In questa guida vi raccontiamo di Alessandro Magno e delle sue imprese straordinarie.
Quando il padre fu eliminato, Alessandro III aveva diciannove anni e viveva in disgrazia in Epiro con la madre Olimpiade. I rapporti conflittuali con il padre e l’influenza della personalità forte e controversa della madre fanno parte della letteratura che già nell’antichità fiorì su questo personaggio che per l’imponenza e la grandiosità delle sue gesta è ricordato anche in terre lontane come la Persia e l’India le cui leggende popolari fantasticarono sul grande Alessandro e il suo cavallo Bucefalo.
Una cosa è certa: come il padre Filippo II, voleva espandere il proprio dominio in Oriente e creare una monarchia universale, incontro fra tradizione occidentale e tradizione orientale.
Bucefalo, cavallo acquistato dal padre Filippo che solo Alessandro dodicenne riuscì a domare e chiamò Bucefalo per via della testa a forma di bue.
Educato dal filosofo e scienziato Aristotele, crebbe coraggioso e pieno d’immaginazione; unì alla preparazione militare e strategica la conoscenza della raffinata cultura greca che affiancò la curiosità per il mondo orientale. Appena salito al trono, dedicò il primo anno al consolidamento della sua posizione di successore a Filippo soprattutto in Grecia, dove con la distruzione di Tebe soffocò ogni speranza dei Greci di sfruttare il momento di passaggio dei poteri per riacquistare la propria libertà.
Per convincere gli Elleni al conflitto contro la Persia, Alessandro, astutamente, lo presentò come una guerra di vendetta nei confronti di Serse e dei soprusi commessi ai danni dei santuari greci. Le forze militari di cui disponeva Dario III erano sicuramente superiori a quelle greco-macedoni, ma le truppe di terra erano formate prevalentemente da mercenari greci, non certo emblema di fedeltà e lealtà. La campagna persiana cominciò nel 334 a. C., attraversato l’Ellesponto, Alessandro sconfisse gli eserciti riuniti delle satrapie dell’Asia Minore nella battaglia del fiume Granico, poi percorse senza problemi le coste anatoliche e cominciò la penetrazione nell’interno. Lo scontro diretto con il re Dario si ebbe bel 333 a. C. nella battaglia di Isso, pianura della Cilicia, grave fu la sconfitta subita dai Persiani che consentì ad Alessandro Magno di sottomettere facilmente la Fenicia e tutta la cosa egea, fino all’isola di Rodi e Cipro nonché all’Egitto, dove ad ovest del delta del Nilo fondò la città di Alessandria. Ritornato a Nord e attraversati il Tigri e l’Eufrate sconfisse definitivamente Dario nella battaglia si Guagamela del 331 a. C. Il sovrano persiano riuscì a mettersi in salvo, ma ormai i popoli a lui sottomessi avevano perso fiducia nei suoi confronti, come dimostra la resa spontanea di Babilonia, così anche la nobiltà. Dario venne, infatti, ucciso da un suo satrapo e riportato alle tombe reali di Persepoli dallo stesso Alessandro, che adesso era il nuovo re di Persia da tutti riconosciuto e temuto come invincibile.
La gestione rispettosa delle terre conquistate e l’adozione degli usi e costumi locali resero unico il suo impero nel tentativo di fondere tradizioni profondamente distanti fra loro. Anche se la considerazione del sovrano come una divinità, tipica delle popolazioni orientali, non risultò molto gradita ai Greci che razionalmente non riuscivano ad accettare l’idea che ad un uomo venissero tributati onori divini e di conseguenza l’adozione da parte di Alessandro della proskynesis “prostrazione” dinanzi al re sarà stata pesante da digerire per gli intellettuali greci.
Lo storico Plutarco nel riferirci la spedizione in India, indugia molto sulle sensazioni e i sentimenti che pervasero l’animo del re macedone, il quale non tollerava di fermarsi laddove tutti gli altri uomini erano arrivati, doveva spingersi oltre, dove nessun impero era ancora arrivato. Così nel 327 a. C. partì con un esercito formato per lo più da orientali – solo gli ufficiali erano di origine greco-macedone – alla volta dell’India, ma le difficoltà che dovettero affrontare in quelle terre selvagge e sconosciute per otto anni fecero sì che gli ufficiali si opponessero fortemente alla continuazione di una campagna la cui meta neanche sapevano dove fosse collocata e quanto fosse distante.
L’ultima grande battaglia di Alessandro si svolse nel 326 a. C. lungo il fiume Idapse, contro l’esercito dell’omonimo regno guidato dal re Poro. Poro, oltre alle unità di fanteria e cavalleria disponeva di duecento elefanti, i quali resero impossibile alla falange macedone di sfondare per vie centrali l’esercito nemico e per di più spaventarono i cavalli seminando panico tra le fila dell’esercito di Alessandro, che però riuscì ad avere la meglio e a conquistare tutta la regione fondando le città di Nicea e di Alessandria Bucefala (in onore di Bucefalo che perse la vita proprio in queste terre). L’esercito però non poteva continuare a reggere la campagna, così, sia pure a malincuore, Alessandro si convinse a tornare a casa con l’appoggio di una flotta appositamente costruita e comandata dall’ammiraglio Nearco.
Giunto a Babilonia, capitale del vastissimo impero, ricevette ambascerie di numerosi popoli del Mediterraneo che ne riconoscevano l’autorità assoluta, tributandogli onori e doni. Alessandro stava vivendo il suo sogno di avere tutte le genti ai suoi piedi e in questo delirio di onnipotenza, decise di prepararsi per un’altra spedizione, verso un territorio ancora non del tutto conosciuto: l’Arabia. A fermarlo fu però una malattia violenta che lo condusse alla scomparsa nel 323 a. C., quando la moglie Rossane era incinta. Di fatto non c’erano eredi, per cui i generali, detti diadochi, che avevano valorosamente guidato i vari reparti dell’esercito e contribuito alle vittorie e conquiste di Alessandro, si sentivano legittimati ad assumere la reggenza del trono.
Il periodo che va dalla scomparsa del grande re macedone al 270 a. C. fu costellato di eventi sanguinosi che se da un lato portarono alla frammentazione del colossale impero di Alessandro, dall’altro condussero alla creazione di regni autonomi e stabili detti regni ellenistici.