Il Marxismo si pone come analisi globale della società e della storia, non limitandosi a considerare separatamente i diversi aspetti (economico, filosofico, storico) , ma indagando nella società nell’unità organica delle sue manifestazioni.
Il punto – chiave del marxismo è la messa in atto dell’incontro tra realtà e razionalità pensato da Hegel, e che Marx propone di attuare con l’edificazione di una nuova società.
Le influenze culturali che stanno alla base del Marxismo sono essenzialmente tre: la filosofia classica tedesca, l’economia politica borghese e il pensiero socialista.
La critica della civiltà moderna.
Alla base della teoria di Marx e della sua adesione al comunismo vi è una critica globale della società moderna e dello stato liberale.
Secondo Marx, nel mondo moderno l’uomo è costretto a vivere come in due vite: una in terra come borghese, quindi lasciando spazio all’egoismo e agli interessi particolari della società civile, l’altra in cielo come cittadino, nella sfera superiore allo Stato e nell’interesse comune. Ma il cielo dello Stato si rivela illusorio, perché si rivela un semplice strumento degli interessi delle classi più forti, e non un organo garante della libertà di tutte le classi.
In sintesi, la civiltà moderna rappresenta la società dell’egoismo e delle particolarità reali e della fratellanza, e dell’universalità illusorie.
I cosiddetti diritti dell’uomo, ovvero la libertà individuale e la proprietà privata, hanno portato alla nascita delle disuguaglianze sociali.
Marx ritiene che l’unico modo per realizzare un modello di comunità solidale sia eliminare le disuguaglianze sociali e quindi la proprietà privata, causa di ogni disuguaglianza. L’arma da utilizzare non può essere che una rivoluzione sociale attuata dal proletariato, ovvero quella classe priva di proprietà, che soffre maggiormente l’alienazione, destinata a realizzare la democrazia comunista.
La critica all’economia borghese e l’alienazione.
Marx non considera il capitalismo come uno dei tanti sistemi economici della storia, ma come il modo naturale di produrre e distribuire la ricchezza. La conflittualità che caratterizza il sistema capitalistico si incarna soprattutto nell’opposizione tra capitale e lavoro salariato, fra borghesia e proletariato.
L’alienazione è un fatto reale, di natura socio – economica, che si identifica con la condizione storica del salariato nell’ambito della società capitalistica.
Marx descrive l’alienazione dell’operaio sotto quattro aspetti fondamentali:
il lavoratore è alienato rispetto al prodotto del proprio lavoro, che gli viene sottratto; rispetto alla propria attività, che diventa strumenti per fini estranei, ossia per il profitto del capitalista; rispetto alla propria essenza, che è quella del lavoro libero, creativo, universale, e non del lavoro forzato, ripetitivo, unilaterale; e rispetto al prossimo, a causa del rapporto conflittuale con il capitalista e quindi con l’umanità in generale.
La causa dell’alienazione risiede nella proprietà privata dei mezzi di produzione, con i quali il capitalista può accrescere la propria ricchezza, grazie anche al lavoro dei salariati.
La dis – alienazione dell’uomo può essere superata abolendo la proprietà privata con la rivoluzione e instaurando il comunismo.
Concezione della storia.
Per ideologia si intende una rappresentazione falsa o deformata della realtà, derivante da specifici interessi di classe. La lotta contro l’ideologia rappresenta uno degli scopi primari del marxismo; l’intendo di Marx, infatti, era quello di raggiungere un punto di vista obiettivo della società, in grado di descrivere ciò che gli uomini sono realmente, e non ciò che possono apparire.
Questo comporta la distruzione della vecchia filosofia idealistica e l’inaugurazione di una nuova scienza, quella della storia.
L’umanità è una specie evoluta, composta da individui che lottano per la sopravvivenza. Di conseguenza, la storia è un processo materiale, in cui l’uomo si associa agli altri per i propri bisogni primari.
Gli uomini si distinguono dagli animali per la coscienza, per la religione, ma soprattutto perché sono capaci di provvedere ai propri bisogni procurandosi i mezzi da soli. Alla base della storia, quindi, c’e’ il lavoro, che Marx concepisce come creatore di civiltà e di cultura.
Struttura e sovrastruttura.
I due elementi di fondo della produzione sociale sono le forze produttive e i rapporti di produzione.
Le forze produttive sono gli elementi indispensabili al processo di produzione, e sono gli uomini che producono, i mezzi di cui si servono per produrre e le conoscenze tecniche e scientifiche di cui si servono.
I rapporti di produzione sono i rapporti che si instaurano tra gli uomini nel corso della produzione e che regolano la ripartizione di ciò che si produce, e trovano la loro espressione giuridica nei rapporti di proprietà.
Le forze produttive e i rapporti di produzione costituiscono il modo di produzione di un certo periodo.
La struttura è l’insieme dei rapporti di produzione; la sovrastruttura è l’insieme delle istituzioni giuridico – politiche e delle teorie morali, filosofiche e religiose sulle quali è basata la struttura. Struttura e sovrastruttura sono dipendenti tra loro.
Dialettica della storia.
Forze produttive e rapporti di produzione si identificano con la legge stessa della storia. Marx ritiene che ad un determinato grado di sviluppo delle forze produttive corrispondono determinati rapporti di produzione e di proprietà. Ma i rapporti di produzione si mantengono solo fino a quando favoriscono le forze produttive, e vengono distrutti quando diventano degli ostacoli per essi.
Le nuove forze produttive sono sempre incarnate da una classe in ascesa, mentre i vecchi rapporti di proprietà sono incarnati da una classe dominante in declino; lo scontro tra esse diventa quindi inevitabile, finisce sempre per trionfare la classe che incarna le nuove forze produttive.
Questa corrispondenza e questa contraddizione tra forze produttive e rapporti di produzione permettono di delineare un quadro generale della storia passata e del cammino dell’umanità nel tempo.
Marx distingue quattro epoche della formazione economica della società: quella asiatica, quella antica, quella feudale e quella borghese.
Marx, come anche Hegel, vedeva la storia come un processo dominato dalle contraddizioni e con un risultato finale. Ma contrariamente ad Hegel, Marx sostiene che la storia è basata su qualcosa di materiale e di concreto, non sullo spirito, e il processo storico è scientificamente osservabile nei fatti stessi.
La sintesi del Manifesto.
Il Manifesto del partito comunista rappresenta una summa della concezione marxista del mondo.
Nella prima parte Marx descrive la vicenda storica della borghesia: secondo Marx, la borghesia è una classe costituzionalmente dinamica, che non può esistere senza rivoluzionare continuamente gli strumenti di produzione.
Le moderne forze produttive si rivoltano contro i vecchi rapporti di proprietà, generando delle terribili crisi che mettono in pericolo l’esistenza stessa del capitalismo. Il proletariato, classe oppressa dalla società borghese, mette così in opera una dura lotta di classe, per superare il capitalismo e le sue forme istituzionali e ideologiche.
Il Capitale.
Come il sottotitolo già ci fa capire (Critica dell’economia politica), il Capitale è una critica all’economia tradizionale.
Marx è convinto che non esistano leggi universali che regolino l’economia, ma che ogni formazione sociale e ogni epoca storica abbia specifiche leggi.
Il Capitale non è solo un libro di economia, ma è uno studio critico della civiltà capitalistica.
La prima parte del Capitale è dedicata all’analisi del fenomeno “merce”, che costituisce la caratteristica più evidente del capitalismo.
La merce deve possedere innanzitutto un valore d’uso, in quanto deve poter servire a qualcosa, essere utile; in più deve possedere anche un valore di scambio, che secondo l’equazione valore = lavoro, dipende dalla quantità di lavoro necessaria a produrla.
Il valore non si identifica con il prezzo, perché su quest’ultimo influiscono altri fattori; ma nonostante questo Marx è convinto che la somma dei prezzi delle merci di una società equivale alla somma del lavoro contenuto in esse, ossia al loro valore.
La caratteristica peculiare del capitalismo è il fatto che la produzione non risulta finalizzata al consumo, ma all’accumulazione di denaro. Infatti nella società borghese si ha un soggetto, il capitalista, che investe del denaro in una merce, per ottenere poi più denaro.
Il plus valore deriva dal fatto che il capitalista ha la possibilità di comperare e usare una merce particolare, che risulta in grado di produrre valore. Tale è la merce umana, cioè l’operaio. Egli produce, ad esempio, 10, ma a lui viene dato un salario equivalente a 6, quindi è costretto a regalare al capitalista l’eccedenza di 4. Il plus valore dipende dal plus lavoro dell’operaio e si identifica con la porzione di valore da lui gratuitamente offerta al capitalista.
Il capitale costante è il capitale investito nei mezzi di produzione.
Il capitale variabile è il capitale investito nei salari.
Il saggio del plus valore è il rapporto espresso in percentuale, fra il plus valore e il capitale variabile, e manifesta il grado di sfruttamento della forza lavoro operaia.
Il saggio del profitto è il rapporto espresso in percentuale, fra il plus valore e la somma del capitale costante e del capitale variabile. È sempre inferiore al saggio del plus valore.
Tendenze e contraddizioni del capitalismo.
Il fine del capitalismo è quello di raggiungere la maggior quantità possibile di plus valore, e per raggiungere tale scopo insegue tutte le vie possibili, diventando un tipo di società retto dalla logica del profitto privato e non dell’interesse collettivo.
Il capitale, inizialmente, aumenta la giornata lavorativa per accrescere il plus valore: ma questa non è la soluzione migliore, in quanto oltre un certo numero di ore la forza lavoro dell’operaio non è più totalmente produttiva (plus valore assoluto).
Così si punta alla riduzione della giornata lavorativa necessaria ad integrare il salario (plus valore relativo). Questo si può ottenere grazie alla nascita dell’industria meccanizzata: la macchina è capace di aumentare la quantità di merce prodotta e quindi di erogare un plus valore relativo maggiore, e, rendendo meno faticoso il lavoro, permette di ricorrere al lavoro di donne e bambini.
Ma l’aumento di produttività genera una crisi ciclica di sovrapproduzione, un eccesso di produzione rispetto alle esigenze di mercato, che ha come effetti la distruzione capitalistica dei beni (soprattutto quelli di cui avrebbero bisogno le classi più povere) e la disoccupazione.
Un altro inconveniente è quella che Marx chiama “caduta tendenziale del saggio di profitto”: accrescendo smisuratamente il capitale costante rispetto al capitale variabile, diminuisce il saggio del profitto, che risulta progressivamente sempre più scarso rispetto al capitale impiegato.
Tale legge produce la scissione della società in due sole classi antagonistiche: da un lato una minoranza industriale, ricca e potente; dall’altro una maggioranza proletaria sfruttata, composta da salariati, occupati e disoccupati.
La rivoluzione e la dittatura del proletariato.
La rivoluzione di cui Marx parla è un processo che porta il proletariato a impadronirsi del potere politico, attuando il passaggio dal capitalismo al comunismo, passaggio che prevede l’abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione, la scomparsa delle classi e la realizzazione di uan società di liberi produttori, senza più sfruttatori e sfruttati.
Lo stato borghese è un insieme di apparati istituzionali e ideologici di cui la borghesia si serve per esercitare il proprio dominio di classe: per questo, il compito del proletariato è quello di smantellare questi meccanismi, e non di impadronirsene.
La dittatura del proletariato è quella fase che media il passaggio dalla società borghese a quella comunista, è il momento in cui il proletariato impone la propria egemonia sulla classe borghese, al fine di distruggere lo stato borghese e di attuare il progetto comunista.
Le fasi della futura società comunista.
Marx distingue due tipi di comunismo: un comunismo rozzo e un comunismo superiore.
Nel comunismo rozzo la proprietà viene trasformata in proprietà di tutti; è quindi uno stadio immaturo di comunismo, in cui la proprietà non viene totalmente soppressa ma universalizzata, attribuita alla comunità, mentre gli uomini sono tutti operai con un medesimo salario.
Il comunismo superiore, invece, comporta un affettiva soppressione della proprietà privata.
Vengono distinte, inoltre, anche due fasi della società futura.
Nella prima fase abbiamo un comunismo basato sul principio “a ciascuno secondo il suo lavoro”, rivelandosi ancora imperfetto, in quanto non tiene conto delle differenze individuali.
La seconda fase invece, è basata su una superiore forma di uguaglianza e di comunismo, che tiene conto non solo delle capacità degli individui, ma anche dei loro bisogni.