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Nel VI secolo a. C. la Grecia si presenta come uno sciame di comunità statali di piccole dimensioni, chiamate poleis, che si estende dal Mediterraneo occidentale fino alle coste settentrionali e orientali del Mar Nero e all’Egitto. All’interno di questo mondo, troviamo non solo la penisola greca del Peloponneso e le isole ioniche ed egee abitate da popolazioni greche, ma anche la costa occidentale dell’Asia Minore e la parte meridionale dell’Italia, la Magna Grecia e la Sicilia.
Fissato questo quadro, la domanda fondamentale da porsi è: qual è il processo storico che ha portato alla nascita delle poleis? Nel II millennio a. C. la penisola greca fu percorsa da un’ondata migratoria di popoli di origine indoeuropea. Uno di questi gruppi, e sicuramente il più significativo, fu quello che diede origine tra il 1400 e il 1200 a. C. alla civiltà micenea.
LA CIVILTÀ MICENEA
Micene, il principale centro urbano è stato riportato alla luce grazie agli scavi archeologici effettuati nella regione dell’Argolide nel XX secolo. Altri importanti centri, oltre Micene, erano Argo e Pilo. Fortissime sul piano difensivo grazie alle poderose mura dalle quali erano protette, le città-stato micenee erano governate da un anax (signore ndr.) che deteneva un potere assoluto ed esercitava un’incontrastata supremazia nei confronti di un’aristocrazia di comandanti militare (i lawaghetas).
Nella scala sociale micenea, i sacerdoti occupavano un posto molto alto, diametralmente opposto a quello degli schiavi e delle donne, fanalino di coda. L’economia era sostanzialmente agraria: il signore, per assicurarsi la fedeltà dei nobili assegnava terre a chi in battaglia si era distinto per coraggio e determinazione, terre che venivano poi coltivate da lavoratori non proprietari. I prodotti delle terre su cui regnava ciascun signore venivano portati nei magazzini del palazzo reale, che si trovava al centro della città. Gli scribi, coloro che sapevano leggere e scrivere, avevano il compito di custodire ed aggiornare il registro delle entrate e delle uscite.
Quando i Micenei, conosciuti anche con il nome di Achei, arrivarono nell’Ellade, questa era già abitata dagli Ioni e dagli Eoli, ma la superiorità militare del popolo miceneo gli permise di imporsi e unificare tutta la regione sotto un’unica civiltà. Mentre i vari anax micenei astutamente si coalizzavano contro i nemici comuni, un’altra importante civiltà, quella cretese, dominava su tutto il Mar Mediterraneo. I contatti fra i
Cretesi e gli Achei furono numerosi e fu proprio grazie a questi che i Micenei progredirono sul piano artistico, commerciale, agricolo e manifatturiero, ma anche i Cretesi ne trassero giovamento, almeno in un primo momento, adattando la loro lingua a quella greca con la cosiddetta scrittura lineare B.
Intorno al 1400 a. C. gli Achei conquistarono l’isola di Creta e si sostituirono ai Cretesi nella talassocrazia (dominio sui mari), occuparono le isole dell’Egeo, tra cui Rodi, e attaccarono le coste dell’Asia Minore (l’attuale Turchia). A questo periodo appartiene lo scontro decennale tra le città achee e la grande potenza marittima di Troia, la città più importante della Frigia che con la sua flotta navale controllava gli stretti del Bosforo e dei Dardanelli, impedendo ogni accesso al Mar Nero (allora chiamato Ponte Eusino). Al di là degli elementi legati alla mitologia e alla narrazione, la guerra di Troia raccontata da Omero nell’Iliade ha un fondamento storico che il ritrovamento della città di Ilio, a fine Ottocento, ha confermato.
L’INVASIONE DEI DORI E IL MEDIOEVO ELLENICO
Nel XII secolo a. C. i Micenei furono travolti dall’ondata migratoria di un’altra popolazione di origine indoeuropea: i Dori, provenienti dal Nord, in particolar modo dalla Tessaglia. L’invasione dei Dori non è ricordata dalla tradizione come particolarmente distruttiva, anzi abbiamo ragione di ritenere che i Dori abbiano assimilato elementi importanti del patrimonio culturale miceneo. Una cosa è comunque certa: l’arrivo dei Dori segna la fine del dominio del signore.
Le tribù degli invasori avevano infatti una struttura sociale e politica più orizzontale di quella micenea. Ciò non vuol dire che in Grecia scompare del tutto la figura del signore, che continuerà ad esistere ancora per lungo tempo ma nella forma del basileus, una sorta di primus inter pares, il cui potere non è incontrastato ma si fonda sul consenso degli altri membri dell’aristocrazia.
In questo periodo dorico, compreso tra l’XI e il IX secolo a. C., si verificò dal punto di vista culturale ed economico, un generale decadimento rispetto all’epoca micenea, che ha portato gli storici a parlare di “età oscura” o “medioevo ellenico” in analogia con il Medioevo seguito alla caduta dell’Impero romano. Per esempio uno dei tratti distintivi di questa fase di transizione è che con il crollo dei palazzi micenei scompare l’uso della scrittura, la lingua greca si conserverà solo nell’uso orale.
LA NASCITA DELLA POLIS
Il processo di rinascita della Grecia fu certamente lento, ma senza l’invasione dorica e il conseguente indebolimento della figura del signore forse non sarebbe nata la polis.
Le poleis sono città-stato ciascuna con un proprio governo e indipendenti le une dalle altre. Il cuore politico, amministrativo e religioso di ogni polis era l’acropoli, il punto più alto e protetto della città, mentre il centro economico era l’agorà, situata nella parte più bassa e pianeggiante, luogo non solo di scambi commerciali, ma anche di discussione popolare sulla vita politica della città e sede delle decisioni assembleari più importanti.
Il signore dal monte degli dei tornava ad essere un uomo con poteri limitati dai nobili che lo affiancavano e che dovevano gestire le grandi ricchezze delle città greche per evitare che andassero perdute in dannosi e inutili conflitti sociali.
Era l’VIII secolo a. C. quando la scrittura tornò a far parte della vita dei Greci, non più nelle vesti della lineare B, ma in un alfabeto nuovo che comprendeva adesso anche le vocali.
Il ritorno alla coltivazione delle terre, che aveva caratterizzato l’età oscura, fece riaffiorare lo spirito commerciale che animava la Grecia fin dai tempi della civiltà cretese.
LA SECONDA COLONIZZAZIONE
L’ingente crescita demografica obbligò molti, all’inizio dell’VIII secolo a. C., a lasciare la terra natia, che non riusciva più a soddisfare i bisogni di un popolo in continuo aumento, e a cercare fortuna altrove, in particolar mondo nell’Italia meridionale, nelle coste turche del Mar Nero, in Africa nordorientale e nordoccidentale e nella Spagna meridionale, in poche parole in tutto il bacino del Mediterraneo.
Questa ondata migratoria prende il nome di seconda colonizzazione, in quanto una prima era già avvenuta tra la fine dell’XI secolo e l’inizio del X, quando, in seguito all’invasione dorica, molti Greci si erano spostati verso le coste occidentali dell’Asia Minore, le isole dell’Egeo e dello Ionio. Si era trattato di un fenomeno di vasta portata che aveva fatto percepire ai Greci, lontani da casa e di fronte a contesti culturali e geografici molto diversi, di appartenere ad unica grande civiltà.
LA COLONIA
In greco antico la colonia era indicata dalla parola apoikia, composta dalla preposizione apo che significa “lontano da” e da oikia che vuol dire “casa”. Dunque la colonia era concepita come un luogo lontano ma nello stesso tempo fortemente legato alla madrepatria.
Ma come nello specifico avveniva il processo di colonizzazione?
Era la polis stessa che decideva di mandare un gruppo di propri cittadini in terra straniera. La spedizione era guidata da un condottiero, l’ecista che organizzava la costruzione del nuovo centro urbano: stabiliva le regole, amministrava e distribuiva le terre fra gli abitanti della colonia. I rapporti con la terra madre restavano anche dopo che le attività della nuova città erano ben avviate e non erano solo di natura culturale o religiosa, ma anche e soprattutto economica.
CHI ERA CITTADINO NEL MONDO GRECO
Inizialmente cittadino era colui che aveva un ruolo politico ed economico rilevante e coincideva con la figura del nobile. Artigiani e commercianti non erano in un primo momento considerati cittadini della polis, essi formavano il demos, persone benestanti ma non nobili, escluse dall’esercizio del potere. Il demos però non contribuiva solo all’economia della polis, il suo sacrificio in tempo di guerra non era certo indifferente. Da esso infatti provenivano gli opliti, un corpo militare formato da tutti coloro che erano abbastanza ricchi da potersi permettere l’acquisto della panoplia (l’armatura d’attacco e di difesa), ma non essendo nobili non potevano diventare cavalieri.
Coscienti dunque del peso economico e dell’alto costo umano a cui erano chiamati per la difesa della polis, i membri del demos cominciarono a reclamare il diritto di partecipare alle decisioni della città. La lotta tra demos e aristocrazia portò alle prime leggi scritte che permisero al demos una prima forma di partecipazione alla vita politica, potendo adesso fare appello ad una legge scritta per un controllo e quindi un’influenza sull’operato dell’aristocrazia.
La legislazione di Solone attribuiva i diritti politici in base alla classe di censo di appartenenza e quindi il potere era proporzionale alla ricchezza prodotta. Capiamo bene che una grande fetta della popolazione restava ancora esclusa dalla vita politica e il malcontento degli strati sociali più deboli alimentò disordini a cui le poleis del VI secolo a. C. risposero con la tirannide.
Uomini privi di scrupoli, come Pisistrato ad Atene, presentandosi come pacificatori della città, annullarono ogni libertà individuale e accentrarono tutto il potere nelle loro mani. Un passo indietro sicuramente dalla timocrazia (potere fondato sulla ricchezza) alla tirannide, ma che ne fece compiere uno in avanti portando alla nascita della prima forma di democrazia.