nuovo millennio vale la pena menzionare l’anglo-giamaicana Zadie Smith (1976), che nel 2001 è stata considerata un caso editoriale con il suo romanzo d’esordio Denti bianchi (White teeth), in cui racconta in forma a volte comica e a volte grottesca leterno scontro culturale e generazionale, fondendo insieme i mille ambienti e atmosfere di una Londra multietnica, con un linguaggio fresco e scoppiettant.