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Il 28 luglio 1914 l’ Austria – Ungheria dichiara guerra alla Serbia, dopo l’ attentato a Sarajevo e dopo il mancato rispetto dell’ ultimatum impossibile. Nessuno prevede che questo conflitto porterà al coinvolgimento di tutta l’ Europa e anche degli Usa. Inoltre nessuno sa che tale guerra, non sarà breve, come aveva ipotizzato il “Teorema della guerra breve”, che sosteneva che la durata breve era condizionata dagli eccessivi costi speciali che una guerra comporta e che erano troppo eccessivi per i paesi belligeranti. In realtà tale guerra, nota come GRANDE, a chi la visse in prima persona e nota come PRIMA GUERRA MONDIALE, alle popolazioni future, durò 4 anni e mezzo. Nonostante lo sviluppo economico del XIX secolo, che aveva creato tensioni tra le nuove classi, la convivenza civile era una un equilibrio presente in tutte le società industrializzate. Tale equilibrio si ruppe nel 1914. Quando si scatenò il conflitto, l’ Italia ancora neutrale, appariva ancora un paese arretrato a confronto del resto d’ Europa e degli Usa, ma durante il quinquennio post-unione, e il periodo ventennale precedente l’ unione, durante la Belle Epoque, aveva avuto uno sviluppo senza precedenti. Naturalmente questo sviluppo era caratterizzato da forti varianti, ad esempio il divario tra nord e sud e isole d’ Italia. Nonostante certe carenze nei vari settori (agricolo, industriale, commerciale), l’ Italia alla vigilia della guerra aveva conquistato una posizione interessante nei confronti di vari paesi, soprattutto nell’ era giolittiana, nel periodo post-unitario. Le uniche difficoltà ricevute dall’ economia italiana allo sviluppo erano: la mancanza di dotazioni finanziarie capaci di sostenere le diverse iniziative imprenditoriali.
Risorse economiche e sforzo bellico in Europa
Le rivalità tra una nazione e un’ altra erano alimentate dal sentimento di nazionalismo che era diffuso, che implicava il concetto di superiorità di una nazione su un’ altra. Ma questo non fu il motivo principale dello scoppio del conflitto. Una volta che scoppiò, i vari paesi belligeranti dovettero far fronte al problema di equipaggiare le forze armate, quindi riorganizzare il sistema economico per sostenere il costo eccessivo della guerra. Di rilevante importanza fu il modo di trovare i finanziamenti dei vari paesi.In particolare, secondo Keynes : -Inghilterra: tassava i cittadini, quindi usava lo strumento fiscale. -Germania: dava denaro, quindi usava la stampa di banconote. -Francia: offriva rentes, quindi usavano il debito pubblico. In realtà nessuno di queste o di altre nazioni utilizzò un metodo assoluto, ma spesso questi diversi modi di finanziamento furono usati in percentuali diverse combinati insieme. Questo modo di finanziare era dovuta alla diffusa idea che non era giusto far pesare il costo della guerra soltanto alla popolazione vivente in quel momento (tramite imposte).Ma si pensava che fosse più equo trasferire parte di quel costo alle generazioni future (tramite debiti pubblici). Ad ogni modo i finanziamenti erano operazioni creditizie di vario tipo: prestiti, imposte, Tali prestiti spesso erano forniti dal sistema bancario nazionale, questo perchè le banche ricevevano in cambio del prestito governativo, “promesse di pagamento”, che venivano usate come riserve in caso di aumento di moneta in circolazione. Con questo sistema: -Aumentarono i debiti pubblici; -Diminuirono le riserve metalliche delle banche. Inoltre con l’ abbandono sistematico del Gold Standard, all’ inizio del conflitto, tranne degli Usa, si provocò un’ inflazione che portò ad un’ impennata dei prezzi. L’ inflazione colpì soprattutto coloro che sostenevano già i costi maggiori del conflitto, e quindi contribuì alla distorsione nell’ uso delle risorse e al deterioramento delle strutture gestite dalla mano pubblica. Questo è dimostrato dallo sviluppo avuto dalle industrie che erano connesse al sostenimento bellico. Addirittura spesso si creavano fabbriche ex novo. Questo orientamento bellico portò: -Accentramento del controllo pubblico sulle attività produttive. -Riorganizzazione del sistema economico. -Abbassamento dei livelli di produzione, derivati dalla sottrazione di forza lavoro e dal controllo esercitato dallo Stato sulle quantità di materie prime.
Il reperimento delle risorse finanziarie in Italia
In Italia si verificò sia: -Incremento monetario; -Massiccio indebitamento, esterno e interno; -Imposte; Nonostante si sa che il metodo più favorito fu l’ indebitamento, non si calcolare con esattezza l’ onere sopportato a causa della guerra. Elementi importanti per l’ analisi, sono fornito da due fonti ufficiali: -Commissione parlamentare d’ inchiesta per le spese di guerra; -Rendiconti generali dello Stato per gli esercizi del 1918/1919 e 1926/1926.Queste contengono anche una serie di spese che sono dipendenti dalla guerra. Nessuna valutazione avanzata dalle due fonti si assomiglia, ma recentemente è stata valutata una cifra dal Toniolo, per conto della Banca d’ Italia, che è capace di mediare ragionevolmente tra le due cifre. La politica tributaria adottata all’ inizio del conflitto non si rivelò sufficiente, perchè mancava una crescita parallela dei consumi. Si rilevò necessaria la strada dell’ indebitamento, che vide tra il 1914 e il 1917 l’ emissione di 5 prestiti nazionali. Questi prestiti furono collocati sul mercato da un consorzio bancario guidato dalla Banca d’ Italia. L’ operazione ebbe successo, sia per il sentimento di patriottismo di quegli anni, e sia perchè molte imprese furono stimolate all’ acquisto di tali titoli dall’ adozione di una tecnica. Cioè l’ offerta quasi illimitata da parte degli istituti di emissione di anticipazioni su titoli di Stato a condizioni che consentivano netti margini di guadagno. Un altro metodo per coprire la spesa pubblica fu l’ aumento di circolazione della moneta, che infatti nel 1914 fu sospesa la convertibilità in oro dalla “Moratoria Bancaria”. Anche l’ indebitamento interno si rivelò insufficiente, e fu adottato quello esterno, soprattutto quando l’ Italia passò dalla parte dell’ Intesa. L’ avvicinamento all’ Intesa si ebbe con il Patto segreto di Londra, che però non fu rilevante dal sistema finanziario. I patti che ebbero questa rilevanza furono quelli di : -Nizza; -Londra. Gli aiuti britannici si affiancarono a quelli statunitensi, che fornirono anche materiale energetico e materie prime. Con il debito estero fu collegato anche l’ andamento dei tassi di cambio, che videro negli anni centrali della guerra la svalutazione della lira in tutti i mercati nazionali.Fin quando gli alleati intervennero per regolare i cambi, alla fine della guerra.
L’ industrializzazione forzata ed i problemi ad essa connessi
L’ inizio del conflitto non fu positivo per l’ Italia che si stava riprendendo dalla congiuntura negativa del 1913. Il conflitto bloccò il “Decollo industriale” dell’ era giolittiana. In questo periodo l’ Italia era un paese trasformatore di materie prime e in parte anche consumatore di prodotti esteri. L’ economia italiana aveva potuto far ricorso a queste importazioni, grazie alle partite invisibili della bilancia dei pagamenti, dovute a: -Rimesse degli emigranti; -Attività turistica. Gli scambi durante il conflitto si mostrarono più costosi, in più le materie prime erano meno disponibili perchè i vari paesi ne limitavano e ne proibivano le esportazioni. Gli industriali che prima erano neutralisti perchè puntavano a rifornire di prodotti i paesi belligeranti, videro con la riduzione dei commerci di materie prime svanire questa possibilità e quindi diventò più comune l’ idea di partecipare alla guerra, ma dalla parte opposta alla Germania. Questo era dovuto perchè la crescita metalmeccanica e chimica, anche se all’ inizio aveva beneficiato dei tedeschi, adesso era in concorrenza con le industrie del settore della Germania. Inoltre c’ era la consapevolezza che solo un’ alleanza con l’ Intesa poteva garantire materie prime e altri prodotti durante la guerra. Una volta entrata in guerra il problema da risolvere era come trasformare la produzione civile in produzione bellica. L’ Italia non aveva neanche approfittato del suo periodo di neutralità per potenziarsi o prepararsi alla guerra. Le prime iniziative furono rivolte a limitazioni prima e divieti poi, di generi alimentari, farmaceutici, chimici e poi si allargò la varietà di prodotti. Lo Stato intervenne per regolamentare la distribuzione delle scorte di carbon fossile, poichè l’ Italia era fortemente dipendente dalle importazioni, che erano limitate. La svolta dell’ azione pubblica orientata a coordinare le attività belliche si ebbe ad un mese dopo l’ entrata in guerra, con le disposizioni che crearono la: “Mobilitazione Industriale”, finalizza ad assicurare il necessario alle forze armate. In questa “Mobilitazione Industriale” il governo aveva la facoltà di dichiarare “Ausiliari” quegli stabilimenti che potevano essere utili ai fini bellici. I Comitati Regionali per la Mobilitazione Industriale avevano il compito di: – Garantire l’ approvvigionamento del materiale energetico indispensabile all’ industria. -Ripartire in base alle esigenze i vari prodotti tra le industrie. Ideatore e organizzatore della “Mobilitazione Industriale” fu un generale, Alfredo Dallolio.Disponeva di ampi poteri tra cui: -Requisire tutte le risorse del paese ritenute necessarie all’ industria bellica; -Richiedere alle industrie ausiliarie di produrre qualsiasi cosa fosse ritenuta indispensabile all’ industria bellica; -Costituire anche ex novo gli impianti necessari. Le fabbriche “Ausiliarie” avevano alcuni vantaggi come la facilitazione nella fornitura di materiale e l’ esenzione dal servizio militare per i lavoratori. Ecco perchè molte industrie fecero richiesta di essere ausiliarie, tuttavia la maggior parte di esse si trovava nel triangolo: Milano-Torino-Genova. Durante questo periodo le industrie meccaniche, metallurgiche, siderurgiche, chimiche, elettriche, che erano in crisi, cominciarono a fare dei profitti. Le protagoniste di questo sviluppo furono comunque industrie che già avevano grandi dimensioni e con organi governativi in grado di influenzare le forze politiche del momento.Queste imprese oltre ad ampliare il nucleo originario, cominciarono campagne di diversificazione e acquisizione che portarono alla creazione per le prima volta in Italia di grossi gruppi industriali. La Siderurgia ne beneficiò più di tutti, infatti la guerra aveva permesso di svuotare i magazzini e stimolato il rinnovamento degli impianti, introducendo anche l’ elettrosiderurgia. Uno dei più antichi stabilimenti siderurgici era quello di Terni.Ma più evidente fu l’ ascesa dell’ ILVA, che assieme all’ Ansaldo, era un consorzio che produceva nei grandi impianti di: Piombino, Portoferraio, Bagnoli. Questi impianti furono potenziati durante la guerra e addirittura il consorzio ne creò uno nuovo a Marghera. La capo-gruppo del consorzio era l’ Ansaldo, dei fratelli Perrone, che inizialmente producevano locomotive e che poi si specializzarono nell’ industria bellica.Questa società fece nascere un sistema verticale integrato che prevedeva: -Un polo siderurgico alimentato dalle materie prime delle miniere di Cogne; -Stabilimenti che fornivano energia elettrica; -Un polo di meccanico, con varie produzioni; -Un polo marittimo per il trasporto delle materie prime. Si sviluppò anche l’ industria dell’ Automobile, tra queste c’ era l’ Alfa Romeo di Milano, ma ancor più importante fu l’ ascesa della FIAT.Questa impresa seppe diversificare la produzione dagli autocarri ai motori marini alle munizioni. Un’ industria che vide la sua nascita durante la guerra fu quella Aeronautica, che prima era a livello amatoriale. L’ impresa più importante in questo ambiente fu la Caproni, che durante la guerra creò con Ansaldo e FIAT, un consorzio al fine di suddividersi in base alle capacità le varie commesse governative. Il settore Chimico con la cessazione delle importazioni tedesche, diede motivo di spinta allo sviluppo. Un’ impresa importante nella produzione di esplosivi, ma anche di fertilizzanti, coloranti e altri sintetici fu la Montecatini. Il settore Elettrico si sviluppò grazie alla mancanza di carbon fossile e grazie all’ impiego dell’ energia idroelettrica. Dopo la rottura con l’ area tedesca molte imprese elettriche si emanciparono dal controllo tedesco. Lo sviluppo esagerato nel periodo bellico del settore, vide l’ affermarsi di Holding per gestire la produzione e la distribuzione dell’ energia elettrica. Naturalmente connesse alla produzione bellica c’ erano tante industrie tra cui quella del cotone, ma anche quella della gomma che vide l’ affermarsi della Pirelli. Il rafforzamento industriale era stato possibile in tutte queste industrie soprattutto grazie alle anticipazioni e ai sussidi statali.
Le produzioni agricole ed i problemi delle campagne
Durante la neutralità l’ Italia aveva adottato una serie di provvedimenti volti ad arginare l’ inflazione, che avrebbe provocato panico tra i risparmiatori e quindi una corsa al prelievo dei depositi bancari, chiudendo le borse e emanando decreti sulle export e import. Quando la guerra si fece concreta il problema da superare riguardava la scarsità di materie prime. La bilancia agricola era sempre in deficit nei prodotti cerealicoli e frumento, tanto che si ricorreva alle importazioni russe e rumene. Ma durante la guerra questi scambi vennero meno per il blocco dei Dardanelli e si impose una razionalizzazione dei consumi di farina e farinacei. Successivamente si cercò di stimolare la produzione con l’ allargamento dei terreni a frumento e riducendo il dazio d’ importazione. Questa importazione fu adesso intensificata con i nord americani. L’ intervento drastico si ebbe con un decreto dell’ ultimo anno di guerra che prevedeva: – L’ istituzione di Comitati che disciplinavano le varie coltivazioni e i sistemi di coltura; – L’ erogazione di aiuti agli agricoltori; – La regolamentazione dei rapporti tra imprenditori agrari e contadini subalterni. Tutta la regolamentazione aveva lo scopo di aumentare la produzione anche di quei prodotti che durante la guerra erano venuti meno, come: vino, latticini a favore di un aumento di riso, mais, olio. Durante la guerra la diminuzione della produzione agricola era dovuta al fatto che il conflitto aveva sottratto braccia all’ agricoltura, lasciando donne e bambini incapaci di aumentare la terra da coltivare. Con la diminuzione dell’ offerta agricola si ebbe subito l’ aumento dei prezzi .Questo aumento colpì maggiormente coloro che ricavavano i loro redditi in denaro, quindi i braccianti subalterni, mentre i grandi affittuari sia Padani che Meridionali, videro crescere i loro guadagni. In questo clima si sviluppò il “Mercato Nero”, che in concomitanza delle razionalizzazioni determinò l’ aumento di utili di questi commercianti illeciti. In questa fase si cominciò a definire ancor di più il divario tra nord e sud. Nelle zone del nord cominciò ad aumentare il numero dei coltivatori diretti, facendo diminuire il numero dei salariati o fittavoli. Questa tendenza era dovuta al fatto che queste persone volevano migliorare la loro condizione attraverso l’ acquisizione di terre.
La forza lavoro in un’ economia di guerra
La guerra provocò una serie di alterazioni in ogni settore, oltre che agricolo. Nel commercio lo Stato cominciò a razionare e requisire vari prodotti, e divenne il più importante acquirente del Paese. L’ insieme dei mutamenti strutturali e congiunturali, prodotti dalla guerra causarono ripercussione sull’ ambiente sociale e lavorativo. La mobilitazione delle risorse umane fu il primo contraccolpo che la guerra inflisse. La mobilitazione nelle imprese ausiliare era maggiormente nel triangolo del nord Italia. Il malcontento nelle campagne era facile individuarlo, mentre quello nelle aree urbane era dovuto ai lavoratori di imprese ausiliare che non prestavano servizio militare e quindi erano visti come una classe di privilegiati. Durante la guerra il contesto lavorativo fu stravolto dal fatto che la regolamentazione del lavoro minorile e femminile, il riposo obbligatorio e la tutela in generale non furono più rispettate. Un altro squilibrio nel mondo del lavoro fu dato dall’ esenzione per certe tipo di maestranze dal servizio militare, a questo si aggiunse il trasferimento di manodopera di attività ritenute meno importanti (carta, vetro, beni di lusso, edilizia). Nonostante l’ abolizione del diritto allo sciopero per tutte le imprese ausiliarie, non si rilevò un ambiente di conflittualità. La situazione sarebbe però diventata delicata durante il dopo guerra in cui lo Stato dovette riorganizzare le relazione industriali e si dovette occupare di nuovi patti di lavoro.