Materialmente consiste nella giunzione di segmenti di materiale filmico. Il suo fine è la produzione di una sequenza, ovvero una successione di due o più inquadrature poste in relazione non casuale fra di loro.
In termini più immediati però, il prodotto del montaggio è il raccordo, ovvero una continuità effettiva tra due inquadrature. Osservando analiticamente un raccordo, il punto in cui termina la prima inquadratura viene definito “stacco”, mentre il punto in cui inizia l’inquadratura successiva viene definito “attacco”. Il tipo di raccordo più semplice è quello ravvisabile nella maggior parte dei film dei primi anni del secolo, dove i brani di materiale girato sono solo giustapposti l’uno all’altro seguendo un semplicissimo ordine cronologico, tutto interno alla storia rappresentata, e senza altra preoccupazione che non sia quella della linearità temporale del racconto.
Col tempo però, in pratica già fino dai primi anni del secolo, il montaggio inizia a evolversi. Aumentano così le possibilità semantiche derivanti dalla pratica del montaggio e le tipologie di raccordo. Fra questi, è da ricordare soprattutto il raccordo “campo-controcampo”, una figura retorica utilizzata per mettere in relazione fra loro due inquadrature successive nelle quali vi siano personaggi od oggetti in qualsiasi maniera interagenti fra di loro (ad esempio due persone che dialogano l’uno con l’altro), e consistente nel mettere in successione due inquadrature disposte sullo stesso asse, ma in senso invertito l’una rispetto all’altra.
Altre tipologie di raccordo sono il “montaggio alternato” e il “montaggio parallelo”: la prima è costituita dall’alternarsi fra loro di inquadrature relative ad ambiti spaziali differenti (inclusi ambiti spaziali contigui), ma comunque successivi nell’ambito di una comune linea temporale (ad esempio l’inquadratura di una persona che bussa a una porta dall’esterno, seguita dall’inquadratura di un’altra persona che, avendo evidentemente udito il rumore, si reca ad aprire la porta dall’interno); la seconda invece è costituita dall’alternarsi fra loro di inquadrature relative ad ambiti spaziali differenti, ma temporalmente identici nell’ambito di una comune linea temporale (ad esempio l’inquadratura dello scoccare della mezzanotte sul quadrante di un orologio posto in una piazza di Firenze, seguito da quella dello scoccare della mezzanotte sul quadrante di un orologio posto in una piazza di Roma), o, in certi casi, ad ambiti spazio-temporali differenti, ma temporalmente assimilabili nell’ambito di linee temporali fra loro sovrapponibili (ad esempio: l’inquadratura in campo medio di un uomo che esala l’ultimo respiro la mezzanotte del 31 dicembre 1505, seguita dall’inquadratura in campo medio di un suo discendente che esala l’ultimo respiro la mezzanotte del 31 dicembre 1905).
Molto sfruttate sono anche le “dissolvenze” ovvero tipi di raccordo basati sul progressivo oscuramento o sulla progressiva illuminazione di un’inquadratura. Fra queste andrà ricordata la “dissolvenza incrociata”, tipologia di raccordo nata dallo sviluppo di tecniche di proiezione elaborate nella metà dell’Ottocento in funzione di rappresentazioni spettacolari eseguite con lanterna magica, nella quale lo spettatore vede passare gradualmente dalla giusta luminosità fino al nero la prima inquadratura e, contemporaneamente (ovvero nello stesso numero di fotogrammi), passare dal nero alla giusta luminosità, la seconda inquadratura, subendo l’impressione di aver visto la prima inquadratura sfumare nella seconda.
Spesso, particolarmente dagli anni Sessanta in poi, il raccordo fra due o più inquadrature tramite stacco e attacco viene sostituito da un “piano sequenza”, ovvero da una singola inquadratura complessa che, grazie al libero movimento della macchina presa, pur non prevedendo stacchi, può essere assimilata ad un’intera sequenza. Non prevede raccordo alcuno neanche il “montaggio in quadro”, gioco di quinte interno all’inquadratura, reso possibile dall’effetto ottico derivante da una forte profondità di campo unita ad un’apposita disposizione dei soggetti inquadrati, e destinato a far sembrare multipla un’inquadratura unica. Decisamente particolare è inoltre il caso dello “split-screen”, raccordo nel quale l’inquadratura è realmente divisa in due o più inquadrature indipendenti, visibili contemporaneamente.