Semiologo e storico del cinema. Dopo studi in lettere classiche e linguistica, a metà degli anni Sessanta scrisse alcuni saggi strutturalisti sul cinema, che risentono della lezione critica di Roland Barthes. Seguirono Semiologia del cinema (1968) e La significazione nel cinema (1972), vere “grammatiche” sistematiche e scientifiche, che analizzano il linguaggio filmico e i suoi codici, leggi, figure, con particolare attenzione al problema della narrazione nella pellicola di finzione.
In Linguaggio e cinema (1971) Metz propose una fondazione scientificamente avanzata della semiologia applicata al mondo delle immagini in movimento. Con la crisi dello strutturalismo e in seguito alla diffusione dei metodi antropologici di Jacques Lacan, la sua ricerca si spostò sul terreno psicoanalitico, giungendo all’analisi del rapporto tra lo spettatore e la macchina-cinema come fenomeno di fascinazione (attraverso meccanismi di identificazione speculare, voyeurismo e feticismo) e prendendo in considerazione le nozioni di testualità e scrittura: questa seconda parte della sua opera culmina nella pubblicazione di Cinema e psicanalisi. Il significante immaginario (1977). Tra le altre opere, si ricordano Essais sémiotiques (1977), L’enunciazione impersonale o il luogo del film (1991).
Metz si rifà a un particolare tipo di psicoanalisi; infatti la psicoanalisi utilizzata è quella di Lacan, in particolare il famoso stadio dello specchio. Riassumibile brevemente nel seguente modo:
Lacan sostiene che il bambino fra i sei e i diciotto mesi attraversa la fase dello specchio, la quale avviene per tappe.
Nella prima, il bambino, portato da un adulto di fronte a uno specchio, confonde la realtà con l’immagine riflessa; in un secondo momento capisce che l’immagine riflessa non è quella reale; nell’ultima tappa finalmente il bambino percepisce l’immagine riflessa come altra da sé.
Da una parte questo processo porta alla prima costruzione dell’Io come soggettività separata, ma, d’altra parte, contemporaneamente, questa separazione, che è anche separazione tra l’Immaginario e il Simbolico, è alla base dell’alienazione umana.
Ciò che ha affascinato e continua ad affascinare gli studiosi di cinema è che questa prima acquisizione della soggettività passa per l’identificazione con altri, essenzialmente con chi pone il bambino di fronte allo specchio – identificazione primaria – ma anche con la propria immagine riflessa. È qui, secondo l’analisi di Metz, la di differenza e la somiglianza tra specchio e schermo cinematografico:
“Quindi il film è come lo specchio. Ma in un punto essenziale esso differisce dallo specchio primordiale: per quanto, come in quest’ultimo, vi possa venir proiettato di tutto, c’è una cosa, una sola che non vi si riflette mai: il corpo dello spettatore.”
Questa differenza non è di poco conto, se si considera che per Lacan è in questo momento che l’individuo prende coscienza del proprio corpo, cioè nel riflesso della propria immagine.
L’analogia tra specchio e film è data, secondo Metz, dal fatto che lo spettatore come il bambino è portato a vedere, alla percezioneda qualcuno/qualcosa, non da un adulto come nel caso del bambino, ma dalla macchina da presa con cui lo spettatore si identifica, o meglio si identifica col punto di vista rappresentato dalla m.d.p., oppure “lo spettatore insomma si identifica con se stesso, con se stesso come puro atto di percezione”. Comunque sia, in ultima analisi, le due cose coincidono costituendo l’identificazione primaria o per essere più precisi, seguendo Metz, “Lo specchio è il luogo dell’identificazione primaria. L’identificazione col proprio sguardo è secondaria rispetto allo specchio, cioè per una teoria generale delle attività adulte, ma è alla base del cinema e quindi primaria quando si parla di cinema: è esattamente l’identificazione cinematografica primaria”. Ma le identificazioni al cinema non si limitano solo a quella appena descritta, Quanto alle identificazioni con i personaggi, con i loro diversi livelli (personaggi fuori campo ecc.) sono le identificazioni cinematografiche secondarie, terziarie ecc.; se si prende in blocco, semplicemente per opporle all’identificazione dello spettatore col proprio sguardo, il loro insieme costituisce, al singolare, L’identificazione cinematografica secondaria.