Il georgiano è una lingua appartenente alla famiglia delle lingue caucasiche, gruppo cartvelico o iberico. Viene scritto con un particolare alfabeto (con consonanti e vocali), derivato dalla scrittura aramaica. Si diffuse in Georgia nei primi secoli del cristianesimo.
Le scritte più antiche sono state trovate in Palestina e risalgono all’inizio del V secolo. Fino all’XI secolo in Georgia veniva usata una forma antica di alfabeto, detta hutzuri, in seguito si è adottato l’alfabeto moderno, tuttora in uso. Prima della scrittura, si è sviluppata una ricca letteratura popolare, con miti, leggende, canzoni, canti rituali ecc. Uno degli eroi di questa letteratura orale è Amirani, un “doppio” di Prometeo, le cui imprese sono state tramandate fino a noi con numerosi poemi epico-mitologici, con numerose varianti. Un altro eroe antico è il principe Abessalom e sono presenti i temi del suo amore per la pastorella Eteri, nonché della sua lotta contro il demone malvagio Murman. Un altro personaggio è il sapiente Minfdia, che comprendeva la lingua delle piante e quella degli animali. Un’altra storia è quella della dea Dali. Molto popolari sono stati e sono i canti sulla Sconfitta e distruzione dei principi Areshidze, principi malvagi e oppressori.
La più antica letteratura scritta georgiana è cristiana: a parte una iscrizione (su mosaico) trovata in Palestina, vicino a Gerusalemme, si hanno testimonianze di testi religiosi in antico georgiano, in genere traduzioni di testi sacri, ma nel V secolo ha inizio una letteratura agiografica originale, che presenta anche materiali storici e di costume (per esempio Il martirio di Shumanika di Jakov Tzurtaveli). Al X secolo risale una pleiade di notevoli innografi. Si diffusero anche apocrifi, omelie, libri di ascesi nonché tutti i testi canonici. Nei secoli XI-XII si diffonde una letteratura filosofica e teologica, sostenuta anche dai monaci georgiani che vivevano sul monte Athos in Grecia.
Alla fine dell’XI secolo il re Davide il Costruttore (1029-1125) unificò i vari staterelli feudali in cui era divisa la Georgia e costruì uno Stato centralizzato assai forte. La chiesa cristiana georgiana (ortodossa) perse parte del suo potere e si poté sviluppare una letteratura laica.
Il XII secolo fu il secolo d’oro della letteratura georgiana antica, con poemi mitologici-fantastici, romanzi (Visramiani, libri storici, ma specialmente con il grande poema di Sciotà Rusthaveli Il cavaliere dalla pelle di leopardo, che è uno dei capolavori della letteratura universale. È l’epoca, questa, del regno di Davide III, e della sua nipote, la favolosa regina Thamar (1184-1212), cantata in un celebre canto da Grigori Ciakhrukhadze. La letteratura è largamente influenzata da quella persiana. Sempre in questo periodo vennero tradotte in georgiano molte opere fondamentali di altre letterature.
Quest’epoca culturalmente ricca fu interrotta dalla rovinosa invasione mongola (secoli XIII-XIV), le cui devastazioni furono continuate dai Persiani e dai Turchi (secoli XVI-XVIII). Lo Stato centralizzato si spaccò e si formarono vari piccoli regni. Teymuraz I (1589-1663), re di Kakhetia, scrisse appassionate liriche, il re Arcil III (1647-1713) scrisse poemi storico-epici e anche opere didaccaliche.
Nei secoli XVII-XVIII si rafforzò il movimento per la riunificazione della Georgia. Fra gli autori di questo periodo si ricordano Vakthang VI (1675-1737), Mamuka Baratashvili, che scrisse versi patriottici e anche un trattato di poetica. David Guramishvili (1705-1792) scrisse il poema Le sciagure della Georgia, mentre a Vissarion Gabashvili (1750-1791) si devono raffinate e ardenti poesie d’amore.
All’inizio del XIX secolo si apre una nuova età della letteratura georgiana. Intanto, alla fine del Settecento, Iraklij II aveva deciso di unire la Georgia alla Russia: l’aveva fatto certo anche per proteggere il suo Paese da Persiani e Turchi, e per di più la Russia era un Paese cristiano ortodosso come la Georgia (la chiesa georgiana è una chiesa cristiana ortodossa autocefala). Di questo tempo è il romanticismo georgiano, rappresentato in particolare da Aleksandr Cavcavadze (1786-1846), uomo di cultura europea, traduttore di Corneille e di Racine, il quale scrisse poesie in stile nuovo, lontano dall’ornamentalismo orientale, d’amore e di patria. Grigorij Orbeliani (1800-1883) fu un vero poeta romantico, ardente, impetuoso, autore di poesie patriottiche. Nicola Baratashvili (1817-1845) espresse nelle sue appassionate liriche sia il suo individualismo sia il suo amore per la patria e la libertà. Più tardi lavorò Georgi Eristavi (1813-1864), fondatore del nuovo teatro georgiano e redattore del giornale letterario Tziskari (L’alba), dal 1852. Con Daniel Cionkadze (1830-1860) ripassa dal romanticismo al realismo ideologico populista, con le sue opere di denuncia delle condizioni dei contadini servi.
Ma l’animatore del movimento di liberazione del popolo georgiano fu Ilja Cavcavadze (1837-1897), che fondò e diresse alcune importanti riviste culturali-letterarie, come Sakhartvelos Moambe (Il messaggero della Georgia) e Iberia. Fu un grande rappresentante della prosa e della poesia del realismo, insieme con Akakij Tzereteli (1840-1915), autore dei poemi storici. La prosa e la poesia di Cavcavadze riflette tutti gli aspetti della realtà georgiana. Nella seconda metà del secolo XIX furono molti i prosatori e i poeti realisti, ma il maggiore poeta di questo periodo fu senz’altro Vaza Pshavela (1861-1915).
Gli avvenimenti russi come la rivoluzione del 1905 e poi la rivoluzione d’ottobre ebbero una grossa influenza sulla Georgia (dove visse per qualche tempo un governo menscevico indipendente) e sulla sua cultura. Di qui l’interesse per la classe operaia: il poeta N. Chkhivadze (1883-1920) scrisse versi sulla condizione operaia, ma anche poesie intimistiche, in cui esprimeva la propria solitudine e disperazione. Notevole fu l’ingegno poetico di Galaktion Tabidze (1892-1959) che esordi con versi sulla rivoluzione, e poi scrisse poesie in cui esprimeva la sua disperazione e la sua solitudine.
Dopo la rivoluzione d’ottobre e il convulso periodo della guerra civile, si formarono diversi gruppi, tra cui i “Corni azzurri”, simbolisti e decadenti e i futuristi (come S. Cikovani). Fra i simbolisti vanno ricordati N. Jashvili (1895-1937), T.Tabidze (1895-1937), T. Leonidze (1899-1966), V. Gaprindashvili (1889-1941). Notevole il poema di Jashvili Port-Rion (il Rion è l’antico fiume Fasi, ben conosciuto dai Greci; Giasone, secondo la leggenda, approdò nella Colchide, parte della Georgia, e Medea, che lo seguì, era dunque caucasica). Nel 1928 si formò il gruppo letterario”Arifioni”, che durò poco, perché era contrario alle direttive letterarie del partito.
Il culto della personalità di Stalin ebbe effetti negativi sulla letteratura georgiana, che si riempì di opere di pura propaganda e panegirico. Tanto più che Stalin era proprio georgiano. Forse il fondo mistico che egli aveva conferito al comunismo (e al culto di Lenin) derivava proprio dalle sue origini e dalla sua educazione in un seminario georgiano. La letteratura georgiana seguì comunque fedelmente il culto della personalità e poi la critica del culto stesso. Si pubblicarono comunque molti romanzi e poemi, fra cui L’alba della Colchide (1949) di K. Lordkipanidze (1905), Gvadi Bigva di Leo Kaceli. Interessanti certi libri suscitati dalla guerra, come i versi di G. Tabidze Patria, vita mia e II capitano Bukhandze di I. Abashidze. Alcuni poeti morirono in guerra, come S. Ispani, D. Napedvaridze, M. Gelovani. I migliori poeti furono il citato Abashidze e G. Leonidze.
Nella seconda metà degli anni Cinquanta ci fu uno sviluppo del romanzo, con K. Gamsakhurdiya (II fiorire del tralcio, 1956), R. Giaparidze (La vedova del soldato). Fra i poeti più recenti ricorderemo losif Noneshvili (1920-1995), Aleksandr Abasheli (1884-1954). È emerso anche qualche emigrato, come Grigol Robakidze.