Teorico musicale e compositore italiano. Fu allievo del maestro fiammingo Adrian Willaert a Venezia, dove divenne maestro di cappella in San Marco, incarico che ricoprì dal 1565 fino alla morte. Appartenente all’Ordine francescano, musicista dottissimo, coltivò gli studi umanistici e teologici. La sua dottrina musicale è esposta nei tre trattati intitolati Istituzioni harmoniche, Dimostrazioni harmoniche e Sopplimenti musicali, pubblicati lungo trent’anni di riflessioni. La novità teorica più importante è la divisione dell’intervallo di quinta, che all’epoca era considerato quello fondamentale, in due intervalli disuguali: la terza maggiore e la terza minore. Dalla loro sovrapposizione in quest’ordine nasce la triade (o accordo di tre suoni) maggiore, da quella inversa la triade minore. Zarlino ebbe una chiara coscienza di entrambe, anticipando così i cardini della teoria musicale che si sviluppò nei secoli successivi.
Le Instituzioni harmoniche
È il più importante trattato di teoria musicale di Gioseffo Zarlino da Chioggia (1517-1590), apparso in prima edizione nel 1558 e successivamente nel ’62 e ’73, oltreché nell’Opera omnia del 1589. Si compone di quattro parti. La prima contiene considerazioni generali intorno alla musica e alla sua dignità e utilità, quindi uno svolgimento della dottrina boeziana che distingue la musica in mondana (quella delle sfere celesti), umana (quella che nasce dall’armonia tra anima e corpo) e strumentale (la musica propriamente detta, prodotta dalla voce o dagli strumenti artificiali), e minute disquisizioni acustico-matematiche, riguardanti specialmente i nessi tra proporzioni numeriche e consonanze musicali. Nella seconda parte lo Zarlino tratta della musica e teoria musicale degli antichi greci, diffondendosi molto sulle accordature da essi usate e traendone conseguenze per lo spinoso problema dell’accordatura degli strumenti del suo tempo. La terza parte contiene la teoria del contrappunto ossia del comporre a più voci, ed è perciò dal punto di vista didattico la più importante, benché, pretenda rinchiudere l’attività della creazione artistica in un sistema di norme pratiche frutto di profondo ingegno e sapere ma, nondimeno, empirico e inadeguato. La quarta e ultima tratta dei modi o scale musicali dell’antichità, del Medioevo e dei tempi dell’autore, soprattutto per la loro applicazione alla pratica contrappuntistica.
La materia del trattato zarliniano non è nuova, anzi è sostanzialmente la stessa che, da Boezio in poi, fu variamente elaborata dai teorici della musica fino al periodo del Rinascimento; ma è sotto molti aspetti ravvivata e ingentilita dalla personalità dell’autore. Secondo il musicologo tedesco Hugo Riemann il merito principale dello Zarlino sta nell’avere per primo affermato il principio del dualismo armonico, ossia della contrapposizione degli accordi maggiore e minore come base dell’armonia, e nell’averlo avvalorato scientificamente proclamando l’eccellenza del numero senario che contiene in sé in germe tutte le consonanze musicali, la serie delle quali in un senso genera l’accordo maggiore, nel senso inverso quello minore. Ma questa veduta è troppo strettamente legata alle idee personali del Riemann: in realtà, fare dello Zarlino uno scopritore di principi estetici e scientifici è per lo meno eccessivo; egli raggiunse bensì in confronto agli altri teorici del tempo una più chiara coscienza dei fatti armonici in grazia della sua profonda esperienza e di una acuta osservazione dello sviluppo dell’arte musicale. E, anche al di fuori di siffatti presentimenti dell’armonia moderna, l’opera dello Zarlino è importante in quanto porge, in una sintesi personale, lo specchio più limpido e più vasto della cultura musicale dell’età sua. Nella eleganza e scorrevolezza del linguaggio volgare, in perfetta antitesi al faticoso e spesso barbarico latino dei predecessori: nel senso di umanistico decoro che spira dalle citazioni classiche, dai precetti sull’educazione del musicista ecc.: e soprattutto nel rilievo che vien dato nello studio delle combinazioni contrappuntistiche alla grazia, armonia e soavità del concento, si sente veramente l’aura del Rinascimento italiano; come pure se ne avvertono i limiti speculativi nel continuo oscillare fra interpretazione sensistica e razionalistica delle impressioni musicali.
Zarlino contro Vincenzo Galilei
Dopo aver enunciato le linee fondamentali della propria teoria nelle Istituzioni harmoniche e averne approfondito alcuni aspetti nelle Dimostrationi harmoniche, nei Sopplimenti musicali Zarlino replica alle critiche a lui rivolte da Vincenzo Galilei, suo ex allievo che aveva modificato le proprie opinioni dopo l’incontro con l’umanista Girolamo Mei. Vincenzo Galilei lo attacca violentemente nel Dialogo della musica antica et della moderna, pubblicato a Firenze nel 1581 e nel Discorso intorno alle opere di messer Gioseffo Zarlino de Chioggia, pubblicato a Firenze nel 1589 in risposta alle repliche di Zarlino contenute nei Sopplimenti musicali. I due autori si trovano in disaccordo soprattutto su due argomenti: la riflessione relativa ai sistemi di intonazione degli intervalli e il confronto tra la musica antica e quella moderna.
Per quanto riguarda il primo ambito, Galilei contesta l’idea di Zarlino che il “sintono diatonico” venga utilizzato, nella pratica delle esecuzioni musicali, in una versione “artificiale” dagli strumenti e in una “naturale” dalle voci. Criticando tale concezione, Galilei finisce con il mettere in crisi anche l’idea che i rapporti numerici corrispondenti alle consonanze si fondino sul “senario”.
NeI secondo ambito, Galilei attacca l’idea di Zarlino che la musica polifonica moderna possa divenire migliore di quella antica, che entrambi ritengono fosse monodica. A tale proposito Galilei condivide l’idea di Mei che la musica moderna polifonica non possa che essere inferiore alla musica antica, perché l’utilizzo della polifonia e dei modi moderni impedisce i “meravigliosi effetti” che la musica antica provocava negli ascoltatori usufruendo di un altro sistema modale e limitandosi a un andamento monodico.
Lo scontro tra Vincenzo Galilei e Zarlino ha suscitato un dibattito molto sentito nella cultura dell’epoca in cui si confrontavano due tipi di pratica compositiva: da una parte la composizione polifonica, che si era sviluppata soprattutto a Venezia prendendo a modello le musiche di Adriano Willaert, dall’altra la composizione monodica, che cominciava a essere sperimentata soprattutto a Firenze, nell’ambito della Camerata de’ Bardi.