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Proveniente da una famiglia borghese di Anversa, perdette la madre a otto anni. Dall’ottobre del 1609 entrò come apprendista presso il pittore Hendrik van Balen. Avrebbe lasciato questo maestro all’età di sedici o diciassette anni. La fioritura precocissima del suo talento ha come cornice privilegiata Anversa, da dove si diffonde l’arte di Rubens, piú anziano di lui. L’11 febbraio 1618 viene accolto come maestro nella corporazione di San Luca ad Anversa. Può allora accettare incarichi in proprio. Verso questa data diviene assistente, ma non allievo, di Rubens; questa collaborazione arricchirà la sua cultura artistica. Le prime opere di D, dal 1616 al 1618 ca., una serie di Busti di apostoli (Dresda, gg; Besançon, mba), una Testa d’uomo (Aixen- Provence, Museo Granet), uno Studio di testa (Parigi, Louvre), derivano soprattutto dall’estetica realista caravaggesca, per il vigore della fattura a larghi tocchi, le carni brune o rossastre, le lumeggiature. Tale produzione giovanile presenta dunque affinità con quella di Jordaens, accanto al quale D lavora nella bottega di Rubens. Questi realizzava allora schizzi in base ai quali D eseguí il Baccanale (Berlino-Dahlem), Sant’Ambrogio e l’imperatore Teodosio (Londra, ng); il Ritratto di Jacqueline van Caestre (Bruxelles, mrba), per lungo tempo attribuito a Rubens, dimostra l’ascendente notevole da questi esercitato sul giovane collaboratore. Tuttavia, parallelamente al suo lavoro di assistente, D proseguiva la propria carriera: il San Martino che divide il suo mantello (chiesa di Saventhem) o il Martirio di san Sebastiano (Parigi, Louvre) si contrappongono, per l’assottigliarsi e l’idealizzarsi delle forme, alla violenza esaltata delle possenti masse di Rubens. D comincia allora la sua carriera di ritrattista. Il suo Ritratto di famiglia (Leningrado, Ermitage) presenta, nella disposizione delle figure e nel trattamento dei collaretti e delle stoffe, analogie con la tradizione fiamminga.
Sin dal 1618-1620 si afferma il suo genio: per la prima volta il volto umano sfugge a qualsiasi forma stilistica tradizionale, individualizzandosi al massimo grado; d’altra parte gli atteggiamenti, le inquadrature riempite dai personaggi derivano da un ideale di bellezza, da un gusto nuovo per la pompa e la rappresentanza che si riscontrano in tutti i suoi ritratti: Cornelis van der Geest (Londra, ng), gli Autoritratti (Leningrado, Ermitage, Monaco, ap), i ritratti degli Snyders (New York, Frick Coll.) attestano questo dualismo. Nel 1621 D si recò per qualche mese alla corte d’Inghilterra dove il conte di Arundel ne aveva preparato l’arrivo. Malgrado un’elargizione di 100 sterline da parte del re, non sembra che vi abbia avuto successo; il favore della corte andava allora infatti al ritrattista Jan Mytens. Tornò ad Anversa alla fine di febbraio del 1621 e, il 3 ottobre dello stesso anno, intraprese un lungo viaggio in Italia.
Periodo italiano
Il 20 novembre 1621, D giunge a Genova. L’anno seguente s’imbarca per Roma, dove è ricevuto dal cardinal Bentivoglio. Risiede a Venezia nell’agosto 1622. Visita tutti i grandi centri artistici: Roma, Firenze, Palermo nella primavera del 1624; si reca anche a Marsiglia. Ma, dal 1623 al 1627, fa di Genova il suo punto di riferimento, divenendo il ritrattista dell’aristocrazia e ricevendo inoltre numerosi incarichi di decorazione di chiese. L’Italia approfondisce il suo gusto istintivo per l’armonia lineare, e le sue doti di colorista. Soprattutto lo influenzano i grandi modelli veneziani. Susanna e i vecchioni
(Monaco, ap), nonché il Denaro di Cesare (Genova, Gall. di Palazzo Bianco) s’ispirano a composizioni di Tiziano. Le Tre età dell’uomo (oggi a Vicenza) riprende probabilmente un’opera di Giorgione oggi perduta. Parallelamente, D subí l’ascendente della scuola di Bologna. La Vergine del Rosario (Palermo, Oratorio del Rosario) prolunga la poetica della scuola dei Carracci. La Sacra Famiglia (Torino, Gall. Sabauda) presenta l’armonia classica di un Correggio.
L’originalità di D è maggiore nel Cristo in croce con san Francesco, san Bernardo, e un donatore della chiesa di San Michele presso Rapallo. Vi si nota un sentimento religioso languido, talvolta persino sensuale, mentre una fattura brillante e un colore sostenuto esaltano forme flessibili ed eleganti che già preannunciano il gusto rococò. Ma il ritrattista rinnova, durante questa fase, i modelli di rappresentanza, dipinti a Genova quindici anni prima da Rubens. Nel Ritratto di dama genovese e di sua figlia (Bruxelles, mpba) o nel ritratto equestre di Anton Giulio Brignole Sale (Genova, Gall. di Palazzo Rosso), egli incarna la raffinatezza e la ricerca dell’ideale che venivano allora richieste dall’aristocrazia genovese; sfuggendo ad ogni realismo, riduce considerevolmente le proporzioni delle teste dei suoi modelli, allungandone cosí le proporzioni: la Marchesa Balbi (Washington, ng), la presunta Marchesa Spinola Doria (Parigi, Louvre), Paolina Adorno (Genova, Gall. di Palazzo Rosso). D fu colorista particolarmente
vario: cosí nel ritratto della Marchesa Cattaneo (Washington, ng) dominano un nero bistrato e un bruno composto di rosso, nero e oro; mentre possenti accordi di rosso vivo illuminano il Ritratto del cardinal Bentivoglio, dipinto a Roma nel 1623 (Firenze, Pitti). Il suo influsso venne prolungato a Genova da Strozzi e Valerio Castello, e a Palermo da Pietro Novelli. Lasciando l’Italia, il pittore fiammingo forniva al Seicento i massimi modelli del ritratto.
Fu durante questo soggiorno italiano, come nel suo primo periodo ad Anversa, che D realizzò il massimo numero di disegni. Molti sono studi preparatori per le grandi composizioni: sono conservati ad Amburgo i disegni della Cattura di Cristo (Madrid, Prado); altri sono studi da Rubens, come le Sofferenze di Giobbe (Parigi, Louvre), da Tiziano (un intero quaderno di schizzi, coll. del duca del Devonshire). Tutti sono caratterizzati dalla loro foga barocca: si tratta di rapidi schizzi eseguiti a mano libera, a penna e a pennello inchiostrato: le linee vi si accavallano e si cercano nervosamente. D disegnò meno in seguito, preferendo agli studi a penna e a pennello quelli eseguiti a gesso.
Secondo periodo ad Anversa
Verso la fine del 1627 tornò ad Anversa, dove per cinque anni ricevette notevoli incarichi. Nei suoi ritratti si adeguò alle esigenze della borghesia, le sue effigi di Pierre Stevens (1627: L’Aja Mauritshuis), di Snyders e sua moglie (Kassel, sks), differiscono da quelle dell’aristocrazia italiana, riprendono la tradizione fiamminga, nella quale il modello, rappresentato a mezza figura, conserva maggiore riserbo e semplicità psicologica. D concentra inoltre tutta la sua attenzione sul colore caldo dei volti di Anne Wake (L’Aja, Mauritshuis) o di Martin Pepjin (1632: oggi ad Anversa). La sua fattura acquista allora molto in leggerezza, finezza ed unità nei ritratti di J. de Waele (Monaco, ap) o di Jean de Montfort (Vienna, km). Si assicurò un successo europeo con la pubblicazione di una raccolta d’incisioni, Iconografia di Van Dyck, di cui preparò i disegni e le grisailles, con lo scopo di diffondere i ritratti degli uomini illustri del suo tempo. Ottanta lastre incise da Vorsterman, Bolswert Pontius comparvero nel 1636. Una seconda tiratura piú completa apparve nel 1645, dopo la scomparsa del pittore. In questa seconda serie, D incise di sua mano solo una ventina di acqueforti, alcuni ritratti di artisti tra cui quelli di Lucas Vorsterman, Joos de Momper, Jan Snellinck, nonché il proprio autoritratto. La pittura religiosa ha, dal 1628 in poi, un posto importante nella sua opera; esempi nelle chiese di Anversa, Malines, Gand, Courtrai, Termonde.
La grazia illanguidita della sua Adorazione dei pastori (Termonde, chiesa della Vergine), l’Estasi un po’ insipida di sant’Agostino (Anversa chiesa di Sant’Agostino), l’espressione di dolore sin troppo spettacolare del suo Cristo sulle ginocchia della Vergine (Bruxelles, mrba) esprimono un sentimento religioso profondo, ma la loro poetica barocca oggi ci tocca meno. Tuttavia l’arte religiosa di D è notevole per l’eleganza delle proporzioni e la sua verità (Vergine con donatori: Parigi, Louvre), per la bellezza della linea inflessa del corpo di San Sebastiano (Monaco, ap), e piú ancora per la delicatezza del colore e la leggerezza di fattura della Fuga in Egitto (ivi). Due quadri mitologici, Rinaldo e Armida, commissionato nel 1629 da Endymion Porter, agente di Carlo I d’Inghilterra (due versioni: Parigi, Louvre, e Baltimora, am), e Amore e Psiche (Hampton Court), dipinto a Londra assicurarono il successo di D alla corte di Cario I. La loro atmosfera poetica, la grazia e l’eleganza degli atteggiamenti, il colore caldo e ricco influenzeranno i pittori francesi del xviii sec., come Lemoyne, Coypel, Boucher.
Periodo inglese
Il 1° aprile 1632 D giunge a Londra su invito di Sir Kenelm Digby. Il 5 luglio dello stesso anno riceve una pensione dal re come «principale pittore ordinario delle Loro Maestà», e viene creato cavaliere. La sua carriera londinese venne interrotta da due viaggi nelle Fiandre: a Bruxelles nel 1634, D fece il ritratto del Cardinal-Infante Ferdinando (Madrid, Prado), nuovo governatore delle Fiandre, nonché di personaggi della corte, come il Marchese di Moncada (Parigi, Louvre) e il Principe Tommaso di Savoia (Torino, Gall. Sabauda). Ancora nel 1634 realizza la Pietà di Monaco (ap) e probabilmente il quadro di gruppo dei Magistrati di Bruxelles, commissionato nel 1628 (distrutto nel 1695; schizzo conservato a Parigi, Louvre, enba). Tornato a Londra nel 1635, progettava di decorare con una serie di arazzi le pareti della sala dei banchetti di Whitehall, di cui Rubens aveva in precedenza dipinto il soffitto.
I cartoni di D erano dedicati alle cerimonie dell’Ordine della Giarrettiera, ma le difficoltà del tesoro reale indussero ad abbandonare il progetto nel 1638. D lasciò Londra una seconda volta nel 1640, anno del suo matrimonio con un’inglese, Marie Ruthven. Si recò ad Anversa, ove era appena scomparso Rubens, e a Parigi. Tornato a Londra all’inizio del 1641, si ammalò gravemente e morí il 9 dicembre 1641. Venne sepolto nel coro della cattedrale di Saint Paul, ove il re fece porre un epitaffio.
Nel suo palazzo di Blackfriars, D si era dedicato quasi esclusivamente al ritratto. La sua produzione di circa quattrocento dipinti tra il 1632 e il 1641 presenta ineguaglianze e talvolta negligenze di fattura. La sua bottega esegue numerose repliche, applica sistematicamente alcuni effetti, dipinge i costumi e i drappeggi. Si è parlato persino di una decadenza dello stile di D a Londra, ma poi la critica ha riveduto questo giudizio. Di fatto, fu appunto in questo periodo che D ritrattista creò i suoi capolavori: il ritratto equestre di Carlo I (Londra, ng), quello di Carlo I a caccia (Parigi, Louvre), ove il sovrano è collocato in un mondo ideale, armoniosamente connesso a un grande paesaggio alla fiamminga la cui leggerezza rammenta i contemporanei acquerelli di vallate e vedute boschive (Londra, bm, coll. del duca di Devonshire). I ritratti di Robert Rich, conte di Warwick (1635: New York, mma), del Conte di Strafford (1636: coll. di Lord Egremont), di George Digby e William Russell (coll. Spencer), dove il gesto
manierato, il fluire di un drappeggio, il pallore di un giallo zafferano, lo splendore di un grigio argento o di un vermiglio illuminano lo stato d’animo dei modelli, come i sottili volti allungati di James Stuart, duca di Lenox (New York, mma), della Contessa di Bedford (1640 ca.: coll. di Lord Egremont) e di John e Bernard Stuart (Londra, coll. Mountbatten). L’audace fattura, ormai assai libera, la sua sapienza nel raggruppamento delle figure nei Ritratti dei figli di Carlo I (Torino, Gall. Sabauda), o del Principe Guglielmo II e la sua giovane sposa (Amsterdam, Rijksmuseum), ultimo dipinto del 1641, il virtuosismo nella resa delle sete e delle stoffe, eserciteranno un influsso immenso sui ritrattisti inglesi (P. Lely, Dobson, Greenhill e Kneller) e fiamminghi (Hanneman e G. Coques).
D ispirerà i pittori francesi del XVIII sec., ma soprattutto influenzerà in modo indelebile Reynolds e Gainsborough, capifila della scuola inglese del XVIII sec.