La pittura inglese della metà del XVII secolo non risentì soltanto dell’attività svolta da Van Dyck, in Inghilterra (1632-1641). Prima di lui, l’olandese Daniel Mytens e Cornelius Jonson avevano rinnovato la tradizione elisabettiana. Anche il solo pittore inglese di un certo valore, Nathaniel Bacon, un dilettante, si ispira all’arte olandese per il suo Autoritratto. Il soffitto della Whitehall di Rubens (1634) fu un’impresa che influenzò tutta la cultura pittorica locale, ma soprattutto il soggiorno di Van Dyck aprì gli orizzonti del ritratto barocco, dando vita alla raffinata ritrattistica della corte di Carlo I con la varietà straordinaria dei ritratti, a grandezza naturale e a mezzo busto, la sensibilità coloristica e la tecnica agile.
Il mutamento stilistico tra la prima e la seconda metà del secolo si avverte meno nella pittura che nell’architettura. Questo periodo è dominato da Peter Lely, un olandese attivo in Inghilterra già prima del 1640, e da Godfrey Kneller, artisti che godettero di un grande favore. Lely, ottimo colorista, trovò dapprima un limite nell’imitazione di Van Dyck, quindi nella ricerca forzata di originalità nell’atteggiare i modelli femminili, mentre nei ritratti maschili rimase più vicino agli olandesi. John Michel Wright, il solo inglese membro dell’accademia romana di San Luca, non riuscì a rispondere alle esigenze della ritrattistica di corte, mentre John Riley raggiunse nei suoi ritratti una somiglianza delicata e penetrante. Samuel Cooper riuscì ad infondere nuovo vigore alla tradizione del ritratto in miniatura.
Nel XVIII secolo la pittura inglese non conosce, a differenza dell’architettura, una fase classicheggiante. I nobili chiedevano ai pittori inglesi solo ritratti, per il resto attingevano all’Italia e alla Francia. Hogart, il pittore di maggior rilievo durante il regno di Giorgio II, ideò un genere nuovo, il soggetto morale moderno, di intento letterario e didattico, con interessi sociali, e ne trasse incisioni che ebbero larghissima diffusione. I ritratti di Hogart possiedono una calda umanità e una vivacità di tratto che li pongono al di sopra delle opere di altri ritrattisti alla moda. Nonostante questo artista, però, la ritrattistica inglese rimane provinciale.
La trasformazione dell’arte inglese dopo il 1760 è associata al nome di Joshua Reynolds, che tornò da un viaggio in Italia (1749-1753) entusiasmato da Michelangelo, Raffaello e dall’antico. Le sue opere risentono anche dell’imitazione di altri maestri, quali Van Dyck. Egli ebbe però grande capacità di inventiva e di caratterizzazione: i suoi ritratti si fondono in modo mirabile con l’allegoria. Negli ultimi anni la sua opera acquistò ulteriore respiro dallo studio di Rubens.
Thomas Gainsborough, suo antagonista, fu artista di grande leggerezza, fluidità di tocco, sensibilità coloristica e resa del paesaggio. La pittura di fantasia dei suoi ultimi anni, ispirata a Murillo, con mendicanti e zingarelle su sfondi agresti, contribuì alla nascita della “pittura di sentimento”. I paesaggi di Gainsborough risentono ancora dell’influenza di Rubens.
La pittura di soggetto storico, molto frequentata dai pittori inglesi di questo secolo, diede raramente risultati brillanti. La pittura di genere toccò invece molti temi: la casa, il teatro, le pastorelle, lo sport, e trovò posto anche nelle esposizioni della Royal Academy. Tra i pittori che si cimentarono in questo e in altri generi troviamo Joseph Wright of Derby, che si occupò di soggetti scientifici, paesaggi, ritratti e rappresentazioni storiche. Le maggiori fortune della pittura di questo periodo sono riposte nel paesaggio, forte dell’influenza di Canaletto, giunto a Londra nel 1746. Il vero fondatore della scuola paesaggistica inglese fu Richard Wilson, che visitò l’Italia. Grande importanza fu data alla tecnica dell’acquerello, molto usata soprattutto da John Robert Cosenz.
Tranne che nella pittura di paesaggio, quasi tutte le componenti del Romanticismo si trovavano in nuce nell’arte inglese prima del 1790. L’arte di Füssli, con i suoi richiami classici, introdusse in Inghilterra le idee dello Sturm und Drang tedesco, insieme alle forme del manierismo italiano del XVI secolo. Tra gli artisti inglesi, William Blake fu tenace avversario del classicismo della Royal Academy e fu un artista originale, come si vede nelle illustrazioni dantesche, benché egli impieghi, per trasmutarlo, un motivo derivato da fonte accademica.
Il maggior contributo della pittura inglese al Romanticismo si ebbe nel campo del paesaggio. Nel Settecento il paesaggio era ancora uno sfondo per altre rappresentazioni, ma ora la natura diventa importante in sé. I due maggiori rappresentanti del paesaggio romantico sono John Constable e Joseph M. W. Turner. Constable, che si formò sui paesaggisti inglesi del Seicento e su Gainsborough, si propose di rendere immediatamente la luminosità del paesaggio inglese. I suoi schizzi a olio, di straordinaria freschezza, rivelano intensità di osservazione, giustezza di disegno, colore e vivacità di tocco, ammirate perfino da Delacroix.
Turner fu ricercatore più audace di Constable, ma ebbe un’influenza meno immediata. Tutta la precedente pittura di paesaggio ebbe un peso nel suo sviluppo. Il tema della lotta dell’uomo contro gli elementi fu da lui profondamente sentito e espresso nelle opere giovanili con ricchezza di motivi e chiaroscuri drammatici. Egli elaborò un tipo di pittura storica nel quale il dramma dell’individuo si fonde col dramma della natura. Ebbe interesse anche per il genere pastorale. Fu un grande disegnatore, ma nelle opere tarde le forme si dissolvono in luce e colore, in una pittura di fantasia. Constable e Turner sono pittori di statura europea, decisivi per il formarsi della visione artistica moderna. Nessun artista del XIX secolo regge il confronto con loro, presto tutta l’arte inglese sarebbe affondata nella palude dei revivals e gli artisti avrebbero attinto all’antichità e al medioevo come a repertori per ricostruzioni nostalgiche. Col trionfo della pittura aneddotica finisce l’età dell’oro della pittura inglese.