Lope Félix de Vega y Carpio (questo il suo nome completo) nacque da una famiglia di artigiani, ma per la sua intelligenza e precocità (scrisse la prima commedia a quattordici anni) poté studiare all’Università gesuitica di Alcalá de Henares. Partecipò alla campagna delle Azzorre e alla conquista dell’isola di Terceira nel 1583. Al ritorno, ebbe una relazione con Elena Osorio, ma venne abbandonato in favore di un uomo più ricco, contro la cui potente famiglia, i Velázquez, fece circolare scritti satirici per i quali nel 1588 fu condannato a otto anni di esilio. Nello stesso anno sposò Isabel de Urbina e partecipò alla spedizione dell’Invincibile Armata; al ritorno si trasferì prima a Valencia, poi a Toledo e infine ad Alba de Tormes, al servizio di nobili potenti.
Poté tornare a Madrid nel 1596, dopo la scomparsa della prima moglie. Risposatosi nel 1598, nel 1604 si trasferì a Toledo e qualche anno dopo entrò alle dipendenze del duca di Sessa. Nel 1613 rimase vedovo per la seconda volta e nel 1614 fu ordinato sacerdote. Non rinunciò comunque né a una vita sentimentale movimentata né alle ambizioni letterarie, che gli procurarono fama e ricchezza. Gli ultimi anni di vita furono segnati da altre tragedie familiari che minarono la sua salute.
Il castigo senza vendetta.
Dramma in tre atti del drammaturgo spagnolo Lope Fèlix de Vega Carpio (1562-1635), scritto nel 1631.
L’opera si ispira a una celebre novella del Bandello. Il vecchio duca di Ferrara non ha mai pensato di sposarsi, ma ragioni politiche gli suggeriscono ora di portare all’altare la figlia del marchese di Mantova, Casandra. Il figlio illegittimo del duca, Federico, viene inviato ad accogliere la sposa e fra i due nasce subito una vivissima simpatia. Il matrimonio viene celebrato, ma Casandra sente farsi sempre più forte l’amore per Federico, il quale, a sua volta, è tormentato dal desiderio della matrigna e passa giornate tristi e infelici. Aurora, la sua promessa sposa, cerca invano di riconquistarlo, e il giovane si immalinconisce sempre di più. Il vecchio duca riprende frattanto la sua vita dissoluta e questo fa cadere l’ultimo scrupolo di Casandra; lei e Federico godono di un breve periodo di assoluta felicità, durante un’assenza del duca. Al ritorno di questi, tuttavia, Federico, che sente il rimorso di aver ingannato il padre, cerca di riavvicinarsi ad Aurora, la quale però, offesa, lo respinge. Il duca frattanto decide di mettere la testa a partito e di vivere fedele alla moglie: lei, però, è ormai incapace di vivere senza l’amore di Federico e gli rinfaccia la sua debolezza: “Ci rendete pazze, ci rubate l’onore e poi siete vili”. Federico, che l’ama sempre, cede ancora. Il dialogo è udito dal duca, che sembra impazzire per il dolore di essere stato ingannato sia dalla moglie sia dal figlio e prepara segretamente il castigo per entrambi: giusto castigo, dice, non vendetta, poichè è impossibile vendicarsi dell’essere al quale si è data la vita. Legata e imbavagliata la moglie, la copre con una stoffa e la porta davanti a Federico, che non può riconoscerla, e gli dà ordine di ucciderla: Federico esita, ma il duca gli spiega trattarsi di una persona che ha attentato alla sua vita, e così il giovane esegue l’ordine. Immediatamente dopo, il duca fa arrestare il figlio, accusandolo di aver ucciso Casandra per assicurarsi la successione al trono. Il castigo senza vendetta è un poderoso dramma, forse il migliore, quanto a profondità, fra quelli di Lope, che qui più che in qualsiasi altra sua opera ha studiato, penetrato ed efficacemente reso le reazioni più sottili dell’animo dei protagonisti: la passione insana di Casandra, la tormentata malinconia di Federico, la gelosia di Aurora, il dolore del duca, sono rappresentati con assoluta verità.