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Era figlio di un maestro doratore, José Goya, e di Gracia Lucientes. Si ignora quasi tutto della sua giovinezza e della sua formazione; si suppone che frequentasse l’accademia di disegno di Saragozza e che suo maestro fosse José Luzán, mediocre pittore. Nel 1763 partí per Madrid, dove perse il concorso per l’Academia de San Fernando, ripresentandosi senza successo nel 1766. Effettuò il tradizionale viaggio a Roma, dove partecipò nel 1771 al concorso organizzato dall’Accademia di Parma. Piccoli dipinti datati 1771 e conservati in coll. priv. rivelano l’influsso dell’ambiente classicista romano. Tornato a Saragozza, nell’ottobre del 1771, G ricevette il suo primo incarico di affresco: la decorazione della volta della chiesa della Madonna del Pilar a Saragozza, che doveva raffigurare l’Adorazione del nome di Dio. L’opera manifesta la fedeltà dell’artista agli schemi della decorazione barocca e alle recenti opere spagnole di Corrado Giaquinto. Dipinse nel 1772 per la certosa dell’Aula Dei, grandi quadri che ne attestano la formazione su modelli tardo barocchi.
Madrid
Nel 1773 G ritentò la fortuna a Madrid, dove si stabilí, sposando Josefa Bayeu, che aveva tre fratelli pittori, in particolare Francisco, di parecchi anni maggiore di lui, e di cui egli si disse talvolta allievo. Dal 1774 eseguí per la Real Fábrica de Tapices numerose serie di cartoni per arazzi (43 conservati al Prado di Madrid), tessuti per i palazzi reali. I cartoni per arazzi e i primi ritratti Tale collaborazione, durata quasi vent’anni, illustra nelle varie serie (1774-75, 1776-80, 1786-88, 1791-1792) l’evoluzione dell’artista. I cartoni delle prime due, in cui G s’ispirò ai dipinti di Michel- Ange Houasse, eseguiti nel 1730, sono dedicati a scene popolari, di caccia, di pesca (la Merenda, 1776; l’Ombrello, 1778). L’evoluzione stilistica si rivela nella maggiore importanza conferita alle figure umane, distaccate su paesaggi chiari e sfumati. Nel dicembre 1778 l’artista invia all’amico Martin Zapater le incisioni ad acquaforte dai quadri di Velázquez appartenenti alle collezioni reali, lavoro che gli consentí di familiarizzarsi con le opere del maestro. Nel 1780 G venne accolto all’Academia de San Fernando con un Cristo in croce (Madrid, Prado), ma ripartí per Saragozza, dove fu incaricato di dipingere una cupola nella cattedrale della Madonna del Pilar. L’anno successivo ebbe l’incarico di un altare per la chiesa di San Francisco el Grande a Madrid, opera di laboriosa esecuzione. Entrò allora in rapporto con i potenti personaggi che ne diverranno i protettori e di cui dipinse i ritratti: il Conte de Floridablanca (1783: Madrid, Banco Urquijo); l’Infante don Luis e la sua famiglia (1784: Fond. Magnani-Rocca, Corte di Mamiano presso Parma); Ritratti dell’infante (Cleveland, am) e di Sua moglie (Monaco,ap); l’Architetto Ventura Rodriguez (1784: Stoccolma, nm); dal 1785, Ritratti della famiglia dei duchi d’Osuna (Madrid, Prado).
Goya pittore del re
Nominato pittore del re nel luglio 1786, G lavora alla serie dei ritratti dei direttori della banca di San Carlos (Madrid, Banco di Spagna), ed esegue quello della Marchesa de Pontejos (Washington, ng). Diviene allora il pittore alla moda della società di Madrid, e le sue lettere a Zapater ne attestano l’agiatezza economica; l’ottimismo di questo periodo si riscontra nella terza serie (1786-88) di cartoni per arazzi, le Quattro stagioni, il Muratore ubriaco e i Poveri alla fontana (Madrid, Prado). Nel 1787, per gli appartamenti della duchessa d’Osuna, all’Alemada presso Madrid, realizza una serie di sette Scene campestri, che sono in stretto rapporto con i cartoni per arazzi dello stesso periodo (quattro appartenenti al duca de Montellano, Madrid). G non abbandona peraltro la pittura religiosa; lavora per le chiese di Valdemoro e di Santa Ana de Valladolid, e per la cattedrale di Toledo (l’Arresto di Cristo, 1798). Precedentemente si era interessato di paesaggio (la Prateria di San Isidro, 1788: Madrid, Prado). Nello stesso anno si avverte per la prima volta la presenza dell’elemento fantastico, con la Vita di San Francisco de Borja (Valencia, Cattedrale, gli studi, piú liberi, sono nella collezione del marchese de Santa Cruz a Madrid). Nel 1789 G viene nominato pintor de Cámara del nuovo re Carlo IV; di lui, e della regina Maria Luisa, fa gran numero di ritratti ufficiali (i piú importanti sono al Prado e nel palazzo reale di Madrid). Per lui posano, nel corso degli stessi anni, i Duchi d’Osuna e i loro figli (Madrid, Prado), poi la contessa del Carpio, Marchesa de la Solana (Parigi, Louvre), l’attrice Maria Rosaria Fernandez, detta la Tirana (Madrid, Academia de San Fernando), lo storico Ceán Bermúdez (Madrid, coll. del marchese de Perinat), il collezionista Sebastián Martínez (New York,mma). Maestro incontestato del ritratto spagnolo, G si distingue allora per la ricchezza della tavolozza, in cui dominano i grigi e i verdi variati.
La crisi del 1792 e le sue conseguenze
Alla fine del 1792, di passaggio per Cadice, l’artista si ammala gravemente per molti mesi, ma nel gennaio 1793 invia al segretario dell’accademia dodici dipinti su latta, tra i quali otto scene di tauromachia (Madrid, coll. priv.), Commedianti ambulanti (Madrid, Prado), il Cortile dei pazzi (Dallas, Southern Methodist University, Meadows Museum). Si è per lungo tempo creduto che si trattasse dei celebri quadri dell’Academia de San Fernando (la Sepoltura della sardina, la Processione dei flagellanti in particolare), datati assai piú tardi, dopo il 1808.
La malattia di G produsse nella sua opera mutamenti profondi. La crisi del 1792, che lo rese sordo, trasformò il suo modo di vivere e influí anche sulla sua arte. In una lettera databile al 1795, G comunicava a Zapater che si accingeva a dipingere il ritratto della Duchessa d’Alba, che era andata nel suo studio (Madrid, coll. della duchessa d’Alba). Raggiunse la duchessa a Sanlúcar de Barrameda alla scomparsa del marchese di Villafranca suo marito, nel 1796, e disegnò, durante questo soggiorno in campagna, numerose scene dal vero, e altre piú evocative o immaginarie, alcune delle quali riflettono una grande intimità. Eseguí il ritratto della Duchessa in lutto (New York, Hispanic Society) con due anelli sui quali si legge «Goya Alba» e in cui la duchessa, in piedi, scrive sulla sabbia «Goya solo». Il pittore restò a lungo ossessionato
dall’immagine della duchessa, che torna di frequente nei suoi disegni e incisioni. Alla scomparsa del cognato Francisco Bayeu, G venne nominato direttore dell’accademia di pittura (1795), carica che la cattiva salute lo costrinse ad abbandonare due anni dopo. Dal 1795 al 1798 dipinse numerosi quadri di soggetto religioso, particolarmente a Cadice, nonché i ritratti dei ministri Jovellanos (Madrid, Prado), Saavedra (Londra, Courtauld Inst.), Iriarte (Strasburgo mba) e Valdés (Barnard Castle, Bowes Museum). Nel 1798 i duchi d’Osuna gli commissionarono una serie di piccoli quadri, molti dei quali sul tema dell’al di là. Dipinse nello stesso anno il ritratto del Generale Urrutia (Madrid, Prado), e quello dell’ambasciatore francese Guillemardet (Parigi, Louvre). Nello stesso periodo (primavera del 1798), G eseguí di getto la decorazione del piccolo eremitaggio di San Antonio de la Florida sulle rive del Manzanarre. Essa resta una delle sue opere fondamentali.
I Capricci
L’anno successivo l’artista mise in vendita la serie piú nota delle sue incisioni, i Capricci. Comprende ottanta lastre incise ad acquaforte, i cui soggetti sono impreziositi da fondi e ombre ad acquatinta; G si è spesso ispirato a disegni eseguiti a Sanlúcar. La raccolta riguarda l’umanità in generale, le sue follie e la sua stupidità, e costituisce una satira sorprendente delle debolezze della condizione umana. Nello stesso anno, G esegue per la duchessa d’Osuma sette quadretti, in particolare la Prateria di San Isidoro (Madrid, Prado), capolavoro di naturalezza e scioltezza, in cui il paesaggio svolge un ruolo piú importante del consueto.
L’apogeo di Goya ritrattista
Nello stesso periodo G esegue il ritratto dello scrittore Fernández de Moratin (Madrid, Academia de San Fernando), i due ritratti della Regina Maria Luisa, vestita di nero con mantiglia e a cavallo (Madrid, Prado), nonché il Ritratto equestre del re (ivi). Quest’eccezionale fecondità non declina negli anni successivi. Nell’ottobre 1799 G viene nominato primo pittore del re. Nel 1800 dipinge la silhouette della giovane e fragile Contessa di Chinchón (Madrid, coll. del duca de Sueca), vestita di bianco e seduta in poltrona. Nel giugno inizia il grande quadro della Famiglia di Carlo IV (Madrid, Prado). I personaggi sono in piedi in una sala del palazzo, come se guardassero qualcuno posare per il pittore, che è a sinistra in penombra, presso il quadro a cui lavora: disposizione che rammenta Las Meninas di Velázquez. La sontuosità del colore, i cangianti delle sete e dei lamés, il riflesso dei gioielli e delle croci evitano ogni monotonia e conferiscono movimento e vita a un gruppo immobile in abito da cerimonia. La composizione è a fregio, con molti gruppi di personaggi intorno alla regina Maria Luisa. Dal 1800 al 1808 anno della guerra, il talento di G ritrattista tocca il culmine: il Principe della Pace (1801: Madrid, Academia de San Fernando), i Duchi de Fernán Núñez (1803: Madrid, coll. del duca de Fernán Núñez), il Marchese de San Andrián (1804: conservato a Pamplona), Doña Isabel de Lobo de Porcel (1805: Londra, ng), Don Pantaleón Pérez de Nenin (Madrid, Banco Exterior), Ferdinando VII a cavallo (1808: Madrid, Academia de San Fernando), commissionato poco prima della rivolta spagnola contro gli eserciti napoleonici. È probabilmente in questo periodo (1803-1806) che dipinge per Godoy i due celebri quadri la Maja desnuda e la Maja vestida (Madrid, Prado).
Nel 1806 un fatto di cronaca offre a G l’occasione di manifestare il proprio interesse per il realismo popolare: la cattura del bandito Maragato da parte del monaco Zaldivia. In sei piccoli pannelli (Chicago, Art Inst.) l’evento, che allora riempí le cronache, viene rappresentato con vigore, secondo una successione di scene facilmente leggibili, quasi un annuncio del fumetto.
La guerra di liberazione
La rivolta contro l’occupazione francese, conseguenza della dissoluzione del vecchio regime e della rovina economica e politica della Spagna, non lasciò indifferente G. Tutto porta a ritenere che fosse tra gli spagnoli che si auguravano riforme profonde per il proprio paese. Ma la brutalità della soldatesca napoleonica e la crudeltà della guerra eliminarono ogni simpatia per i nuovi rappresentanti politici. Preso tra due posizioni che, per motivi diversi, detestava, G trascorse gli anni torbidi della guerra in situazione ambigua: ora sembra agire come afrancesado, ora come patriota in rivolta. Il suo interesse torna a volgersi all’incisione. Verso il 1810 lavora alla serie degli Orrori della guerra, violenta accusa contro il comportamento delle truppe francesi, e dopo il 1814 esegue due grandi quadri, il Due e il Tre di maggio (Madrid, Prado). La sua tavolozza muta allora di tono, dando sempre maggior posto ai bruni e ai neri, come attestano i ritratti del Generale Guye (New York, coll. priv.), del ministro Romero (Chicago, coll. priv.), del canonico Juan Antonio Llorente (conservato a San Paolo), dei suoi amici Silvela (Madrid, Prado). Ancor piú eloquenti i pochi quadri che G conservò presso di sé: il Colosso (ivi), il Lazarillo de Tormes (Madrid, coll. Maranon) i Fabbri (New York, Frick Coll.), le Majas al balcone (coll. priv. in Svizzera), le Giovani e le Vecchie (Lilla, mba). Tra il 1805 e il 1810 dovettero venir eseguite molte nature (l’inventario del 1812 ne menziona dodici), tra cui l’impressionante Testa di pecora (Parigi, Louvre).
Dopo la Restaurazione (1814-24)
Nel marzo 1814 il re Ferdinando VII rientra in Spagna. G può giustificare il proprio atteggiamento quanto basta per restare pintor de Cámara e per entrare nell’accademia. Nei suoi ritratti della famiglia reale (Madrid, Prado), come negli altri abbozzati subito dopo la Restaurazione (il Duca de San Carlos: conservato a Saragozza; il Vescovo di Marcopolis: Worcester Mass., am), alla gamma dominante dei toni scuri si aggiungono chiazze violente di colore, rosse, gialle e azzurre. A sessantanove anni, G dipinge due Autoritratti (Madrid, Academia de San Fernando e Prado), e nello stesso anno (1815) l’immensa tela della Giunta dei Filippini presieduta dal re (oggi a Castres). L’idea originale è tratta da Velázquez, ma la realizzazione è assolutamente personale e l’ambiente cupo del vasto salone è reso fedelmente.
Serie grafiche e le «pitture nere»
Nel 1816 G mette in vendita le trentatré incisioni della Tauromachia. La serie nasce come illustrazione di un testo storico sulle corride; ma ben presto l’artista mutò intenzione e anziché seguirne le fasi storiche, incise i propri ricordi delle corride, cui aveva assistito nella Plaza. È ancora all’opera per dei ritratti: del nipote Mariano (Madrid, coll. del duca d’Albuquerque), del Duca d’Osuna, figlio dei suoi protettori (oggi a Bayonne) e della Duchessa di Abrantés, sua sorella (Madrid, coll. priv.), nonché per una grande opera di soggetto religioso che suscitò molte discussioni, le Sante Giusta e Rufina (Siviglia, Cattedrale; schizzo a Madrid, Prado). A settantatré anni apprese la tecnica litografica, allora del tutto nuova (la Vecchia filatrice è datata 1819). Alla fine di agosto il piú importante quadro religioso di G, l’Ultima Comunione di san Giuseppe Colasanzio, era già collocato sull’altare della chiesa degli Scolopi di Madrid; in quest’opera emozionante e per niente convenzionale, la cupa atmosfera è dominata dalla veemente espressione di fede del santo morente. Ammalatosi di nuovo gravemente, G dipinge un autoritratto e un ritratto del medico Arrieta che lo curava (Minneapolis, Inst. of Arts), nonché altri ritratti di amici. Durante la convalescenza, come aveva fatto altre volte, incise ad acquaforte, arricchendo questa tecnica con complessi procedimenti, la straordinaria serie dei Disparates, o Proverbi, in cui la sua immaginazione riesce ad esprimere le visioni piú misteriose, e la fantasia si libera completamente. Se la loro eccezionale bellezza non cessa di impressionarci, ci sfugge il senso preciso della maggior parte dei fogli, la cui realizzazione è legata alla decorazione della casa dell’artista (1820-22). G aveva acquistato nel 1819 una casa di campagna in riva al Manzanarre, nei dintorni di Madrid, la famosa Quinta, e ne decorò due camere, il salone e la sala da pranzo. Si tratta dei quattordici «dipinti neri» (Madrid, Prado: lo stacco fu eseguito nel 1873). Rappresentano un mondo tenebroso, dove l’orrore è espresso in tutte le sue forme, segnato dal mito di Saturno, simbolo di distruzione. La sua compagna Leocadia Weiss, rappresentata all’ingresso vestita di nero, poggia i gomiti su una specie di tumulo dominato dalla balaustra di una tomba, evocando senza dubbio la scomparsa cui l’artista è di nuovo sfuggito. Le scene piú sorprendenti, di non facile interpretazione sono il Duello con il bastone, il Cane sepolto di cui emerge soltanto la testa da un paesaggio desertico, Due giovani donne che si burlano di un uomo. Tutto è reso con audacia e con una totale libertà di esecuzione, caratterizzata dall’impiego costante della spatola, che stende il colore a macchia, restituendo quest’universo allucinato da cui si scatenano laidezza, orrore e angoscia.
Bordeaux
Nel 1823 si ebbe una svolta nella politica spagnola, Ferdinando VII che aveva accettato la costituzione del 1820, ristabilí il potere reale, rafforzato dalla spedizione del duca d’Angoulême. I liberali vennero perseguitati; G si rifugiò presso un amico, il sacerdote don José de Duasso, di cui fece il ritratto (conservato a Siviglia), poi lasciò la Spagna. Vi fu probabilmente spinto da doña Leocadia Weiss, cugina della moglie e con cui viveva, il cui figlio, liberale convinto, cadde sotto i colpi della repressione. La famiglia Weiss lo seguí. G aveva chiesto un congedo, accordatogli il 2 maggio 1824, per recarsi alle acque di Plombières ma sembra che non vi sia mai andato; trascorse breve tempo a Bordeaux e in seguito si recò per due mesi (giugno-luglio 1824) a Parigi. Qui eseguí i ritratti dei suoi amici Ferrer, opere cupe, prive di ogni artificio (Roma, coll. priv.), e una corrida dal forte contrasto di colori (ivi). Tornato a Bordeaux, vi rimase, tranne qualche viaggio a Madrid, fino alla scomparsa. Esule volontario, chiese dapprima che gli venisse prolungato il permesso di soggiorno (1825), poi di ritirarsi con tutta la sua liquidazione e di essere autorizzato a vivere in Francia, cosa che il re gli concesse. Gli ultimi ritratti degli amici di G risalgono al periodo di Bordeaux: Fernández Moratín (Bilbao, mba), Galos (Merion Penn., Barnes Found.), Juan de Muguiro (Madrid, Prado), José Pio de Molina (Winterthur, coll. Oskar Reinhardt). Si dedicò anche a opere di piccolo formato dal colore brillante (Madrid, Prado; Oxford, Ashmolean Museum), di pasta assai densa, sul tema della corrida, e a una serie di litografie dello stesso soggetto, quattro delle quali costituiscono una celebre serie nota col nome di Tori di Bordeaux. Vanno pure segnalate le miniature su avorio, di cui G parla in una delle sue lettere a Ferrer, e di cui solo ventitré su una quarantina sono state identificate (Uomo che si spulcia: Los Angeles, coll. priv.; Maja e Celestino: Londra, coll. priv.). Ma il quadro piú importante di questi ultimi anni è la Lattaia di Bordeaux (Madrid, Prado); a conclusione di una lunga serie di studi di giovani popolane, rappresenta l’aspetto piú aggraziato e delicato dell’arte di G, e il vertice della sua bravura; la Monaca (Inghilterra, coll. priv.), eseguita piú o meno nello stesso momento, attesta invece una abbreviatura vigorosa della forma che annuncia l’espressionismo. G è rappresentato nei grandi musei di tutto il mondo, ma la maggior parte della sua opera è conservata a Madrid, in collezioni private e pubbliche, in particolare al Prado. (xdes).
I disegni di Goya
Sono circa un migliaio, eseguiti soprattutto dal 1796 in poi, e si dividono in due categorie: otto album indicati con le lettere da A ad H e i disegni preparatori per i quadri, poco numerosi, e soprattutto per le quattro grandi serie incise. Le tecniche impiegate, sia al tratto che acquerellate, sono l’inchiostro di china, la seppia, la pietra nera e la matita litografica (album di Bordeaux, G e H), la sanguigna. In genere i disegni sono accompagnati da legende di mano di G e dànno un’idea esatta della varietà del suo genio, ne riflettono la vita intimo (Album A, di Sanlúcar) e soprattutto le numerose osservazioni sulla vita del popolo spagnolo, le sue gioie, gli aspetti ridicoli, le distrazioni, le sventure nei periodi di crisi che hanno segnato il percorso dell’artista. Essi sono dispersi in tutto il mondo: il Prado conserva quasi totalmente l’album C. Alcuni fogli assai belli sono andati distrutti a Berlino nel 1945 (Uomo che tira una corda).