Tra i primi scrittori russi conosciuti e apprezzati in Occidente, Ivan Turgenev descrisse magistralmente le condizioni sociali e morali della Russia zarista, mettendo in rilievo il conflitto tra modernità e tradizione.
Cresciuto nella tenuta materna, iniziati gli studi a Mosca e a San Pietroburgo, dal 1838 si trasferì a Berlino, dove fu a contatto con i circoli hegeliani, e in varie altre città europee, maturando una sincera ammirazione per la cultura occidentale. Tornato in Russia, decise di dedicarsi interamente alla letteratura, soggiornando a lungo all’estero (1847-52).
Frattanto erano apparsi i primi racconti sulle pagine della rivista Il contemporaneo, poi raccolti col titolo Memorie di un cacciatore (1852) e alcuni lavori teatrali (commedie: Dove il filo è sottile si spezza, 1847; Lo scapolo, 1849; drammi: Il pane altrui, 1848; Un mese in campagna, 1850).
Rientrato in Russia, fu condannato per un articolo dedicato a N. Gogol a un anno di domicilio forzato nella tenuta della madre, morta nel 1850.
Del 1856 è l’apparizione del primo grande romanzo, Rudin, cui seguirono Un nido di nobili (1859), Alla vigilia (1860) e Padri e figli (1862): tema centrale di essi è lo scontro tra la generazione aristocratica e idealista del primo ‘800 e quella materialista e democratica contemporanea, incapace tuttavia di concretizzare le proprie aspirazioni teoriche e la cui attività si vanifica in uno sterile nichilismo, termine coniato dallo stesso T.
Le feroci polemiche che accompagnarono la pubblicazione dei romanzi lo spinsero (1862) a lasciare definitivamente la Russia, stabilendosi a Baden-Baden e quindi a Parigi, dove conobbe G. Flaubert, Zola, H. James.
A quest’ultimo periodo risalgono i romanzi Fumo (1867) e Terre vergini (1877), in cui cercò di raffigurare la nuova situazione creatasi in Russia in seguito alla diffusione degli ideali riformisti e rivoluzionari.
Negli ultimi anni scrisse anche alcune liriche, raccolte in Poemi in prosa.