E’ uno dei testi capitali della letteratura beat, insieme a L’urlo di Allen Ginsberg, che uscì un anno prima: esprime quel nuovo modo di vivere, “stanco”, “consumato”, “battuto” (beat, appunto), sganciato dai presupposti-base della società americana quali il successo, il lavoro, la normalità, la rispettabilità. Si tratta di una reazione di tipo negativo, cio di un ritiro dalla società piuttosto che di una lotta per una società diversa, eppure essa è stata il punto di partenza di una reazione a catena che ha portato poi ai movimenti pacifisti (bianchi e neri), agli hippies, alla realizzazione dell’insufficienza di un atteggiamento passivo, non violento, e alla conseguente politicizzazione con trasformazione degli hippies in yippies.
La ricerca dei beat sul finire degli anni Cinquanta (gli anni della guerra fredda, della prolungata presidenza Eisenhower, delle ultime fiammate di maccartismo) è quella di un paradiso al di fuori della società ottusa e noiosa, materialistica e oppressiva; essi guardano, da San Francisco, città cuore del “movimento”, verso l’Oriente mistico del buddhismo e dello zen. La loro confraternita è sempre “sulla strada”, sempre pronta a partire, magari in autostop, in cerca di novità, di qualcosa di eccitante, di nuovo, forse della “rivelazione” definitiva.
Sulla strada è la storia dell’incontro del narratore con Dean Moriarty e dei loro vagabondaggi attraverso gli Stati Uniti, da New York a New Orleans, da San Francisco al Messico. Lo spunto di base è, come sempre in Kerouac, autobiografico, poichè il fittizio Dean è modellato sul reale amico dell’autore Neal Cassady, e le scorribande del libro sono le scorribande in cui Kerouac ha speso buona parte della sua vita, sicchè egli è al tempo stesso protagonista e cantore e cronista dell’avventura beat: “Tutti i miei amici di New York erano nella situazione negativa, orrenda, di ripudiare la società e di fornire le loro stanche ragioni libresche o politiche o psicanalitiche, mentre Dean la società l’attraversava di corsa, avido di pane e di amore, non gli importava un modo o l’altro. “Un parente del sole venuto dal West, Dean. Anche se mia zia mi avvertì che lui mi avrebbe messo nei pasticci, io sentii un richiamo nuovo e vidi un orizzonte nuovo, e ci credetti nella mia verde età.” “Ero un giovane scrittore e volevo andarmene. Da qualche parte davanti a me sapevo che ci sarebbero state ragazze, visioni, tutto; da qualche parte la perla mi sarebbe stata consegnata.”
La perla non viene in realtà trovata, e il ritorno a New York è colorato di delusione, come era inevitabile: l’America è piena di Coca-Cola in ogni angolo, lo spazio di libertà garantito dal mito americano si è esaurito, e un posto è esattamente uguale a un altro. Questo senso di vuoto, avvertito sia pur confusamente dal protagonista-autore, ci rivela la limitatezza dell’orizzonte di Kerouac, perchè esso non viene analizzato e affrontato, ma sfuggito, per cui invece di una presa di coscienza della realtà vera dell’America, ci sarà, presto, una nuova, evasiva avventura.