Fece il suo apprendistato pittorico ad Anversa, prima forse presso Tobias Verhaecht, poi con Adam van Noort e Otto van Veen. Nel 1598 venne iscritto come maestro alla corporazione dei pittori della gilda della città. Nel maggio del 1600 partì per l’Italia; fu assunto come pittore alla corte di Mantova presso il duca Vincenzo I Gonzaga, conservando tale carica fino alla fine del suo soggiorno italiano. Nel 1601 venne inviato a Roma allo scopo di copiare quadri per il suo protettore. Durante questo primo soggiorno romano (1601-602) esegue per la cappella di Sant’Elena della Basilica di Santa Croce in Gerusalemme il Trionfo di sant’Elena, l’Incoronazione di spine e l’Innalzamento della croce. Le opere, che accanto alla cultura d’origine riflettono già sia l’attenzione per la pittura veneta del Cinquecento (Tiziano e Tintoretto) sia quella per il romano ‘stile dei cavalieri’ (Roncalli), si trovano adesso nella Cattedrale di Grasse (l’Innalzamento della croce è una copia, poiché l’originale è andato perduto per l’umidità nel Seicento. Viene assegnato al medesimo soggiorno il Compianto sul corpo di Cristo della Galleria Borghese e il Martirio di san Sebastiano di Palazzo Corsini.
Nel 1603, il duca Gonzaga lo inviò in missione presso il re di Spagna. Tornato a Mantova all’inizio del 1604, R vi restò fino al 1605, anno in cui torna a Roma, soggiornando presso il fratello Filippo e mettendo mano alla decorazione dell’abside di Santa Maria in Vallicella (chiesa Nuova), terminata alla fine del 1607. Ma la prima versione (ora al Museo di Grenoble), nella quale erano riuniti in un unico dipinto la Madonna e i cinque santi, fu rifiutata, cosicché R esegue, l’anno seguente, su ardesia, i tre dipinti tuttora nella chiesa (la Vergine in gloria adorata dagli angeli, i Santi Gregorio, Mauro e Papiano, i Santi Domitilla, Nereo e Achilleo). Questo secondo soggiorno romano fu interrotto nel 1606 da un viaggio a Genova.
Sempre a Roma, nel 1608, venne a conoscenza della malattia della madre e decise bruscamente di tornare ad Anversa, ove giunse peraltro troppo tardi. Il soggiorno in Italia fu di grandissima rilevanza sia per R che per la cultura pittorica dei luoghi nei quali (o per i quali) fu attivo: da Roma a Genova e a Mantova. Studiò i Veneti del Cinquecento (Tiziano, Veronese, Tintoretto, i Bassano) ma anche il rinascimento fiorentino (si conservano i suoi disegni da Leonardo, Raffaello e Michelangelo). Fella sua attenzione per il Merisi è ulteriore documento la Deposizione (Ottawa, ng), che piú che una copia dal quadro della pv ne costituisce un’interpretazione già barocca. R elimina la figura femminile con le mani levate, gonfia i panneggi e fa ruotare i personaggi nello spazio, enfatizzando chiaroscuro ed espressioni. L’intera sua opera, che presenta continui riferimenti all’antico, gli artisti del Cinquecento e del Seicento (oltre a quelli già nominati, i Carracci ma anche Roncalli, Correggio e Barocci), fu sicuramente un tramite per la diffusione della cultura pittorica italiana nei Paesi Bassi (va ricordato però che egli fu, a Roma, anche uno dei rari estimatori di Elsheimer, del quale acquistò opere che recò con sé in patria).
Del «trittico» realizzato a Mantova entro il 1605 per la chiesa dei Gesuiti, solo la tela con La famiglia Gonzaga in adorazione della Trinità è rimasta in loco (nel Palazzo Ducale, priva di alcune parti) ; il Battesimo di Cristo è ad Anversa (Koniklijk Museum voor Schone Kunsten) e la Trasfigurazione a Nancy (mba). A Genova resta nella chiesa del Gesú la Circoncisione (1604-605; il quadro con i Miracoli di sant’Ignazio fu inviato da Anversa nel 1620); R vi lasciò splendidi ritratti di esponenti della nobiltà cittadina (Brigida Spinola Doria, 1606: Washington, ng; Giovan Carlo Doria a cavallo: Genova, gn di Palazzo Spinola,ecc.). Per gli oratoriani di Fermo esegui l’Adorazione dei pastori (1608: Fermo, pc). Tutte queste opere, decisamente piú evolute e innovative rispetto alle prime (le tele per Santa Croce in Gerusalemme, ora a Grasse), risultarono determinanti nell’elaborazione della cultura figurativa del barocco (da Bernini a Pietro da Cortona e al Gaulli) a Roma, a Genova e in altri centri italiani. Bellori, che di R scrisse la biografia, ne esaltò l’elevato rango sociale conseguito per mezzo dell’esercizio dell’arte.
Fin dal ritorno in patria – dove Jan Bruegel dei Velluti lo fece accogliere nella Confraternita dei ‘Romanisti’ – R ebbe il sostegno di due potenti protettori: Nicolas Rockox, scabino e piú volte borgomastro della città di Anversa, e l’arciduca Alberto, governatore dei Paesi Bassi meridionali.
Alla fine del 1609 sposò Isabella Brant, figlia dell’avvocato Jan Brant (Rubens e Isabella Brant, 1609-10: Monaco, ap; Isabella Brant: Washington, ng). Nel 1611 si comperò una casa borghese cui aggiunse uno studio. Nel cortile di tale dimora, che è oggi la casa R ad Anversa, fece erigege un portico e, in fondo al giardino, un piccolo padiglione. Tra il 1625 e il 1630 prese parte a due missioni diplomatiche per la conclusione della pace tra Inghilterra e Spagna. Poco dopo assolveva a consimili compiti per la governatrice dei Paesi Bassi meridionali presso gli Stati Generali d’Olanda, fino al 1633. La sua attività diplomatica gli valse il titolo nobiliare, da parte sia del re di Spagna che del re d’Inghilterra. Nel 1630 sposò Hélène Fourment, che aveva sedici anni ed era figlia minore di Daniel Fourment, ricco mercante di arazzi (tra i numerosi ritratti di Hélène Fourment si distinguono quelli della Fondazione Gulbenkian di Lisbona, dell’ap di Monaco, del km di Vienna e del Louvre; Suzanne Fourment, sorella di Hélène, è il modello del famoso Cappello di paglia della ng di Londra).
Gli ultimi dieci anni furono assai felici. Ricco, giunto al culmine dell’arte e della gloria, circondato da una sposa giovane e bella e da una numerosa famiglia, R visse il sogno esaltante che raccolse nei suoi dipinti. Nel 1627 aveva acquistato una casa di campagna ad Ekeren e, nel 1635, aveva comperato la tenuta dello Steen a Elewyt, dove trascorreva l’estate. Anversa, che nel sec. XVI era stata un centro commerciale internazionale, perdette tutta la sua prosperità in seguito alla chiusura dell’Escaut.
Al momento in cui esplose il genio di R, era appena terminata una lunga fase di torbidi interni; ma la minaccia della guerra non era completamente scongiurata. In contrasto con tali circostanze sfavorevoli e con lo scarso vigore della vita artistica allora vigente, R diede prova di una fecondità e di una vitalità esuberanti. Con la sola forza magnetica del suo genio, seppe creare un ambiente proprio alla fioritura di talenti notevoli quali quello di van Dyck, di Jordaens e di tanti altri. E se non costituì una scuola nel senso vero e proprio della parola, esercitò comunque una tale influenza che la sua tecnica e il suo stile divennero patrimonio di quasi tutti i pittori fiamminghi contemporanei che si dedicassero a grandi composizioni.
Egli è l’incontestabile creatore del barocco fiammingo e del clima artistico della scuola di Anversa; ma lo sviluppo del movimento venne stimolato dalla Controriforma, che introdusse il fasto nella liturgia e che fece aumentare gli incarichi conferiti dalle chiese, com’era d’altronde necessario a causa delle perdite dovute alle lotte di religione. Per la potenza e l’originalità del suo linguaggio, R, poco dopo il ritorno dall’Italia, s’impose come capofila della scuola di Anversa.
Quasi tutti i pittori fiamminghi del suo ambiente gli devono molto; e alcuni di loro ne furono allievi (van Dyck, Jordaens, Snyders, van Thulden) o ne furono in qualche momento i collaboratori (Bruegel dei Velluti). Il ruolo della bottega, d’altro canto, non va né esagerato, né minimizzato o ignorato. È certo che in numerosi grandi dipinti R si fece aiutare dagli allievi, soprattutto tra il 1610 e il 1620. Anche per le decorazioni di complessi dovette fare appello a collaboratori; questi ultimi erano spesso, però, artisti indipendenti che operavano in base ai suoi schizzi. Nondimeno, le piú importanti tra le grandi composizioni sono interamente di sua mano. E se la produzione è enorme, essa è in primo luogo il frutto della sua feconda immaginazione, della sua incomparabile rapidità e sicurezza esecutiva, e del suo ispirato ardore di grande creatore.
L’opera di R è sterminata; è difficile fissarne il catalogo completo, tanto piú che i suoi allievi, collaboratori e colleghi si sono a tal punto ispirati alla sua maniera che non è sempre facile distinguere che cosa sia del maestro e che cosa dei suoi seguaci. Il talento di R maturò lentamente; egli trova definitivamente il suo stile personale solo dopo esser tornato dall’Italia. Nel 1610-11 R dipinge l’Erezione della croce della Cattedrale di Anversa, immenso trittico ove se ne manifesta per la prima volta l’audacia. Tutto in esso è nuovo: il dinamismo intenso, le forme potenti, la fattura rapida e insieme salda. Ma già nella Deposizione dalla croce, centro di trittico della stessa Cattedrale, eseguita tra il 1611 e il 1614, questo dispiegarsi di forze fisiche e questo parossismo di movimenti si attenuano a favore di forme piú armoniosamente equilibrate, di una nobile grandiosità. Il corpo di Cristo, il cui candore è accentuato dalla brillante luce del sudario, che sottolinea l’andamento diagonale della composizione, è raccolto in un silenzio tragico da coloro che lo hanno amato. Un quadro da cavalletto, il Figliol prodigo (1612 ca.: Museo di Anversa), incanta per l’aspetto realistico e pittoresco della scena, per gli effetti di luce e per l’esecuzione fluida e brillante. In questo esso è paragonabile all’Inverno delle raccolte reali britanniche (in corrispondenza con l’Estate), che lo supera per la rievocazione dell’atmosfera.
Nel 1615, al momento dell’esecuzione della Caduta dei dannati e del Piccolo giudizio universale (ambedue a Monaco, ap), R giunge alla piena fioritura del suo stile drammatico e della sua maestria. Rappresenta il dramma irrimediabile di un oceano umano i cui individui, trascinati dal vasto movimento, si dissolvono nello spazio indefinito e illimitato. Dalla medesima ispirazione, e pressoché nel medesimo periodo, è nato il Combattimento delle Amazzoni (ivi). Anche qui le figure si fondono nell’insieme dell’atmosfera, e il miscuglio tumultuoso si muove a un ritmo talmente vertiginoso che se ne dimenticano le prodezze formali e pittoriche. Il Ratto delle figlie di Leucippo (1618-20: ivi) introduce ingegnosamente il movimento entro una composizione a prima vista statica, ma in realtà concepita intorno a curve concentriche.
A partire da quest’epoca e fino alla fine della sua vita, R non cessò di sviluppare l’eccezionale dono che possedeva, la capacità di conferire slancio vitale e spontaneità alle grandi decorazioni. Cosí queste grandiose composizioni religiose sono investite con un brio simile a quello dei quadri di cavalletto o degli schizzi. Tale carattere si ritrova tanto nelle opere drammatiche, come il Colpo di lancia (1620: Museo di Anversa), che nei soggetti pieni di palpitante animazione, come l’Adorazione dei Magi (1624: ivi). La Vergine adorata da santi e sante della chiesa di Sant’Agostino ad Anversa (1628), il Martirio di san Livino (Bruxelles, mrba, datato generalmente 1635), e la Salita al Calvario (1636-37: ivi) rappresentano il trionfo della fede, ma insieme costituiscono un inno prodigioso alla gioia di vivere.
Le innumerevoli opere profane della maturità dell’artista sono altrettanti omaggi alla vita sana ed istintiva di un’umanità assai vicina alla terra. Quest’ebbrezza di vita scoppia nella turbolenta Kermesse del Louvre (1635-36). La sensualità che, in quel caso, si esprimeva in un orgiastico abbandono, riveste carattere cortese nell’Artista e sua moglie in giardino (1631: Monaco, ap) e nell’ammirevole Giardino d’amore al Prado (1635), oppure ha una nota allegra e ironica in quel puro capolavoro che è il Ritratto di Hélène Fourment e di due suoi figli (tra il 1635 e il 1638: Parigi, Louvre). Durante gli ultimi anni della sua vita, R accumulò capolavoro su capolavoro. Nei paesaggi, spesso d’ispirazione drammatica, si scatenano le potenze insieme distruttive e generatrici della natura. Il Paesaggio con arcobaleno (Monaco, ap), i Paesaggi con veduta di Steen (Londra, ng; Vienna, km), il Paesaggio con carretta impantanata (San Pietroburgo, Ermitage), tutti datati 1636, e il paesaggio con Filemone e Bauci (1638- 40: Vienna, km) presentano il medesimo slancio vitale che si manifesta nella Vergine e santi della chiesa di San Giacomo ad Anversa (1636-38) o nei meravigliosi nudi di Andromeda (Berlino, sm, gg), nonché del Giudizio di Paride (1638-39) e delle Tre Grazie (1638-40), ambedue al Prado.
Le grandi decorazioni di R hanno prodotto un’ammirevole serie di bozzetti eseguiti a olio. L’opera propriamente decorativa dell’artista è immensa; ben si comprende pertanto come il maestro si facesse aiutare dai collaboratori, che operavano in base ai suoi modelli. Gli schizzi erano dunque, piuttosto che studi in vista della preparazione del lavoro, veri e propri modelli da sottoporre ai clienti e da dar da eseguire ai collaboratori. Sono tutti di rapida esecuzione, di limpidezza estrema; e traducono perfettamente l’ispirazione spontanea del suo genio. L’elenco delle principali scene può fornire un’efficace idea dei ritmi di lavoro della sua bottega: 1617-18: progetti per una serie di arazzi rappresentanti, in sette composizioni, la Storia di Decio Mure; l’incarico venne conferito da gentiluomini di Genova. I dipinti si trovano oggi nella galleria dei principi del Liechtenstein a Vaduz.
1620: decorazione dei Soffitti della chiesa di San Carlo Borromeo ad Anversa, costituita da trentasei pannelli distrutti nell’incendio dell’edificio nel 1718. Gli schizzi, tra i piú belli di R, dimostrano il virtuosismo degli effetti di scorcio che egli ricercò per tali soffitti, trionfo dell’illusionismo barocco (Parigi, Louvre; musei di Gotha, Quimper, Praga; Vienna, Akademie; Londra, coll. Seilern).
1621-22: cartoni per una serie di dodici arazzi rappresentanti la Storia dell’imperatore Costantino, destinati a Luigi XIII (arazzi al Mobilier national di Parigi e a Philadelphia, Museum of Art; schizzi, in particolare, presso la Wallace Coll. di Londra e in collezioni private a Parigi).
1621-25: decorazione della Galleria di Maria de’Medici: ventidue dipinti destinati ad ornare una delle ali del palazzo del Lussemburgo a Parigi, oggi al Louvre (serie di schizzi a Monaco, ap, all’Ermitage e al Louvre).
1625-28: progetti per quindici grandi arazzi col Trionfo dell’eucaristia, destinati al convento delle carmelitane scalze di Madrid e ordinati dall’arciduchessa Isabella (grandi bozzetti soprattutto al Prado).
1627-31: inizio della decorazione della Galleria di Enrico IV, ordinata da Maria de’ Medici e destinata a un’altra ala del palazzo del Lussemburgo. Il progetto non ebbe seguito (due grandi composizioni, ampiamente abbozzate, agli Uffizi; schizzi al Museo di Bayonne e alla Wallace Coll. di Londra).
1629-34: decorazione della Banqueting Hall di Whitehall a Londra: nove dipinti con la glorificazione di Giacomo I, ordinati da Carlo I d’Inghilterra: bozzetti in particolare all’Ermitage, al Louvre, a Rotterdam (bvb), ai musei di Anversa e di Bruxelles (mrba).
1630-32: serie di otto arazzi con la Storia di Achille (serie di schizzi a Rotterdam, bvb; due piú grandi al Museo di Pau).
1635: Apparati della città di Anversa in occasione della felice entrata del nuovo governatore generale dei Paesi Bassi, l’arciduca Ferdinando d’Austria; schizzi in particolare all’Ermitage, nei musei di Anversa e di Bayonne e vari grandi dipinti per 43 teatri e archi di trionfo. 1637-38: Decorazione della Torre de la Parada; schizzi (serie al mrba di Bruxelles, al Prado, al Museo di Bayonne e a Rotterdam, bvb) per 112 dipinti basati sulle Metamorfosi ovidiane per ornare venticinque stanze del padiglione di caccia di Filippo IV.
Avendo riportato dall’Italia il ricordo dell’ampiezza di visione dei grandi decoratori, R, sin dal suo ritorno ad Anversa, abbandona la maniera meticolosa che la tradizione pittorica fiamminga aveva consacrato e che i suoi contemporanei applicavano persino ai grandi dipinti. L’italianismo marcato attraverso il quale egli volle imporsi si muterà peraltro ben presto in un nuovo tipo di barocco nordico, cui egli conferisce energia tutta nuova attraverso l’intensità dei colori, il dinamismo della concezione e il brio dell’esecuzione. R si è creato un mondo immaginario e sognato, ricondotto all’essenza delle forme reali e nel contempo ripensato attraverso un ritmo elementare e veemente. La vita, nella sua opera in continua evoluzione, diviene un turbine la cui propulsione è rappresentata mediante diagonali e spirali. La luce, sempre cangiante, fa mutare di continuo i colori. Svolge d’altronde un ruolo assai importante nella composizione, poiché progredisce nel senso delle grandi linee di forza del dipinto.
Le forme di R sono caratterizzate da un uguale impegno nella sintesi, nell’ampiezza, nella vitalità. Per i suoi personaggi l’artista si è creato un tipo umano ideale, di taglia eroica per gli uomini e pieno di sensualità per le donne. Le loro rappresentazioni, innanzi tutto pittoriche, non sono caratterizzate da contorni netti, ma s’integrano completamente nello spazio luminoso che le avvolge. Si deve qui notare che i disegni di R serbano sempre tale carattere virtualmente pittorico. È evidente che l’elemento fondamentale del quadro è il colore. La ricchezza e il calore dei colori determinano il fascino tutto particolare delle opere dell’artista, concepite per la maggior parte in toni dorati. Le campiture piatte si trovano soltanto nei primi piani dei grandi dipinti, ove producono uno splendente effetto decorativo. Disseminate ovunque, le sfumature cangianti suggeriscono l’impressione del momentaneo e dell’atmosfera.
La ricchezza cromatica è ottenuta grazie a una tecnica abbagliante, fondata su un impiego economico della sola gamma dei primari e complementari,in tutto una mezza dozzina di colori. Sin dalla maturità l’artista abbandonò il principio del chiaroscuro italiano a favore di colori vivi e vibranti di luce. Questa luminosità, d’altro canto, è aumentata dal principio della giustapposizione dei colori puri e dalla sintesi visiva che ne risulta. Inoltre, egli fa uso sapiente dell’opposizione tra i complementari nell’intento, una volta di piú, di far risaltare lo splendore della sua tavolozza; e i suoi dipinti brulicano di audacie tecniche, sfruttate poi sistematicamente soltanto dal sec. XIX. R non cessa di moltiplicare le sfumature: le sovrappone le une sulle altre, le tempera nella luce e le fa fondere nell’atmosfera generale della composizione. Le tinte chiare, fuse cosí all’insieme, acquistano una risonanza confrontabile a quella delle tonalità della musica: attraverso il fremito del colore, R organizza il quadro come Beethoven orchestra una sinfonia.