Hart Crane nasce a Garretsville (Ohio) nel 1899.La sua infanzia e adolescenza furono segnate dalla separazione dei genitori, entrambi di solida e antica famiglia. Unica memoria felice un soggiorno con la madre nella selvaggia Isola dei Pini (Cuba) dove ritornò più volte negli anni irrequieti della giovinezza. Nel 1916 cercò la sua identità letteraria nella bohème del Greenwich Village (New York) avvicinandosi all’imagismo, a Pound e Eliot. Fece vari mestieri: lavorò nell’industria dolciaria del padre, fece il pubblicitario. Tormentato dalle sue vicende omosessuali, ossessionato dall’ansia di non portare a termine i suoi progetti poetici, si uccise al ritorno da un viaggio in Messico buttandosi a mare.
Il suo primo libro, Costruzioni bianche (White buildings, 1926) rivela già nel titolo la metafora portante della sua opera: fare poesia è risolvere le tensioni nell’equilibrio di una strut tura. Una figura architettonica è anche all’origine del poemetto Il ponte (The bridge, 1926) grandioso tentativo di scoprire la sfuggente continuità tra mondo classico e modernità, di operare una ideale fusione tra le divergenti realtà del caos contempora neo. Il ponte cui si allude è quello di Brooklyn, dai tempi del capitano Smith agli anni della depressione, in cui F. vive; ma vi sono vari altri livelli di significato. Rimbaud, i metafisici inglesi, il primo Eliot gli hanno insegnato i più ardui segreti dell’analogia e del simbolo: la sua novità è nell’usarne cantando la nuova complessa realtà americana.
IL PONTE [The Bridge]
Raccolta del poeta americano Crane (1899-1932). E’ l’opera maggiore di questo tormentato poeta. Il titolo si riferisce al celebre ponte di Brooklyn, che unisce il popolare “borgo” newyorkese all’isola di Manhattan. Crane, benchè nativo dell’Ohio, si era trasferito a 17 anni nella metropoli dell’Est, andando ad abitare infine in una stanzetta di Brooklyn Heights da cui si poteva appunto contemplare il grande ponte e l’incessante traffico che si svolgeva sotto le sue arcate. Crane era venuto a New York in seguito alla rottura con il padre, un fabbricante di dolci che lo voleva avviare al commercio. La situazione familiare si aggravò dopo la partenza di Hart, quando i suoi genitori si separarono. A New York, Crane visse lavorando occasionalmente, mentre cominciava a farsi conoscere come poeta in una ristretta cerchia di letterati, quasi tutti gravitanti intorno alla Little Review di Margaret Anderson. Il suo primo volume di poesie, Edifici bianchi, comparve nel 1926, e il ponte nel 1930; nonostante la buona accoglienza ricevuta da quest’ultimo volume e il premio conferitogli dalla rivista Poetry, Hart Crane non riuscì a superare un senso di fallimento personale e artistico, e si uccise due anni dopo. Al di là delle difficoltà della sua vita privata, Crane nel Ponte concepisce una vasta figurazione in sei canti che sostanzialmente celebrano il mito americano: il ponte viene visto come il passaggio attraverso cui fiumane di gente si dirigono attraverso l’interno dell’America, simboleggiata dal corpo della principessa indiana Pocahontas, finché tutto il territorio viene felicemente colonizzato. Il poemetto non procede secondo un ordine logico o cronologico, ma piuttosto per associazioni di idee e di sentimenti. Sotto il profilo stilistico, Crane ammirava in particolar modo Yeats, Pound, i simbolisti francesi e i drammatughi elisabettiani, specie Marlowe. È altresì evidente l’influenza di Whitman e di Eliot, anche se di quest’ultimo Crane non condivideva il pessimismo.