Risulta essere il capolavoro di Hawthorne. Il titolo allude alla lettera “A” che la protagonista Hester Prynne porta cucita sul petto come marchio d’infamia per aver commesso adulterio. L’idea della “lettera della vergogna” risale almeno a 13 anni prima della composizione del romanzo, all’ultima cioè delle Storie narrate due volte, cioè Endicott e la croce rossa del 1837; la gestazione del romanzo fu lunga e complessa, come testimoniano gli appunti del diario dell’autore, ma quando nel 1849 Hawthorne si pose a scrivere La lettera scarlatta tutto sembrava ormai distillato e chiaro nella sua mente, sicchè la stesura avvenne in soli quattro mesi. Essa apparve nel 1850, un anno prima di Moby Dick, quattro anni prima di Walden, cinque anni prima di Foglie d’erba, e mentre Emerson non era ancora entrato nella fase discendente. La fioritura ravvicinata di opere fra le più alte dell’intera letteratura americana ha fatto definire questo periodo “Rinascimento americano”. La lettera scarlatta viene considerata dall’autore un romance anzichè un novel, così come i suoi racconti sono chiamati tàles e non stories; usando questi termini l’autore intende staccarsi consapevolmente dalla tradizione soprattutto inglese del romanzo realistico (imperniato sui fatti, sull’azione, sulla descrizione di ambienti e di costumi ben definiti e riconoscibili). Sceglie invece la strada del fantastico, dello sfumato, dell’emblematico. Il mondo reale e solido del vivere sociale lo interessa assai meno dei dilemmi morali, dei segreti delle anime. L’azione della Lettera scarlatta, “una storia di fragilità e sofferenza umane”, si svolge un po’ prima della metà del Seicento a Boston, vale a dire nel periodo e nella località più tipici del puritanesimo americano. Hawthorne ha scelto da un lato un luogo a lui noto e un clima morale che, volente o nolente, si portava dentro come eredità dei suoi antenati puritani; dall’altro se ne è distanziato ambientando la vicenda in un periodo storico ormai remoto, e che proprio per questo poteva prestarsi a elaborazioni fantastiche, “romantiche”. Un ulteriore estraniamento viene operato col fingere che l’autore stia raccontando una storia non inventata da lui, ma trovata fra vecchie carte nell’ufficio della dogana di Salem, in cui Hawthorne effettivamente lavorò come ispettore per tre anni (1846-1849). Questo espediente sembra obbedire a una personale reticenza, a un pudore di sè cui l’autore accenna nella importantissima prefazione, La dogana, e che considera doverosi in uno scrittore. Nella stessa prefazione l’autore ci spiega indirettamente qual è la sua poetica: prende in considerazione eventi comuni, tanto familiari quanto gli oggetti che arredano la sua casa, ma li osserva e ci fantastica sopra quando sono illuminati dal chiarore lunare e dai riflessi del fuoco che sta per spegnersi nel focolare. I raggi della luna “spiritualizzano” la scena, cioè rendono questi oggetti “strani” e “remoti”, quasi metafisici. Il riverbero caldo delle braci “si mescola con la fredda spiritualità dei raggi lunari, e infonde per così dire cuore e sensibilità teneramente umani alle forme evocate dalla fantasia”. Se poi guardiamo la stessa scena riflessa in uno specchio, cioè distanziata, siamo nelle condizioni ideali, perchè più vicine alla sfera fantastica, per scrivere un romance. La lettera scarlatta si apre emblematicamente al cospetto di una prigione, “il fiore nero della società civile” davanti alla quale fiorisce però “un cespuglio di rose selvatiche”, simbolo di speranza. Una folla grigia e ostile attende l’uscita di Hester Prynne, l’adultera che è stata condannata a portare sul petto il simbolo della propria vergogna, una “A” scarlatta, di stoffa ricamata. Hester ha con sè la figlia illegittima, Pearl, di tre mesi. Insieme devono salire sul patibolo (significativamente situato fra il mercato e la chiesa, i due pilastri della società puritana) per essere messe alla gogna. Hester, donna di grande e sensuale bellezza, mantiene un comportamento dignitoso, quasi fiero, di fronte alla folla impietosa. Sposata in Europa a uno studioso molto più anziano di lei e deforme, Hester lo ha tradito in America con un uomo di cui si rifiuta ostinatamente di rivelare l’identità, nonostante le insistenti richieste del giovane reverendo Dimmesdale, incaricato dalle autorità civili di indurla a confessarne pubblicamente il nome. Il marito, che si fa chiamare Roger Chillingworth, è ora tra la folla e si appresta a scoprire l’adultero. Nessuno sa che è il marito di Hester: si fa passare per medico, e come tale viene incaricato di prendersi cura del reverendo Dimmesdale, la cui salute è in declino. I suoi sospetti, dopo una tenace indagine, si rivelano fondati: è proprio il reverendo Dimmesdale il padre di Pearl. Hester propone a Dimmesdale di fuggire, ma costui rifiuta, deciso a espiare la sua colpa: ne fa pubblica confessione sul palco della gogna. Si può dire che il tema del romanzo, sviluppato in modo fin troppo pesantemente simbolico, sia l’effetto del peccato sulle anime dei protagonisti: Hester ha peccato, ma scontandolo in pubblico, può vivere serenamente e conquistarsi persino una vaga simpatia da parte dei suoi concittadini. Anche il reverendo Dimmesdale ha peccato, ma a causa della sua posizione sociale e della fama di santità di cui gode, esita fino all’ultimo a confessare e subito dopo scomprare, dopo essere vissuto in un’angoscia continua provocata dal rimorso. Il peccato di Chillingworth è diverso e peggiore, veramente diabolico, poichè nasce dall’odio, dal desiderio di vendetta, e mira a violare il segreto di Dimmesdale, cioè “la santità di un cuore umano”: è il “peccato imperdonabile”. La lettera scarlatta portò finalmente fama all’autore, e anche una certa tranquillità economica che gli permise di trasferirsi a Lenox, nei Berkshires, e di continuare a scrivere copiosamente negli anni successivi (come traspare da Il romanzo di Valle Lieta).