Scuola poetica o tendenza di gusto che prende il nome da G. B. Marino.
Un tempo, nella nozione di marinismo veniva inglobato tutto il secentismo o barocco letterario, distinguendo da esso, in funzione positiva, l’antimarinismo di F. Testi e di G. Chiabrera o la composta prosa scientifica dei galileiani. Ma una recente e più equa revisione della cultura secentesca ha portato a una dilatazione del concetto di barocco e al conseguente riconoscimento di motivi barocchi anche nell’opera dei cosiddetti antimarinisti (basti pensare al gusto dei concetti e delle metafore di uno dei più feroci detrattori di Marino, Tommaso Stigliani). In questa prospettiva, il m. si configura come una delle espressioni (sia pure la più vistosa) del secentismo, e tende a evidenziare l’influsso grandissimo che Marino esercitò su una vasta schiera di letterati del sec. XVII: da A. Muscettola a G. Lubrano, da G. Preti a Ciro di Pers, da C. Achillini a F. Meninni.
Non si può parlare, per questi scrittori, di una vera e propria scuola poetica: è necessario tener conto fra l’altro delle loro differenti estrazioni geografiche, tanto più che i rapporti e la circolazione culturale fra le diverse città italiane erano divenuti sempre più radi. Si tratta piuttosto di una libera e autonoma variazione della proposta mariniana, la quale non si esauriva nella cosiddetta poetica della «meraviglia», cioè nella programmatica volontà di stupire il lettore con la stravaganza delle metafore e delle acutezze, ma costituiva un invito a sperimentare nuove forme del linguaggio e della metrica, dando un rilievo preminente alla metafora intesa come congegno verbale capace di esprimere il senso di instabilità e di fluidità proprio della visione barocca della vita. Nacque così un nuovo repertorio di immagini e situazioni poetiche, tutte di sapore fortemente emblematico: descrizione analitica di aspetti e oggetti della realtà; sostituzione di una tipologia variatissima della donna all’astratto modello petrarchesco della femminilità; insistenza sul tema elegiaco e lugubre della fugacità della vita e della costante minaccia della morte. Spesso l’impulso innovatore si risolve in virtuosismo stilistico: ma sarebbe ingiusto negare al m. la funzione storica di rottura col petrarchismo accademico e di avvio a nuove forme di espressione.