Il portoghese, lingua del gruppo neolatino della famiglia indoeuropea, è parlato in Portogallo, in Brasile, in parte nelle ex colonie portoghesi dell’Africa (Mozambico, Angola), nelle isole Azzorre, nell’isola di Madera e in alcune parti dell’Asia (Goa, che un tempo era portoghese, come Macao) e dell’Oceania. Le persone che parlano portoghese sono oltre novanta milioni.
La letteratura portoghese vera e propria si formò nei secoli XII-XIII. Anche nel Portogallo esistevano naturalmente opere della poesia popolare (e sono vivaci anche oggi le poesie popolari, che nascono continuamente).
Nel XIII secolo nacque una letteratura cavalleresca, e si diffuse, anche sotto l’influenza della letteratura provenzale, la cosiddetta letteratura galiziana-portoghese. Moltissimi esempi della poesia cavalleresca portoghese sono giunti fino a noi in numerosi canzonieri.
La prima dinastia del Portogallo indipendente (che si liberò dal dominio arabo) fu quella burgundica. La capitale antica era Coimbra. In questo tempo si formò il popolo portoghese vero e proprio, assai diverso da quello spagnolo, nonostante una certa affinità delle lingue. La potenza portoghese, fondata sui commerci, sui grandi viaggi oceanici di scoperta, e sulla conquista di molte terre d’oltremare, ebbe inizio con la dinastia degli Alviz, e in particolare con Joào I che riuscì a salvare l’indipendenza del Paese dai continui tentativi di conquista da parte degli Spagnoli. E’ sotto il suo regno che ebbero inizi i grandi viaggi. Al tempo del re Joào II (1481-1495) il Portogallo colonizzò, fra l’altro il Congo e l’Angola.
Al tempo del re Manuel I (1495-1521) il grande navigatore Vasco de Gama fece la circumnavigazione dell’Africa. In questo periodo si sviluppò una grande cultura umanistica, che fu esportata in Africa, in India, nell’America Meridionale.
Il primo grande scrittore (tralasciando i numerosi trovatori e cantori dei secoli precedenti) fu Gil Vicente (1470-1536), che diede inizio al teatro nazionale portoghese, scrisse anche in castigliano, e fu famoso per una copiosa messe di liriche. Un genere diffuso (non solo allora, ma anche in seguito) fu quello lirico della saudade, parola che vuol dire solitudine, ma che ha molti altri significati: tristezza, nostalgia, rimpianto. Gil Vicente scrisse naturalmente saudades, ma il suo nome va ricordato pure come inventore dell’auto, versione portoghese del teatro sacro medievale.
Sempre nel Quattrocento si ebbe l’introduzione della letteratura italiana, dell’umanesimo italiano, in particolare della poesia bucolica. Il poeta che scrisse opere in questo senso fu Bernardim Ribeiro (1482-1552), autore del romanzo pastorale Saudades e di molte liriche di amori pastorali. Il sogno rinascimentale dell’età dell’oro, quando l’uomo e la natura erano uniti e in armonia, e non esisteva l’angoscia della solitudine, si esprime nelle molte liriche di Ribeiro, che fu un grande poeta. Il maggiore rappresentante della cosiddetta scuola italiana fu Francisco de Sà de Miranda (1481-1558), grande ammiratore e seguace del Petrarca, autore di drammi (ispirati a quelli di Ludovico Ariosto). Un altro italianista fu Antonio Ferreira (1528-1569), autore di commedie di successo, fra cui Il geloso (1554-1558), che diede origine al teatro dei caratteri, e di un dramma classico Ines de Castro (1558), storia della vita, dell’amore e della scomparsa tragica di un’eroina, vittima degli intrighi di corte.
Non si contano in questo periodo (e dopo) i libri di storia, le narrazioni di viaggi. Certo tutta questa letteratura era ben nota al massimo poeta portoghese, Luis de Camòes (1524-1580), il massimo rappresentante del rinascimento lusitano, autore di moltissime liriche, di drammi, ma universalmente noto come autore del poema in dieci canti dei Lusiadi (1572) , in cui canta la gloria del Portogallo, attingendo però a valori universali e profondi. Il tema centrale è il viaggio di Vasco de Gama in India e poi la conquista di territori indiani da parte dei Portoghesi. Si tratta di un’epopea nazionale, e nello stesso tempo di un’opera originale, autentica, lirica. Naturalmente Camòes ebbe numerosi imitatori, come Jorge de Silva (1500-1578), come Francisco de Andrade, nato nel 1514.
Già dopo la metà del XVI secolo il Portogallo cominciò a entrare in un periodo di crisi, che fu politica, economica e culturale. Particolarmente negativo fu il periodo in cui fu costretto a unirsi alla Spagna (sotto il dominio di Filippo II). Questa unione forzata e odiata durò da 1581 al 1640. Si ebbero alcuni valenti prosatori, come l’ebreo Samuel Usque, autore di una Consolazione per le tribolazioni di Israele, pubblicata a Ferrara nel 1533. In Portogallo si erano rifugiati molti ebrei in fuga dalla Spagna, ma anche qui erano andati incontro a persecuzioni (molti altri avevano cercato rifugio in Italia e soprattutto nel Marocco, dove i mussulmani si dimostrarono molto più tolleranti dei cristiani).
Nel XVII secolo sorsero, come altrove, le accademie (come l’Accademia dei nobili, l’Accademia degli speciali, e altre) che coltivarono la poesia da salotto. L’influenza spagnola contribuì a diffondere la poesia barocca e il gongorismo. Ma la decadenza della letteratura portoghese durò, si può dire, fino all’Ottocento. Nel Settecento, tuttavia, vi fu un certo risveglio di idee, grazie all’illuminismo, e anche per merito dell’Arcadia di Lisbona, che fu contro gli eccessi del gongorismo e per uno stile classico (e qui si ebbe l’influenza francese). Uno dei fondatori dell’Arcadia di Lisbona fu il poeta e drammaturgo Correa Garcào (1724-1792). Inglesi e Olandesi si portarono via una buona parte dei possedimenti portoghesi d’oltremare, ai quali rimasero, per altro, oltre a minori colonie in Asia e in Oceania, il Brasile, l’Angola, il Mozambico, le isole del Capo Verde ecc.
Nel 1640 salì al trono Ioào IV della casa di Braganza, la quale regnò fino alla rivoluzione repubblicana del XX secolo. Ricorderemo solo alcuni scrittori del XVII secolo, scrittori del resto non di prima qualità: Francisco Rodriguez Lobo (1580-1622), che fu il migliore dei poeti; tra i prosatori, oltre alla monaca suor Mariana Alcoforado (1640-1723) autrice delle Lettere d’amore di una monaca portoghese, che ebbero subito fama e diffusione, ma non in Portogallo, dove il testo originale fu bruciato. Da ricordare Antonio Vieira (1608-1697), autore di splendide prediche, vissuto in Brasile, dove morì dopo lunghi viaggi in Europa.
Nel Settecento continuò la tradizione delle accademie e la tradizione letteraria delle descrizioni di viaggi (e naufragi), come la Storia tragico-marittima (1735-1736) di Bernardo Gomes de Brito (m. 1760). Ad Antonio Jose da Silva (1705-1739), autore di molte commedie, non servì a nulla convertirsi al cristianesimo dall’ebraismo: accusato di eresia fu decapitato e bruciato. Si pubblicarono molte antologie di numerosi poeti, come La Fenice resuscitata (1721-1728); poeta, autore di drammi pastorali, melodioso verseggiatore fu il parrucchiere Domingo dos Reis Quita (1728-1770). Alla letteratura portoghese era legata quella brasiliana (che in seguito seguì un percorso autonomo): in Brasile molti furono i poeti, malvisti dal governo di Lisbona, che temeva in loro intenti di secessione. Ed effettivamente ebbero una certa influenza le idee dell’illuminismo e della rivoluzione francese. Come in Manuel do Nascimento (1734-1810), che all’inizio fece parte dell’Arcadia di Lisbona, e che divenne il maggior rappresentante del classicismo dell’epoca, nonchè delle idee rivoluzionarie di origine francese. Nel 1790 fu fondata una Nova Arcadia, con Domingo Caldos Barbosa (1740-1800), che era un mulatto brasiliano, molto alla moda a Lisbona come cantautore.
Di grande capacità e di grande impeto poetico fu Manuel Maria du Bocage (1765-1805), che accolse con entusiasmo la rivoluzione francese (egli stesso era di famiglia di origine francese) e per le sue idee, accusato di eresia, fu imprigionato in un monastero. A lui si deve, fra l’altro il poema La terribile illusione dell’eternità (pubblicato postumo nel 1837).
Di una vera affermazione del romanticismo in Portogallo si può parlare solo negli anni Trenta del XIX secolo. Romantica fu la rivoluzione o insurrezione borghese-nazionale del 1808-1813 (da paragonarsi al movimento carbonaro italiano o al decabrismo russo).
I liberali furono, come in tutta l’Europa, sconfitti; seguì una guerra civile fra i miguelisti, seguaci del regime monarchico assolutistico, e i liberali stessi: questi però, più tardi, e cioè nel 1836, riuscirono ad avere la meglio. Con l’influenza liberale si diffuse anche il romanticismo, che ebbe vitalità fino al 1865. Il maggiore rappresentante ne fu Joào Baptista da Silva Leitào, visconte di Almeida Garrett (1799-1854), più noto semplicemente come Garrett, che occupò importanti cariche statali. Scrisse poesie anacreontiche, poesie nazionali (il romanticismo portoghese, del resto, fu sempre assai impregnato di patriottismo), poemi e drammi, fra cui Donna Filipa de Vilhena. Nonostante il liberalismo iniziale, finì con l’essere un assertore convinto della restaurazione. Assai meno fortunato fu Alexandre Herculano de Carvalho e Araujo (1810-1877) poeta, romanziere e novelliere. Un altro scrittore, che si deve definire un classicista, fu Antonio Feliciano de Castilho (1800-1875): benchè cieco dall’infanzia, lavorò moltissimo, e fu anche un valente traduttore. E’ noto per opere di poesie, come bardo. Si diffondono i romanzi storici (anche sull’esempio di Herculano). In questo genere si segnalarono Antonio de Oliveira Marreca (1805-1889), Antonio Coelho Lusada (1828-1859).
Voluminosa fu la produzione di uno dei più noti scrittori portoghesi, Camilo Castelo Branco (1826-1890), che divenne noto con il suo primo romanzo Anatema, del 1851. Ebbe importanza la scuola di Coimbra, della quale fece parte (almeno agli inizi) de Castilho, scuola che produsse molti scrittori e poeti, che entravano nel grande alveo del realismo. Fra i più importanti figura Antero de Quental (1841-1892), un poeta idealista, che, confermando la sua filosofia pessimista, morì suicida.
Poeta, ma meno intenso, fu pure Joaquim Teofilo Braga (1843-1924), mentre un fecondo e profondo prosatore fu Josè Maria Ea de Queiroz (1845-1900), considerato giustamente il più grande prosatore portoghese. All’inizio fu suggestionato dalla letteratura francese e specialmente da Flaubert, poi trovò la via nel suo personale realismo. La sua fama andò subito ben oltre i confini del Portogallo. Tra le sue opere ricordiamo il Delitto di padre Amaro, che ricorda Il fallo dell’abate Mouret di Zola, ma che fu pubblicato prima: rappresenta la tormentata vita di un prete che cede alla propria sensualità, e si macchia anche di un grave delitto (fa uccidere il frutto di un suo amore). Un altro suo romanzo, di grandi dimensioni, è I Maia, dal nome della famiglia dei protagonisti di cui si racconta la complicata storia.
Eugenio de Castro (1869-1944) pubblicò nel 1890 il volume di poesie Oaristos; altre sue raccolte sono Sagramor, Il re Galaor, L’anello di Policrate. Per cinquant’anni De Castro è stato considerato guida del movimento simbolista. La sua poesia è caratterizzata da un profondo pessimismo e anche da una forma di nichilismo aristocratico, molto raffinato. De Castro è stato un grande escogitatore di innovazioni formali. Forte fu la sua influenza sui poeti delle generazioni successive.
Fra i poeti simbolisti molto intenso e suggestivo fu certo Antonio Nobre (1866-1900), poeta della disperazione e del pessimismo, mentre una ricca esperienza simbolista e non simbolista, con suggestioni che vanno da Whitman a Mallarmè a Verlaine fu quella di Camilo Pessanha (1867-1926).
Nel Novecento si affermò un movimento che viene chiamato saudosista (dal già nominato concetto di saudade): un grande rappresentante ne fu il poeta Teixeira de Pascoaes (pseudonimo di Joaquim Pereira Teixeira de Vasconcelos, 1877-1952), che affermò in belle poesie e saggi anche un forte sentimento nazionale. Così pure per esempio Alfonso Lopes Vieira (1878-1946), Antonio Correia da Oliveira (1879-1960), e anche Antonio Maria de Sousa Sardinha (1888-1925), che fu monarchico convinto, cattolico e nazionalista.
Di altra tendenza, espressionista, fu il poeta Joaquim Alfonso Duarte (1884-1958), che supera il saudosismo, e segue la corrente dell’espressionismo. Isolata è una grandissima poetessa: Florbela Espanca (1894-1930), autrice di splendidi sonetti d’amore e di tristezza.
La corrente modernista è quella che fu seguita dal poeta Mario de Sa Carneiro (1890-1910), scomparso in giovanissima età, ma il poeta vero, maggiore del Portogallo moderno, oltre i problemi politici (la dittatura di Salazar e poi il suo superamento), autentico poeta nazionale, che scrisse anche in inglese (visse nell’infanzia nel Sudafrica) è senz’altro Fernando Antonio Nogueira Pessoa (1888-1935), che fu modernista (nei due quaderni di Orpheu), e poi superò il modernismo per diventare un poeta dagli ampi spazi, un vero e proprio classico, eccezionale per la pluralità delle sue forme, dei generi, dei temi.
Tra i prosatori si ricordano anche Manuel Ribeiro (1878-1941), scrittore cattolico, Aquilino Ribeiro (1885-1965), grande romanziere, e, nel panorama letterario successivo alla “rivoluzione dei garofani” (1974), Josè Saramago (1922), vincitore del premio Nobel nel 1998, ed Eugenio de Andrade (1923-2005), poeta.