Esclusivamente maschile e aristocratico, il simposio era una pratica sociale prima ancora che un momento preciso del pasto, nonché un luogo fisico specifico le cui caratteristiche sono ricostruibili su base archeologica e iconografica. Dal simposio (“l’azione del bere insieme”, dal greco syn, con, e posis, bevuta) erano escluse le donne libere, mentre le schiave erano ammesse in qualità di flautiste o di etere.
A partire dall’epica greca arcaica, il banchetto era un momento essenziale per i gruppi di guerrieri che partecipavano alla guerra. Il banchetto seguiva il sacrificio agli dei, ed era il momento in cui le carni dell’animale sacrificato venivano spartite – in conformità con le gerarchie interne al gruppo – e consumate dai partecipanti. Dopo il pasto (deipnon, in greco), secondo un rituale piuttosto preciso, i commensali bevevano tutti insieme il vino, che veniva mescolato all’acqua secondo quantità prestabilite (tre o quattro misure di acqua per una di vino: bere vino puro era considerata una pratica barbara), accompagnati da performance musicali di diverso tipo. È celebre, ad esempio, la descrizione del banchetto celebrato in occasione della restituzione di Criseide al padre Crise, al termine del I libro dell’ Iliade (I 457-476).
Con il passare del tempo, l’attenzione si focalizzò sempre più sulla seconda parte del banchetto, appunto il simposio, che in età arcaica (sotto i tiranni) e in età classica divenne luogo fisico e simbolico di riunione dei gruppi politici aristocratici interni alla polis (le eterie), fino a configurarsi anche come sede privilegiata delle reazioni aristocratiche entro la polis democratica.
Durante il simposio, che si apriva e si chiudeva con preghiere agli dei, i partecipanti stavano reclinati su una sorta di “divanetto”. Di fronte ad essi erano collocati piccoli tavolini. Il vino veniva distribuito da giovani schiavi in coppe di diverso tipo, assai spesso decorate con scene di carattere simposiale che sono per noi una preziosa fonte di informazione. Su base archeologica, la principale fonte è la cosiddetta Tomba del tuffatore di Paestum.
La bevuta collettiva era accompagnata da musiche, spesso realizzate da flautiste professioniste anche nella forma di lirica monodica, e da forme poetiche che sono identificabili con l’elegia di carattere guerriero (rappresentata per esempio dalla produzione di Tirteo) o di argomento tradizionalista (Teognide, ad esempio, polemizza con il facile arricchimento determinato dal commercio e rimpiange i vecchi valori aristocratici).
Nel simposio veniva eletto un simposiarca (cioè una sorta di direttore del simposio, che a Roma era il rex convivii) ed esistevano regole ben precise del bere, nonché della distribuzione e del modo di far circolare le coppe. Oltre all’ascolto dei canti (per l’esecuzione dei quali venivano spesso pagati dei professionisti), veniva praticato il gioco del cottabo (kottabos, in greco). Questo gioco consisteva nel lanciare, con la mano destra, le ultime gocce di vino rimaste nella propria coppa contro un bersaglio, identificabile in un disco sospeso (che – se colpito – cadeva su un altro disco, provocando un gran rumore) o in vasetti galleggianti sull’acqua (i quali, colpiti, sarebbero affondati). Il lancio poteva avvenire direttamente dal letto simposiale da parte dei commensali reclinati sul fianco sinistro, oppure in piedi, e veniva talvolta accompagnato da un rituale amoroso: si pronunciava il nome dell’innamorato (il simposio era sede privilegiata dell’intreccio omosessuale tra giovani uomini) ad esercitare una sorta di divinazione amatoria sui sentimenti della persona amata.
Tutti i partecipanti al simposio indossavano una ghirlanda di fiori e facevano uso di profumi. Oltre alle esecuzioni musicali e poetiche (la forma poetica tipica del simposio era lo skolion, lo scolio, da non confondersi con lo scholion, cioè le annotazioni dei copisti in margine ai manoscritti), nei simposi erano spesso presenti anche spettacoli di danza o dei mimi. Il dialogo tra i commensali coinvolgeva argomenti di diversa natura, che toccavano – oltre ai temi politici di cui si è già detto – anche la filosofia: Platone stabilì per esempio il “genere” del simposio, nel quale in una situazione simposiale, del tutto analoga a quella che si è descritto, si immaginano interventi dialogici su temi diversi (il simposio platonico ha nell’amore ideale il suo tema di ragionamento).
La larga consumazione di vino portava all’ebbrezza e, non di rado, all’ubriachezza (che doveva però contenersi, secondo l’etica simposiale testimoniata per esempio da Teognide, entro certi limiti). Alla conclusione del simposio, dopo le preghiere che lo chiudevano, il gruppo dei partecipanti era solito partecipare al komos, una sorta di processione rumorosa e scherzosa per le vie della città, utile a manifestare all’esterno – come ha sottolineato Oswyn Murray – il potere e la coesione del gruppo riunito a bere.
Il modello del simposio greco si diffuse molto nel bacino del Mediterraneo, influenzando a fondo sia gli Etruschi che i Romani.