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Le prime opere della letteratura giapponese risalgono al Periodo Nara e appartengono al genere storiografico, si tratta di testi che cercano di spiegare le origini del Giappone, talvolta ricorrendo alla mitologia.
Le opere più significative sono il Kojiki scritto da O no Yasumaro in giapponese nel 712 e il Nihonshoki, concluso nel 720, primo dei sei libri che andranno a comporre i Rikkokushi, scritti in cinese, considerata la lingua per gli scritti ufficiali.
Il Kojiki analizza la storia del Giappone partendo dall’origine mitologica delle varie isole dell’arcipelago da parte degli dei Izanami e Izanagi per arrivare fino al 628.
Il Nihonshoki parte dal le origini per arrivare fino al 697 e cerca di affermare la superiorità del clan Yamato, testimonia il predominio della cultura cinese ed è rivolto non solo al Giappone, ma anche all’esterno, inoltre contiene maggiori precisazioni storiche e meno mitologia, secondo la lezione delle opere annalistiche cinesi.
Stesura del Kojiki
Il Kojiki venne probabilmente compilato da O no Yasumaro, un nobile di corte, che scrisse l’opera su ordine dell’imperatore Tenmu, prima, e di sua nipote la regina Genmei, poi, il cui trono nel 712 venne conclusa.
Tenmu affida a Yasumaro il compito di correggere i testi da tramandare ai posteri con l’ausilio delle grandi capacitò mnemoniche di Aro, un altro cortigiano, che avrebbe studiato i testi cinesi per imparare a recitarli con l’esatta pronuncia giapponese.
A Yasumaru quindi sarebbe spettato il compito di redigere l’opera correggendola nell’ambito di una revisione storiografica ad opera di una dozzina di nobili incaricati da Tenmu nel 681 di risistemare annali dinastici e testi antichi.
Un’altra possibilità è che Tenmu stesso si sia dedicato a correggere i testi con l’aiuto di Are per i passi di difficile lettura.
Ad ogni modo si sa che la stesura del Kojiki fu interrotta nel 686, con la scomparsa di Tenmu, e ripresa solo nel 711 per volere della regina Genmei, secondo alcuni allo scopo di accompagnare altri due eventi importanti: la scoperta di un giacimento di rame (708) e lo spostamento della capitale a Nara (710); secondo altri per commemorare il regno di Tenmu, in cui il sovrano aveva un potere aassoluto.
La lingua
Il Kojiki è la prima opera redatta in lingua giapponese cercando di adattare il sistema di scrittura ideografica cinese alla lingua parlata, con la conseguente difficoltà di far convivere nel testo significato e pronuncia.
Nell’VIII secolo, infatti, per la scrittura si utilizzavano i soli caratteri cinesi che potevano essere adoperati o per il loro valore fonetico o per il loro valore semantico.
Utilizzando i caratteri unicamente per il loro valore semantico, quindi usando un ideogramma per ogni sillaba, il testo si allungherebbe a dismisura, mentre, utilizzando i caratteri per il solo valore semantico, non sarebbe possibile la lettura in lingua giapponese.
Lo stesso Yasumaro si pone il problema nella prefazione al Kojiki:
Nei tempi antichi farsi intendere parlando era semplice. Come mettere le parole per iscritto resta un dilemma. Se i caratteri li si usa per quello che significano, nel narrare, i vocaboli non toccano le nostre corde più intime, ma se li si asserve tutti alle sonorità della lingua il testo si fa troppo lungo. Per cui ho scelto talora di mescolare nella stessa frase caratteri usati per quello che significano con caratteri usati per esprimere i suoni, talora di scrivere soltanto con caratteri usati per quello che significano. Le parole difficili le ho chiarite in note ma non ho aggiunto spiegazioni dove il senso è facile da capire.
La soluzione da lui proposta consiste nel mescolare i caratteri semantici con caratteri fonetici, detti man’yōgana, in modo da consentire al lettore di capirne il senso, ma anche la pronuncia, grazie anche all’ausilio delle note dell’autore.
Ad ogni modo è difficile interpretare oggi in modo del tutto certo il testo poiché nelle parti in prosa si è preferito il valore semantico, togliendo spazio alla pronuncia, mentre nelle parti in versi si è preferito il valore semantico, compromettendo la comprensibilità.
La doppia origine documentaria
Una delle caratteristiche del Kojiki è la doppia origine documentaria in esso, infatti, convivono:
- fonti orali e aneddotiche riscontrabili nell’alternarsi di prosa e canzoni popolari con caratteristiche fantasiose e nella ripetizione ritmica di alcune espressioni tipica della tradizione orale per la facilitazione della memorizzazione;
- fonti scritte genealogiche rintracciabili nei lunghi elenchi di nomi e nell’utilizzo di svariati epiteti per identificare sovrani e divinità, ripresi dagli annali dei sovrani, detti honji.
Trama del Kojiki
Il Kojiki è diviso in tre maki, rotoli di seta o carta utilizzati come libri.
Il primo maki è dedicato all’età degli dei e descrive l’origine mitica dell’arcipelago giapponese, le cui isole sarebbero nate dall’unione tra le divinità Izanami e Izanagi.
Le due divinità unendosi danno vita a una moltitudine di isole fino a quando Izanami scompare nel partorire il signore del fuoco, Izanagi cerca di riportarla con sé, ma dopo averla vista, infrangendo il tabù della separazione, finisce per abbandonare l’impresa suscitando l’ira della dea e dividendo per sempre i due mondi.
Dalle abluzioni di Izanagi al ritorno nascono Amaterasu, Tsukiyomi e Susanowo le tre divinità a cui verranno affidati rispettivamente i regni dell’alto cielo, della notte e le distese dei mari. Susanowo insoddisfatto del suo regno ingaggerà una lotta con Amaterasu quest’ultima dopo un primo tentativo di nascondersi riesce ad avere la meglio e viene riconosciuta come antenata del clan Yamato.
Il secondo maki si concentra sui primi quindici sovrani leggendari, che regnano dal 660a.C. al 310d.C. e in particolare sulla figura di Yamato il rude.
Infine nel terzo maki scompaiono i miti e le leggende e si passa alla realtà storica col racconto delle vicende che coinvolgono gli imperatori da Nitoku a Suiko.
Gli elementi shintoisti nel Kojiki
La creazione da parte delle divinità shintoiste, descritta all’inizio del Kojiki, avviene, come nella Bibbia, con un atto di separazione, prima fra cielo e terra poi fra maschio e femmina. Il momento della separazione del cielo e della terra è raccontato anche nel Nihonshoki, dove vengono paragonati al tuorlo e all’albume in uovo.
Subito dopo attraverso l’unione delle divinità Izagi e Izanami vengono generate le varie isole dell’arcipelago e a tal proposito è interessante notare come la cosmogonia del Kojiki si limiti a spiegare l’origine del Giappone e non quella del mondo intero.
Ci fu un tempo confuso in cui qualcosa iniziò a prendere una consistenza, ma ancora così indistinta, anonima, e inerte, che nessuno potrebbe descriverla. Poi il cielo e la terra si cominciarono a separare e primi a generarsi furono tre esseri misteriosi. Apparve la distinzione fra femmina e maschio e una sacra coppia generò una moltitudine di creature. Dopo la visita al regno invisibile il sole e la luna spuntarono dal lavacro degli occhi e vari esseri sacri spuntarono da abluzioni nell’acqua del mare. Le primissime origini rimangono dunque oscure ma insegnamenti antichi ci parlano di quando nacquero terre e isole e i sapienti del passato ci illuminano sulla nascita degli esseri sommi e degli uomini.
A un certo punto Izanami partorisce il signore del fuoco e nel farlo finisce per morire, il compagno Izanagi però non riesce ad accettare la sua scomparsa e la insegue.
Raggiunta Izanami infrange il divieto di non guardarla e scopre sul suo corpo i segni della decomposizione, rompendo l’ordine prestabilito e dopo uno scontro fra le due divinità i due regni vengono definitivamente separati.
Il primo gesto compiuto da Izanagi al ritorno è la purificazione tramite le abluzioni. La mancanza di una capitale stabile in Giappone prima del periodo Nara del resto era dovuta alla credenza scintoista per cui il luogo dove era scomparso un imperatore era da considerarsi impuro.
L’eroe romantico
A livello letterario il Kojiki è importante perché introduce alcuni topos della letteratura giapponese come il doppio suicidio commesso da amanti, l’amore incestuoso tra fratello e sorella, la presenza di magie e incantesimi e l’utilizzo di ironia e sarcasmo.
Particolarmente interessante dal punto di vista letterario è poi la figura di Yamato il rude, rappresentante dell’eroe romantico, ben diverso dagli eroi epici occidentali.
A differenza del classico eroe non ottiene la vittoria anzi alla fine scompare ma è propria la sua scomparsa a suscitare la simpatia e la compassione del lettore.
Inoltre in occasione della scoomparsa della moglie il rude Yamato, dimostratosi crudelissimo, si trasforma in poeta e recita commosso il primo di renga uta, una sorta di poesia a catena composta da più personaggi che aggiungono un certo numero di versi sullo stesso tema.
Nibari e tsukuha
Le ho lasciateho lasciate alle spalle
Quante notti avrò dormito?Passa il tempo
Nove notti
E dieci gironi.
Alla parola si dava una grande importanza perché considerata dotata di poteri evocativi, secondo il concetto di kotodama, che considerava la lingua indigena, quella giapponese, provvista di una forza magico-sacrale che la rendeva unica e più adatta a descrivere gli stai d’animo. In questo caso l’inquietudine di Yamato per il sacrifico della sposa, dimostrata dal triplice triste grido lanciato dall’eroe dalle alture di una montagna.
Analisi critiche del Kojiki
Uno dei più grandi critici e commentatori del Kojiki fu Motoori Norinaga (1730-1801) che scrisse il Kojikiden, un commento filologico, man anche letterario, filosofico e religioso sul Kojiki.
Al Kojiki viene data una particolare importanza perché esprime un ricco patrimonio mitologico autoctono, privo dell’influenza cinese.