Risulta essere detta bizantina la letteratura in lingua greca, fiorita nell’Impero Romano d’Oriente dalla fondazione (IV sec.) al 1453, anno dell’occupazione turca di Costantinopoli.
E’ tradizionalmente suddivisa in quattro periodi. Il primo periodo va dal IV sec. al termine del regno di Eraclio (641) e culmina a metà del VI secolo con l’era dell’imperatore Giustiniano. Il latino è ancora la lingua ufficiale, ma finirà progressivamente col decadere, sostituito dal greco. Importante centro culturale è l’università di Bisanzio, mentre la tradizione ellenistica sopravvive in altre città: Antiochia, Alessandria, Gaza, Atene, Berito e le due Cesaree. La letteratura religiosa assume grande importanza, come attestano le opere di teologia, le agiografie di Atanasio, le poesie religiose di Romano il Melode, Gregorio di Nazianzo e Sinesio. La poesia profana vive nelle opere di Giorgio di Pisidia, Agazia Scolastico e Paolo Silenziario. Tra gli storiografi Eusebio di Cesarea, Procopio, il già ricordato poeta Agazia, che fu anche storico, Menandro, Teofilatto e Simocatta. Giovanni Malala raccolse cronache popolari, mentre Giovanni Stobeo curò un’antologia di poesia e narrativa.
Il secondo periodo è compreso tra il 641 e la prima metà del IX sec. E’ un’epoca oscura, poco favorevole allo sviluppo delle lettere. Lo Stato si riorganizza militarmente per difendersi dai nemici arabi e la produzione letteraria ha essenzialmente carattere teologico. Poeta religioso e teorico fu Giovanni Damasceno. Sempre di argomento religioso le opere di Niceforo, Teodoro Studita, Cosma di Maiuma e Andrea di Creta. Si ricorderanno inoltre gli storiografi Teofane, Giorgio Monaco e Giorgio Sincello.
A partire dalla seconda metà del IX secolo l’impero recupera sicurezza e la chiesa locale tende a rendersi più autonoma da quella romana. Da qui alla caduta dei Comneni (1204) si situa il terzo periodo, fecondo di cultura e innovazioni. Assume grandissima importanza il recupero di testi classici. Spicca la figura di Areta, vescovo di Cesarea. Eustachio di Tessalonica commenta Omero, mentre il patriarca Fozio compendia, nella sua Biblioteca, centinaia di opere dell’antichità. L’opera di Fozio fu proseguita da Costantino Porfirogenito e da Costantino Cefala. Di storia, filosofia e politica scrive Michele Psello, pensatore di ispirazione platonica. A questo periodo letterario sono ascrivibili anche le cronache di Giovanni Skylitzes e le poesie di Cristoforo di Mitilene e Giovanni Mavropode. Importanti le opere storiografiche del periodo comneno, come l’Alesside iniziata da Niceforo Briennio e completata da Anna Comnena. La teologia ha in Eutimio Zigabeno e in Niceta Coniate i suoi massimi teorici.
Nel 1054 si consuma lo scisma e l’atteggiamento politico e culturale nei confronti dei latini assume caratteri fortemente polemici. Figura emblematica di quest’epoca è Teodoro Prodromo, che fu romanziere, agiografo, poeta religioso e satirico, oratore ed epistolografo. Gli eruditi Eustazio di Tessalonica e Giovanni Tzetze mostrano interesse per la lingua popolare e per i proverbi.
Il quarto e ultimo periodo (1204-1453) è dominato dalla dinastia dei Paleologi, che si riappropriano del potere dopo la conquista franca del XIII secolo, e dall’ascesa culturale di città come Tessalonica e Trebisonda, culla di scienziati e matematici. Hanno grande sviluppo le opere di filologia e retorica di Massimo Planude, poeta e traduttore di testi latini, Michele Moscopulo, Tomaso Magistro e Demetrio Triclinio, studioso di Eschilo. Notevoli anche i testi di teologia e agiografia di Niceforo Gregora, Gregorio di Cipro, Bessarione e Teodoro Metochita.
Nel 1453 i Turchi conquistano Costantinopoli e pongono fine a una esperienza culturale di grande importanza storica, ponte ideale tra la grecità ellenistica e l’umanesimo occidentale.