L’attività di Goethe nell’ambito artistico fu molteplice: fu collezionista, disegnatore, critico, teorico e, negli ultimi anni di Weimar, impegnato nella promozione di un progetto educativo per lo studio delle arti. La sua collezione comprendeva quattromila disegni e incisioni, in particolare di Dürer, Schongauer, Rembrandt, Ostade e soprattutto Claude Lorrain, essa contiene anche disegni di sua mano (duemila conservati a Weimar, Museo Goethe, e a Francoforte, nella sua casa natale), nonché numerosissimi scritti (redatti dal 1772 alla scomparsa). Allevato dal padre nel culto dell’Italia, Goethe, a partiredall’infanzia a Francoforte, frequentò gli ambienti artistici (pittori come J. G. Trautmann, J. Juncker F. W. Hirt), iniziandosi alla tecnica del disegno e dell’incisione presso l’accademia di Lipsia (1765) con Adam Friedrich Oeser e l’incisore Cristoph Stock. Nella gg di Dresda conobbe le opere della scuola olandese nel 1768 e in seguito, durante il suo soggiorno a Strasburgo, nel 1772, si entusiasmò per l’arte tedesca (Dürer e l’architettura gotica).
All’adesione alla cultura dello Sturm und Drang seguí, dal 1768 l’esperienza del viaggio in Italia – soprattutto Roma, ma anche Vicenza, Padova, Venezia Bologna, Napoli, la Sicilia, Firenze, Milano e, nel 1790, alcuni mesi a Venezia – documentata dal diario Italienische Reise (Viaggio in Italia), pubblicato tra il 1816 e il 1820. Nel corso dei suoi soggiorni italiani Goethe vide e studiò i capolavori della pittura italiana e, soprattutto a Roma, frequentò l’ambiente cosmopolita legato all’Accademia di Francia e alla colonia di artisti e teorici tedeschi allora presenti in città. Frequentò Tischbein, che ne dipinse un celebre ritratto (1787: Francoforte, ski), Hackert Heinrich Meyer e approfondí la propria cultura a contatto con Winckelmann le cui teorie aveva conosciuto in Germania tramite Oeser e Mengs, partecipando alla «riscoperta dell’antico». Insieme a Tischbein riassunse le proprie concezioni estetiche in un saggio intitolato Semplice imitazione della natura, maniera, stile (1789).
Tornato a Weimar si dedicò a uno studio metodico di carattere scientifico, in vista di un secondo viaggio in Italia che però non venne mai realizzato (cfr. Preparazione del secondo viaggio in Italia, 1795-96) e alla redazione delle biografie di Winckelmann e di Hackert. Negli anni successivi elaborò un «misticismo estetico fondato sull’intuizione» (Michea) che si contrapponeva alla cultura dei conoscitori concentrati sui valori concreti della pittura al di là di ogni interesse teorico, proponendosi di sostituire alla critica di tipo analitico una critica intuitiva. Interessato all’arte dei primitivi, sulla scia della lettura di Zanetti si occupò della pittura bizantina a Venezia (1790) e in seguito nel 1815, di Jan van Eyck (seguendo le elaborazioni di Seroux d’Agincourt) e dei primitivi tedeschi, quando vide la collezione dei fratelli Boisserée a Heidelberg, il commento a quest’ultima (Über Kunst und Altertum, Sull’arte e l’antichità) resta il suo scritto piú originale di storia dell’arte.
Secondo l’impostazione teorica che gli era cara, che ritorna nei suoi studi di botanica e di anatomia comparata, Goethe tentò anche nell’ambito della storia dell’arte un’analisi delle specificità dei fenomeni individuali che ne ricercasse i rapporti con i principî generali senza però eluderne le singolari peculiarità. A Weimar, in collaborazione con H. Meyer, si sforzò di elaborare un sistema educativo delle arti e di orientarne lo sviluppo in Germania anche attraverso l’organizzazione di premi e di esposizioni (Weimar, 1799-1805).
Scrisse inoltre uno dei primi trattati sul colore (Zur Farbenlehre (La teoria dei colori), 1806-10) in cui elaborava una teoria dei colori che si contrapponeva all’analisi di Newton e che resta un’opera fondamentale per lo studio dello spettro cromatico, del miscuglio ottico e dell’impiego «semantico» dei colori.