Shelley cresce in un periodo storico di forti conflitti e di nazionalismi che scuotono l’intera Europa. Nel 1799 l’Inghilterra è in lotta con la Francia di Napoleone che non riuscirà tuttavia a raggiungere la Gran Bretagna, sconfitta per mare a Trafalgar dall’ammiraglio Nelson. All’interno del Regno Unito scoppia la rivolta in Irlanda.
Shelley, davanti all’inquietudine e alle sofferenze delle guerre non può rimanere indifferente. Nella sua notevole produzione letteraria affianco alle poesie che lo renderanno famoso si aggiungono i numerosi saggi che affermano la necessità di una società più giusta e democratica.
Attento alle problematiche dei più deboli durante i suoi viaggi incontra le popolazioni locali, devolve in beneficenza, promuove e finanzia lo sviluppo di strutture utili. Ad un’estrema sensibilità si contrappone uno spirito irrequieto, impulsivo, un limite che forse alimenta la capacità di descrivere e rappresentare il mondo invisibile dei sentimenti.
Espulso dall’Università di Oxford per la diffusione di un saggio polemico e inopportuno sul cattolicesimo compromette il suo futuro come latinista, di cui nell’ambiente accademico era già apprezzato e riconosciuto. Conosce la giovane Harriet e trova in lei l’ideale compagna per predicare contro la falsa educazione conformista impartita in certe scuole.
E’ il 1811. In aperta contestazione si dedica per tutto l’anno a cercare e proporre alternative. Nel novembre conosce nel distretto dei laghi Robert Southey, compagno un tempo di Coleridge nel progetto della comunità ideale. Ma Southey è impegnato a riconquistare la considerazione come scrittore e si discosta da Shelley che inizia una corrispondenza con William Godwin, il filosofo che si batteva per un’educazione scolastica basata su libertà, iniziativa, esperienza individuale. Non ottiene risposta e decide di partire con Harriet per l’Irlanda con l’intento di svolgere propaganda liberale. Imprudente, non pensando alle conseguenze, viene seguito e schedato da due agenti governativi.
Torna in Inghilterra, soggiorna in Devon, dove scrive un breve saggio sulla libertà d’espressione. Ad ottobre, dopo il periodo vissuto in Galles, torna da solo a Londra. Il 4 ottobre è finalmente invitato da Godwin. Durante la cena conosce le figlie Jane Claire, Fanny e Mary, la più idealista delle tre. All’inizio del 1813 si trasferisce con Harriet in Irlanda. Dall’unione dei due nasce Eliza. Ma la sorella di Harriet allontana la ragazza da Shelley, forse non a torto, a causa dell’eccessivo coinvolgimento emotivo che Shelley manifesta con tutte le donne che incontra.
Shelley è uno che s’innamora facilmente, da una parte sostiene la spontaneità dei sentimenti e del pathos, dall’altra crede nell’importanza della famiglia, ma con i suoi comportamenti spesso impulsivi viene progressivamente isolato. Così in primavera Harriet si trasferisce a Bath con la sorella. Shelley a Giugno vede per l’ultima volta la madre. Trova conforto nella giovanissima Mary, con la quale s’incontra spesso a Londra fino a decidere di partire di nascosto senza dire nulla a Godwin.
Il 28 luglio 1814 partono per l’Europa, seguiti da Jane Claire, la sorella di lei, anch’essa affascinata e infatuata di Shelley tanto da entrare in competizione con Mary. Visitano Parigi, proseguono per la Svizzera, attraversando dei territori fino a qualche settimana prima sconvolti dalla guerra. Il 13 settembre tornano in Inghilterra e decidono di andare a vivere tutti e tre insieme a Londra. Intanto Harriet il 30 novembre partorisce Charles.
Gli atteggiamenti anticonformisti di Shelley infastidiscono gli amici e i parenti più stretti, che sono sempre meno disponibili ad aiutarlo. Godwin dopo il viaggio della figlia, fatto senza chiedergli il permesso, non gli rivolge la parola fino a quando non avrà bisogno di farsi imprestare dei soldi. Dal 1815 inizia per Shelley una vita di viaggi insieme a Claire e Mary, mantenendosi con i soldi di famiglia, dell’eredità del nonno appena scomparso, continuando a scrivere poesie bellissime, vivendo di slanci per il senso di giustizia, per la letteratura, per la sensualità delle donne, linfa vitale come fonte d’ispirazione per le sue produzioni letterarie.
Il 30 dicembre 1816 Percy e Mary si sposano a Londra. Il 3 maggio 1816 con Claire, Mary e il figlio appena nato partono per il continente. Raggiungono il lago di Ginevra, dove il 27 maggio conosce Byron. Ed è qui che la sera tempestosa del 16 giugno nascerà la competizione letteraria sui fantasmi che porterà Mary a scrivere quel racconto conosciuto in tutto il mondo come Frankenstein. Poi ritornano in Inghilterra, ma il 9 novembre Harriet, sentitesi abbandonata, è scomparsa. Viene ritrovata a dicembre nel lago di Hyde Park.
Fino al marzo del 1818 Shelley scrive molto, ha un’intensa vita intellettuale, frequenta il circolo di Hampstead insieme a Keats, cerca editori, pubblica ma non riesce a trovare spazio come vorrebbe. L’undici marzo 1818 partono per il continente. E’ l’ultima volta che vede l’Inghilterra. Dopo un breve passaggio in Francia si trasferiscono in Italia. Vivono in diverse città: Torino, Venezia, Roma, Pisa, dove si fermano a lungo insieme ad altri inglesi. Shelley legge e studia molto, compone in modo febbricitante, con l’impeto di chi cerca la genialità, la completezza di un’opera. Ma la vita sentimentale è funestata dalla tragica perdita dei figli, tranne di Percy Florence, l’unico che riuscirà a sopravvivere.
Nell’aprile 1822 si trasferiscono a San Terenzo, nel grazioso scenario del Golfo di Lerici. Da qui il primo luglio parte in barca per Livorno per incontrare Leigh Hunt, l’amico editore che finalmente può lanciare il giornale ‘The Liberal’, progetto nato da Shelley e sostenuto anche da Byron. Il grande sogno di Shelley di diffondere in Inghilterra le sue idee democratiche e liberali si sta per realizzare. Ma l’otto luglio, di ritorno da Livorno, il suo veliero s’imbatte in una tempesta e naufraga all’altezza di Viareggio. Il suo corpo verrà ritrovato dieci giorni dopo.
Shelley scompare a 29 anni, intensi, come una vita normale dilatata nel tempo, lasciando una vastissima produzione letteraria, risultato di un genio sensibile, incapace e forse consapevole di non poter vivere nella quotidianità delle cose per un obbligo ideologico di lasciare l’eredità del senso della giustizia e dell’amore nella storia del mondo.