Fu segretario del duca d’Angiò e coprì numerose cariche pubbliche. Fra i suoi scritti ricordiamo: Methodus ad facilem historiarum cognitionem (1566), in cui richiede dagli storici del diritto una buona formazione storica e giudica la storia stessa come la migliore preparazione alla politica; Risposta ai paradossi del signor De Malestroit (1566), in cui esamina il fenomeno inflazionistico che turbava il commercio di quei tempi, ne indica l’origine nella “abbondanza d’oro e d’argento” in circolazione (miniere di Potosí in America) e si dichiara a favore della libertà di commercio; I sei libri della Repubblica(1576), considerati il suo capolavoro. Sostenitore della monarchia assoluta e dello Stato di diritto, affermò ciononostante che il sovrano non è padrone dei beni dei suoi sudditi e che non può stabilire imposte senza il consenso degli Stati Generali: la sovranità, anche se assoluta, deve sempre rispettare i diritti di natura e le leggi divine.
De la Répubblique
Trattato politico francese di Jean Bodin (1530c.-1596), pubblicato nel 1576 e propriamente intitolato I sei libri della Repubblica [Les six livres de la République].
Intonato a una concezione completa dello Stato, esso pone un fondamento giuridico e storico alla monarchia moderna, nel valutare come fondamentale il concetto di sovranità. Laddove lo stesso Machiavelli fonda la sua teoria politica sulla potenza effettiva e sulla compagine dello Stato, il Bodin, che rimprovera questo atteggiamento naturalistico al Principe, vuole chiarire la funzione dello Stato nella sua realtà di diritto. Questa è un’idea più salda, perché è giustificata dalla tradizione e si identifica col corso stesso delle cose. Dato il suo carattere assoluto, la sovranità ha solo per limiti le leggi di Dio e di natura; ma è da considerare come vera autorità, e come tale da identificare con la monarchia. Per l’esigenza della funzione storica a essa incombente, anche tale potere è circoscritto e definito: perciò il sovrano, responsabile della sua azione dinanzi a Dio e all’umanità, deve seguire le leggi divine e naturali e favorire il benessere dei suoi sudditi. Dinanzi a un’azione così ispirata, il principe ha coscienza della sua responsabilità e comprende il valore che il popolo assume nella struttura dello Stato; perciò non avrà bisogno di ricorrere a “machiavellismi” per esercitare la sua funzione politica, ma chiarirà i rapporti del popolo con l’autorità statale (e, in particolare in Francia, del terzo Stato col potere reale). La monarchia ereditaria e assoluta è come una grande famiglia, in cui il potere di un padre è senza discussioni per il fatto stesso che è volto al bene di tutti. Su queste basi che edificano il moderno Stato di diritto (e non saranno senza efficacia nel pensiero del Botero per i doveri del principe e del Montesquieu per la coscienza storica del potere) il Bodin valuta le leggi relative ai climi e ai popoli nell’adattamento della natura a uno schema razionale, e afferma, al di là delle lotte religiose tra cattolici e calvinisti, un terreno d’intesa, ispirato alla religione naturale e alla reciproca tolleranza. Questo ripensamento della teoria dello Stato attraverso l’esperienza storica della monarchia francese ha una decisiva importanza nella concezione moderna della politica, in quanto reca il monito delle guerre civili dei Cinquecento: quello di salvare la propria anima con devozione a Dio e con qualunque fede, ma soprattutto di essere buoni cittadini, tanto se nobili che plebei. La Repubblica, come fonda in Francia la scienza politica, così non sarà senza sviluppi nel Campanella e nel Bossuet per la concezione della monarchia.