La produzione primaria, ovvero la sostanza organica prodotta dagli autotrofi, è dovuta principalmente all’attivitù di alcuni organismi (piante vascolari, briofite, alghe, cianobatteri e altri batteri fotosintetici) capaci di catturare l’energia luminosa, grazie alla clorofilla e ad altri pigmenti, e utilizzarla nel processo di fotosintesi per trasformare molecole inorganiche semplici (anidride carbonica e acqua) in sostanze organiche complesse (zuccheri). Altri organismi (batteri chemiosintetici) usano, per la produzione di sostanza organica, energia derivante da reazioni chimiche piuttosto che energia solare. Dalla sostanza organica così prodotta tutti gli organismi viventi traggono poi l’energia necessaria per il proprio sostentamento attraverso il processo di respirazione, che avviene in tutte le cellule. La produzione primaria dovuta agli organismi fotosintetici e, in misura molto minore, agli organismi chemiosintetici è, quindi, fondamentale per il funzionamento dell’intero ecosistema. Di tutta la sostanza organica prodotta (la produzione primaria lorda), una parte è utilizzata dagli stessi produttori primari per il proprio mantenimento, il resto (la produzione primaria netta) è disponibile per gli erbivori.
In ambiente terrestre i produttori sono rappresentati principalmente dalle piante vascolari, mentre un contributo alla produzione di sostanza organica meno importante è dato da briofite, alghe, cianobatteri e altri batteri. Tuttavia alcune biofite, gli sfagni, formano estese torbiere nelle zone paludose delle regioni fredde e temperate e in alcune zone umide di montagna. In ambiente acquatico invece le piante vascolari sono generalmente poco abbondanti, se non assenti, mentre dominano le alghe, i cianobatteri e altri batteri.
La produzione primaria non è distribuita uniformemente sulla Terra: le foreste tropicali pluviali, che coprono solo il 3% della superficie terrestre, sono responsabili del 22% della produzione totale, mentre agli ecosistemi di mare aperto, che occupano il 65% della superficie terrestre, si deve il 24% della produzione totale. Il mare aperto e i deserti rappresentano gli ecosistemi meno produttivi, mentre all’altro estremo i sistemi più produttivi sono rappresentati dagli estuari, dalle paludi e dagli acquitrini, dai letti e le scogliere algali, dalla foresta tropicale pluviale e dai campi coltivati con sistemi industrializzati. In generale infatti la velocità con la quale viene prodotta sostanza organica (la produttività primaria) è elevata nelle aree del pianeta in cui le condizioni ambientali sono particolarmente favorevoli alla fotosintesi, per esempio dove è elevata la disponibilità di luce, acqua e nutrienti (questi ultimi in particolare indispensabili per la produzione di molecole organiche responsabili del processo fotosintetico) o anche nelle aree in cui è disponibile, oltre all’energia solare, un’altra fonte di energia (energia sussidiaria). E’ il caso degli estuari, dove l’energia sussidiaria è rappresentata dall’energia delle maree, delle onde e delle correnti, che determina il rimescolamento continuo delle acque rendendo i nutrienti sempre disponibili per i produttori. Anche i campi coltivati dispongono di energia sussidiaria, rappresentata dai combustibili fossili, usati per la produzione di fertilizzanti e pesticidi e per alimentare i mezzi impiegati per l’aratura, per l’irrigazione, o dal lavoro umano e animale nelle agricolture più primitive. La produttività lorda degli ecosistemi coltivati non supera però quella osservata negli ecosistemi naturali e questo perchè l’uomo, fornendo flussi ausiliari di energia che riducono il consumo autotrofo ed eterotrofo, fa aumentare soprattutto la produttività primaria netta e la produttività netta della comunità (ovvero la velocità di produzione di sostanza organica al netto del consumo delle piante e degli eterotrofi).
La produttività generalmente aumenta al diminuire della latitudine ma tale tendenza si inverte nelle aree in cui l’acqua scarseggia, per esempio nell’interno continentale dell’Australia. La maggiore produttività a basse latitudini riflette l’importanza della luce e della temperatura nel regolare la velocità di fotosintesi. In ambienti aridi, dove le piante riducono le perdite di acqua per traspirazione chiudendo almeno parzialmente le minuscole aperture (stomi) attraverso cui evapora l’acqua ed entra l’anidride carbonica necessaria per la fotosintesi, la produttività è invece principalmente influenzata dalla disponibilità di acqua. In mare aperto la produttività è molto bassa principalmente a causa della scarsa disponibilità di nutrienti (azoto, fosforo, ecc.), ad eccezione che nelle zone in cui si verifica una risalita di acqua profonda ricca di nutrienti, come al largo del Perù. Negli ambienti acquatici più produttivi, come le zone costiere e gli estuari, il movimento delle acque rende più disponibili i nutrienti, che vengono liberati dai decompositori principalmente nei sedimenti del fondale. Tuttavia anche in tali ambienti i nutrienti rappresentano un fattore limitante la produzione primaria, pertanto un apporto di nutrienti dall’esterno, per esempio di fertilizzanti provenienti dai campi coltivati, determina un aumento di produzione primaria e questo spiega le fioriture algali spesso riscontrate nelle zone costiere e nei laghi.
In ambiente acquatico la produttività decresce con la profondità a causa dell’assorbimento della luce negli strati superficiali ad opera delle molecole di acqua, delle sostanze e degli organismi fotosintetici in essa presenti. Tale diminuzione è tanto maggiore quanto pià l’acqua è torbida. In acque trasparenti già a 20 m di profondità arriva solo il 5-10% della radiazione incidente sulla superficie. Dal momento che l’acqua assorbe principalmente le radiazioni a maggiore lunghezza d’onda (rosso e infrarosso) e gli organismi fotosintetici assorbono principalmente la radiazione rossa e blu, nelle acque profonde arriva essenzialmente luce di un tono verde che può essere utilizzata solo dalle alghe rosse, che possiedono il pigmento appropriato (ficoeritrina). Nelle acque costiere più fertili la produttività primaria è concentrata nei primi 30 m di profondità, mentre in mare aperto con acque limpide ma poco popolate, la produttività primaria si può estendere fino a 100 m o più. E’ questo il motivo per cui le acque costiere sono verdastre ed il mare aperto è invece azzurro. Da quanto detto si comprende perchè gli acquitrini siano tra gli ambienti più produttivi: le piante, spingendo le radici nell’acqua, possono assorbire facilmente i nutrienti che la decomposizione batterica libera, mentre le loro foglie, in pieno sole per via della conformazione fisica dell’ecosistema, assumono una elevata velocità di fotosintesi.
La produttività può cambiare anche nel tempo. Una comunità giovane costituita da vegetazione erbacea ha una produttività netta maggiore rispetto alla foresta matura che dopo un certo tempo si svilupperà nella stessa area, dal momento che la foresta è caratterizzata da una maggiore proporzione di organi non fotosintetizzanti (fusti, rami, radici) e quindi da maggiori costi di mantenimento.