Nacque nell’isola di Paro; un’indicazione cronologica sicura è data dall’eclisse solare del 648, a cui egli allude nel frammento 74. Fu soldato mercenario e visse a Taso e a Nasso, dove, secondo la tradizione, sarebbe scomparso combattendo.
La poesia di Archiloco, come la maggior parte della lirica arcaica, era destinata a una fruizione limitata, costituita da un ristretto gruppo di amici o al massimo da una piccola comunità. Il suo stile, seppure linguisticamente dipendente dalla tradizione omerica, si caratterizza per l’immediatezza e l’utilizzo di immagini dal realismo potente ed espressivo.
La sua poesia presenta una grande varietà metrica (elegie, giambi, epodi). Ci restano ca 140 frammenti; numerose e importanti (anche se controverse) sono le acquisizioni recenti. Lo stesso A. si presenta, nel frammento 1, come uomo di guerra, oltre che poeta, irruente e impetuoso, in aperto contrasto con i valori tradizionali della società aristocratica. A. racconta con spavalderia (frammento 6) di aver dovuto abbandonare lo scudo in battaglia; in altri frammenti, ironizza sulla boria dei comandanti e la vanità della gloria dopo la scomparsa.
Accanto al tema della guerra vi è il tema dell’amore, sentito soprattutto come sofferenza e malattia, come dolore sofferto virilmente: tipico, in questo senso, il frammento 67, in cui il poeta apostrofa il proprio cuore «sconvolto da affanni senza scampo» e lo esorta a difendersi dagli avversari «opponendo di fronte il petto».
L’amore è per Archiloco esplosione di forte passionalità: non raro è il ricorso a immagini molto esplicite, quasi oscene, nella descrizione di scene erotiche. La donna di nome Neobule, più volte menzionata nelle sue poesie, è forse quella da lui amata e il padre di lei, Licambe, ostile a questo amore, è più volte oggetto delle invettive di Archiloco; non è da escludere, però, che si tratti di una situazione del tutto fittizia, o addirittura modellata su personaggi oggetto di narrazioni o rappresentazioni popolari.
Ma la sua fama, soprattutto presso gli antichi, resta legata all’uso del giambo, cioè a un tipo di poesia fortemente polemica e aggressiva, di cui anche Orazio sarà, negli Epodi, un imitatore.