La famiglia di Sannazaro, discendente dalla nobile casata «di quelli da santo Nazzaro di Pavia» menzionati da Dante nel Convivio (IV XXIX 3) come «nobilissimi» ancorché privi di anima, ai tempi di Carlo III di Durazzo si era trasferita dall’originaria Lomellina a Napoli, dove lacopo nacque nel 1457 dall’unione del padre Cola con la nobildonna salernitana Masella di Santomango. La scomparsa del padre (1462) e varie traversie economiche spinsero la madre a ritirarsi coi due figli nel feudo dotale di San Cipriano Piacentino, presso Salerno. Tornato a Napoli nel 1474, lacopo apprese il latino e il greco con insegnanti provenienti dallo Studio (il grammatico Lucio Crasso e il maestro di retorica luniano Maio). Non si limitò alla lettura dei testi classici: i suoi interessi spaziarono infatti anche alla recente produzione volgare toscana. Nel 1481 viene introdotto nell’Accademia pontaniana, accolto col nome attribuitogli dal Pontano stesso di Actius syncerus, appellativo dall’origine non chiara (Actius è forse da connettersi con la produzione di egloghe piscatorie – acta = “spiaggia”- e Syncerus scaturisce probabilmente dal collegamento tra il cognome “Nazaro” e l’ebraico nàzìr (nazareo), tradotto come “sincero”). Alla scomparsa del Pontano, Sannazaro gli succedette alla guida dell’Accademia; Pontano lo inserí probabilmente nella cerchia del Duca di Calabria Alfonso d’Aragona. Sannazaro accompagnò il duca nella guerra contro i baroni ribelli e fu presente alla stipula del trattato di pace (1486) con Innocenzo VIII, alleato dei feudatari. Già introdotto nella cerchia di Federico d’Aragona come sodale, nel 1496 passò alle dirette dipendenze di questi che era divenuto il nuovo re. Sannazaro non abbandonò il suo nuovo signore neanche nelle traversie scaturite dall’occupazione francese del 1501, seguendolo nell’esilio in Francia. Nelle biblioteche di Borgogna e Turenna Sannazaro ebbe modo di rintracciare codici contenenti testi latini anche ignoti. Alla scomparsa del sovrano rientrò a Napoli (1505), tornando a dimorare nella villa di Mergellina ricevuta in dono dall’amico Federico già nel 1499. Qui poté riprendere la vita di studio, mentre la sua fama dilagava nell’intera penisola. La sua serenità fu però incrinata dal mutato assetto politico, essendogli il nuovo dominatore spagnolo non favorevole come il precedente casato d’Aragona, e dalle tristi vicende occorse all’amica Cassandra Marchese (destinataria anche di un canzoniere), gentildonna dell’antica cerchia di Federico, andata sposa al marchese di Scanderbeg e da costui ripudiata.
La produzione di Sannazaro si compone di opere in volgare e in latino. Tra le prime ricordiamo gli Gliuommeri, ‘gomitoli’, componimenti popolareggianti a sfondo comico-sentenzioso di cui è sopravvissuto un solo esemplare, le Farse, le Rime, pervenute in due redazioni composte da 101 componimenti in metro vario, e soprattutto il prosimetro Arcadia, esperienza fondativa del genere del romanzo pastorale, la cui prima redazione data al biennio 1485-86, mentre la seconda, ampliata, fu data alle stampe nel 1504. In latino Sannazaro compose elegie, epigrammi, le Eclogae piscatoriae – peculiari per l’adattamento del genere bucolico all’ambiente pescatorio -, e il poema De partu Virginis.