Il Pakistan si formò come Stato dopo la scissione dall’India nel 1947, distinto in Pakistan occidentale e Pakistan orientale. Il Pakistan orientale, a sua volta, ottenne l’indipendenza e si costituì come Stato autonomo nel 1971, con il nome di Bangladesh. La lingua del Bangladesh è il bengali.
Nel Pakistan occidentale si parlano molte lingue, ma, tradizionalmente, le due più importanti sono il persiano e l’urdu. Per letteratura pakistana vera e propria si intende la letteratura in urdu, lingua ufficiale del Pakistan (con l’inglese). Ha la stessa morfologia e struttura della lingua hindi, il lessico è però diverso, nel senso che contiene moltissime parole di origine persiana, araba ecc. Inoltre mentre la lingua hindi sì scrive in caratteri devanagarì (come il sanscrito), l’urdu si scrive in caratteri ari (o arabo-persiani).
Altre lingue del Pakistan sono il pangiabi, il sindhi, il pashto (che è anche una delle lingue dell’Afghanistan: i cosiddetti “studenti di teologia” o talibani che nell’estate/autunno del 1996 hanno occupato gran parte dell’Afghanistan, sono pashtu) e il beluci, oltre ad altre lingue minori.
Nel Pakistan si parlano anche altre lingue minori, come il brahui, lingua non indoeuropea o semitica, ma dravidica, il kashmiri e lo shina, che sono indoeuropee, e il balti tibetano, nonché il burushaski. Ma nel parlare di letteratura pakistana si vogliono comprendere anche scrittori di notevole intensità vissuti prima della formazione del Pakistan, e che hanno scritto in lingua persiana (grande veicolo culturale) e/o in urdu.
La letteratura urdu (la lingua urdu si formò nei secoli XV-XVI, al tempo della conquista dei Moghol) sorse nell’India del Nord, e ha dato scrittori di grandissimo valore. Ghalib di Delhi, grande poeta mussulmano, scrisse ìn urdu e in persiano, e così pure uno dei geni della cultura dell’Asia, e cioè Muhammad Iqbal, considerato il Dante Alighieri dell’Asia. Nacque nel 1877 e mori a Lahore nel 1938. Fu un teorico del panislamismo contro i nazionalismi e i particolarismi, propugnò una forma di amore vitale e creativo, propugnò l’idea di uno Stato indo-mussulmano (che fu poi il Pakistan). In persiano scrisse I misteri dell’io, il Messaggio dell’oriente (1923), una raccolta di bellissime liriche, i Salmi di Persia. Del 1932 è la sua opera maggiore, in persiano, Il libro dell’eternità, un poema cosmico. Del 1935 è la raccolta L’ala di Gabriele, splendide poesie in urdu. Iqbal ha naturalmente influenzato tutta la letteratura posteriore, e la letteratura del Pakistan vero e proprio nasce sotto il suo segno.
In genere la poesia pakistana rimase e rimane superiore alla prosa (diffusi romanzi d’intrattenimento, gialli ecc.). Altri poeti da ricordare sono: Zafar ali Khan, Hafiz Jallandhri, Muhammad DinTasir, Abid ali Abid. Un intenso poeta è Faiz Ahmad Faiz, nato nel 1912. Fra i prosatori vanno ricordati Hasan Askari, Ahmad Nadim Qasimi, le scrittrici Khadigia Mastur, Hagira Mastur (sorella della precedente), Sheikh Ayaz (che ha scritto in sindhi), il poeta Khamza Shunvari (pushto), Rul khan Pasir (beluci).