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El Greco è lo pseudonimo di Domenikos Theotokopoulos.
I suoi primi anni a Creta e la sua formazione veneziana non sono ancora chiari. In base a documenti recentemente pubblicati, l’artista nacque nella capitale della Creta veneziana da famiglia probabilmente cattolica, di piccola borghesia urbana: esattori d’imposte, doganieri (il fratello maggiore Manussos, destituito per malversazione, terminerà la sua vita presso di lui a Toledo). Nel 1566 è menzionato a Candia come maestro pittore.
Periodo italiano
Non si sa se lavorasse a Venezia già prima di questa data: in ogni caso, il suo soggiorno veneziano fu meno lungo di quanto un tempo si pensasse. Nel 1570 si recò a Roma: il «giovane Candiota, allievo di Tiziano» che il miniaturista croato Giulio Clovio raccomandava al cardinal Alessandro Farnese, figura nel 1572 nei registri dell’Accademia di San Luca. Nell’ambiente umanistico che frequentava la biblioteca di palazzo Farnese egli entrò in rapporto con ecclesiastici spagnoli, in particolare Pedro Chacón, canonico della cattedrale di Toledo. La costruzione d’importanti conventi e il vasto cantiere dell’Escorial lo attirarono verso la potente Spagna. Nella primavera del 1577 giunse a Toledo, dove restò fino alla scomparsa. Il periodo italiano di E G, a lungo trascurato, ha suscitato da piú di mezzo secolo l’attenzione degli storici; e numerosi dipinti, nei quali si nota il connubio tra influssi bizantini e veneziani, sono stati assegnati al suo nome. Nessuna di tali attribuzioni è indiscussa, neppure quelle del polittico ritrovato a Modena (Gall. Estense) e firmato «Domenikos», ove il bizantinismo resta preponderante, e del San Francesco con le stigmate (Ginevra, coll. priv.; e Napoli, Istituto Suor Orsola Benincasa), che accordano ampio posto al paesaggio, di tradizione veneziana, ma trattato in modo nervoso e tormentato. Nelle opere di stile puramente veneziano, come la Guarigione del cieco (Parma, gn; e Dresda, gg) o il Cristo che scaccia i mercanti dal Tempio (Washington, ng e Minneapolis, Inst. of Arts), la concezione dello spazio deriva soprattutto da Tintoretto, e la ricchezza cangiante dei colori dalla tavolozza di Tiziano. La tela piú compiuta di questo periodo è forse l’Annunciazione (1575 ca.: Madrid, Prado), dipinta in una gamma tutta veneziana. Il suo soggiorno romano ebbe sulla sua opera influsso assai minore rispetto a quello degli anni di studio a Venezia; il ricordo dell’antichità classica, l’arte di Michelangelo e dei manieristi saranno avvertibili nella Pietà della coll. Johnson (Filadelfia, am) e in quella della Hispanic Society di New York, nonché nei suoi dipinti successivi (reminiscenze dell’Ercole Farnese e del Laocoonte, composizione piramidale, figure allungate rispetto al canone). Ma, anche in questo caso, E G deve piú a Tiziano che ad ogni altro maestro. Nel Giovinetto che accende una candela (1570 ca.: Napoli, Capodimonte) impiega una fonte di luce artificiale, ispirandosi alla Natività di Tiziano (Firenze, Pitti) e aprendo la strada alle ricerche luministiche della fine del secolo. Durante il soggiorno in Italia eseguí numerosi ritratti vicini a quelli veneziani: Giulio Clovio (Napoli, Capodimonte), G. B. Porta (Copenhagen, smfk), il Governatore di Malta Vincentio Anastagi (New York, Frick Coll.) sono rappresentati con una fedeltà minuziosa al modello, il che non esclude l’ampiezza della composizione.
Periodo spagnolo
Poco conosciuto in Italia, l’artista si affermò a Toledo con la trionfale Assunzione destinata all’altar maggiore del convento di San Domingo el Antiguo (1577: Chicago, Art Inst.). In essa permane la ricchezza veneziana del colore, e la composizione rivela l’influenza dell’Assunta dei Frari di Tiziano, ma suggestioni manieriste si manifestano nell’assenza di profondità e nelle pose movimentate. La Trinità (Madrid, Prado), che costituiva la cimasa della pala, è unica nella produzione di E G per il suo carattere scultoreo, direttamente ispirato a Michelangelo. Nella Resurrezione compare un nuovo E G, drammatico e misterioso. L’artista compone allora l’Espolio (Cristo spogliato della tunica, 1577-79: Toledo, Cattedrale) una delle sue creazioni piú originali: i sapienti effetti di scorcio provano l’assimilazione delle lezioni del Rinascimento italiano, ma la formula iconografica è d’origine bizantina, e l’intensità del colore, con l’ossessiva chiazza scarlatta della tunica di Cristo, suscita un’emozione profonda. In questo dipinto compare inoltre un tipo femminile caro a E G – lungo viso affilato, grandi occhi tristi – il cui modello fu forse la toledana Jeronima de Las Cuevas, moglie (o amante) del pittore. Elementi medievali, trasfigurati dall’immaginazione visionaria dell’artista, ricompaiono anche nell’Allegoria della Lega Santa (o Trionfo del nome di Gesú: Escorial). Tale composizione, un tempo denominata il Sogno di Filippo II, sembra sia stata dipinta per il re nel 1578, in occasione della scomparsa del fratellastro don Giovanni d’Austria, il vincitore di Lepanto. Il Martirio di san Maurizio (1582: Escorial), anch’esso eseguito per Filippo II, non incontrò il favore del monarca e dei religiosi – senza dubbio per il suo irrealismo e per i colori aspri – ed E G cessò di lavorare per la corte. Si dedicò allora soprattutto a «quadri devoti» cari alla religiosità spagnola: San Francesco che riceve le stigmate (Madrid, coll. del marchese de Pidal), Cristo in croce. La Crocifissione con due donatori (Parigi, Louvre) preannuncia il capolavoro del maestro, il Seppellimento del conte d’Orgaz (1586: Toledo, San Tomé). Questa composizione per vetrata, austera e sontuosa, che associa tutta la corte celeste alla rappresentazione d’una cerimonia funebre, dà come una sintesi di quella società toledana – chierici, giuristi, capitani – che adottò il pittore e nelle sue tele si riconobbe.
Meglio di qualsiasi artista spagnolo E G espresse, in una serie di ritratti, la gravità solenne dei nobili castigliani: il Cavaliere con la mano sul petto (Madrid, Prado), l’umanista Covarrubias (Parigi, Louvre), il Capitano Julian Romero de Las Hazanas (Madrid, Prado), trattati in bianco e nero in forma classica, austera ed esatta. Il cardinai Niño de Guevara (New York, mma) unisce l’osservazione psicologica alla solenne rappresentazione del grande inquisitore. Durante gli ultimi trent’anni del suo soggiorno toledano, E G creò una nuova iconografia, conforme alle prescrizioni del concilio di Trento: santi penitenti, scene della Passione e della Sacra Famiglia sono i temi replicati dall’artista o dalla sua bottega. La profondità dell’emozione religiosa, la fedeltà all’aspetto fisico e il calore della gamma cromatica (rossi scuri, gialli dorati) caratterizzano il Cristo che porta la croce (Madrid, Prado; New York, mma), la Maddalena pentita (Budapest, Sitges, Cau Ferrat), le Lacrime di san Pietro (Toledo, Ospedale Tavera). La Sacra Famiglia (Madrid, Prado; Toledo, Ospedale Tavera; e Santa Cruz) è una delle sue creazioni piú felici, per la grazia dolorosa e la splendente freschezza del colore.
Gli ultimi anni Dal 1595 ca. l’artista si allontana sempre piú dalla rappresentazione della realtà per trasporre sulla tela la ricchezza estatica del suo mondo interiore. I corpi si allungano e perdono la loro carnale pesantezza, sempre piú simili alla fiamma che talvolta illumina il quadro. Quest’evoluzione è sorprendente nelle opere dipinte tra il 1596 e il 1600 per il collegio di Santa Maria de Aragon a Madrid (Annunciazione: Villanueva y Geltrú, Museo Balaguer; Adorazione dei pastori: ora a Bucarest; Battesimo di Cristo: Madrid, Prado). L’accentuazione delle verticali raggiunge il parossismo nella decorazione della Cappella di san Giuseppe a Toledo (1599), di cui restano in loco solo i quadri dell’altar maggiore (San Giuseppe e il Bambino Gesú, l’Incoronazione della Vergine), e da cui proviene San Martino e il povero (1599: Washington, ng). Il paesaggio di Toledo sotto un cielo tempestoso che occupa il fondo del quadro è amplificato nella celebre Veduta di Toledo (New York, mma). I temi trattati da E G all’inizio della sua carriera vengono talvolta ripresi – Adorazione dei pastori, Resurrezione (Madrid, Prado) – ma in un clima d’angoscia e di tensione verso il trascendente. I toni freddi, la pallida luce, i corpi immateriali e i volti emaciati caratterizzano le cinque tele dipinte per l’Ospedale della Carità a Illescas presso Toledo (1603-1605): Sant’Ildefonso mentre scrive e la Madonna della misericordia traspongono i temi medievali in un mondo estatico.
Durante gli ultimi anni E G continuò a tradurre sulla tela le sue visioni, i suoi sogni e le sue aspirazioni, mentre la sua bottega (nella quale figura il figlio Jorge Manuel) eseguiva numerose repliche dei temi piú cari alla devozione spagnola: serie di Apostoli, figure di santi (Toledo, Cattedrale e Museo del Greco). L’anatomia tormentata, le deformazioni marcate, l’estremo allungamento rispetto al canone, il tocco ampio e i vasti drappeggi, come l’autunnale splendore del colore, vengono portati all’estremo nell’Assunzione dipinta dopo il 1607 per la chiesa di San Vicente e oggi in museo a Toledo. L’esaltazione raggiunge il parossismo nel Quinto sigillo dell’Apocalisse (New York, mma), assai vicino al Laocoonte (Washington, ng), unico tema mitologico che E G abbia trattato. La Veduta di Toledo (Toledo, Museo del Greco) dimostra la straordinaria sicurezza del pennello del maestro poco prima della sua scomparsa. L’ultima opera, rimasta incompiuta, venne dipinta per l’Ospedale Tavera di Toledo: Battesimo di Cristo. Per tutta la sua carriera, l’immaginazione creativa di E G uní e rielaborò i vari elementi di cui s’era nutrita: l’eredità cretese, le lezioni del Rinascimento italiano e l’atmosfera di Toledo. Dimenticato fino al XIX sec., riscoperto dalla «generazione del ’98» in Spagna e rivelato al pubblico francese da Maurice Barrès (Greco ou le Secret de Tolède, 1910), E G venne considerato artista solitario, stravagante e geniale. La critica contemporanea cerca di determinare le componenti di quest’alchimia pittorica che conferisce all’allungamento delle proporzioni – tratto comune a tutti i manieristi – un valore mistico di aspirazione al trascendente. E G trasse modelli e ispirazione per la sua arte dalla tradizione artistica dei luoghi in cui lavorò, Venezia e Toledo; tuttavia il suo stile fu originale e non ebbe veri continuatori (il migliore dei suoi seguaci, Luis Tristán, aderí presto al tenebrismo caravaggesco). La sua influenza sarà importante per Velázquez, che ne ammirò molto le opere.