Branca della linguistica che studia il rapporto tra lingua e cultura dei popoli. L’attenzione dei linguisti fino all’inizio del Novecento era rivolta prevalentemente alle lingue indoeuropee. In una prospettiva evoluzionistica le società che le parlavano venivano poste alla sommità di un’ipotetica scala gerarchica e le lingue stesse riflettevano tale superiorità.
L’impostazione degli studi linguistici si modificò radicalmente a partire dai primi decenni del XX secolo con il lavoro degli antropologi Franz Boas e Bronislaw Malinowski. Secondo Malinowski, la lingua parlata acquisisce infatti un significato compiuto esclusivamente all’interno del contesto culturale cui appartiene. Boas, che sosteneva la necessità di apprendere le lingue delle popolazioni oggetto di studio, rifiutò di classificarle come più o meno evolute in base alla loro struttura, ma pose l’accento sulla funzione che esse rivestono.
INTERRELAZIONE TRA LINGUA E CULTURA
Se per Boas il linguaggio è il modo principale attraverso il quale si esprime una cultura, gli studi di Edward Sapir e Benjamin Lee Whorf modificarono ulteriormente questo concetto affermando che la lingua stessa può influenzare la cultura di una società. Il linguaggio è un modo per descrivere la realtà, ma è attraverso di esso che si esercita la capacità di percepirla. Tramite la lingua viene organizzato e concretizzato ogni pensiero e pertanto le differenze linguistiche tra le varie società sono il riflesso di differenti logiche interpretative della realtà (ipotesi Sapir-Whorf).
Tra antropologia e psicologia
Nel frattempo anche la linguistica si stava orientando verso un approccio non più solo storico-comparativo. La linguistica strutturale, sviluppatasi in Europa a partire dagli studi di Ferdinand de Saussure, fornì nuovi strumenti anche agli studi antropologici. Un’applicazione dei metodi di indagine linguistica all’antropologia si ebbe ad esempio con Claude Lévi-Strauss, che se ne servì per analizzare alcuni fenomeni culturali, quali le relazioni di parentela. L’imporsi della semantica, come studio specifico del significato, apriva inoltre l’indagine ai processi mentali, ai meccanismi di percezione e ai rapporti con l’inconscio che sono alla base del sistema dei segni. In America gli studi proseguirono utilizzando gli strumenti della grammatica generativo-trasformazionale proposta da Noam Chomsky e approdarono alla conclusione che ogni lingua, indipendentemente dalla sua articolazione sintattica, è caratterizzata da strutture universali (universali semantici) che le consentono di esprimere qualsiasi contenuto.
In Italia lo sviluppo dell’etnolinguistica è dovuto principalmente agli studi di Giorgio Raimondo Cardona (1943-1988), pubblicati negli anni Settanta e Ottanta. L’analisi dei rapporti che intercorrono fra lingua e cultura interessa oggi studiosi di diversa provenienza e i confini dell’etnolinguistica sfumano spesso in quelli della sociolinguistica, della dialettologia e dell’antropologia cognitiva.