Le prime menzioni di Van Eyck riguardano pagamenti per il suo servizio presso il duca Giovanni di Baviera dal 1422 al 1424. Il suo luogo di nascita viene identificato, ma senza completa certezza, con Maaseick, villaggio nella valle della Mosa appartenente alla diocesi di Liegi. Le sue prime opere note sembrano essere le miniature di alcuni fogli del Libro d’ore di Milano-Torino, eseguite per il duca Guglielmo IV di Baviera prima del 1417 o, piú verosimilmente, per il duca Giovanni tra il 1422 e il 1424 (il Bacio di Giuda, San Giuliano e santa Marta in barca, Preghiera di un principe sovrano (già a Torino, bn: distrutte); Nascita di san Giovanni Battista, Messa funebre: Torino, mc). Lo spirito generale di tali composizioni rientra in una nuova concezione della realtà, ma la linea delle figure e la raffinatezza del colore indicano il persistere delle tradizioni dello stile internazionale.
A partire dal maggio 1425, troviamo il pittore, in veste di valletto di camera, al servizio del duca Filippo il Buono, che non lascerà piú fino alla scomparsa. Dal 1426 al 1429 abita a Lilla. Nel 1426 compie due volte viaggi segreti, forse per eseguire ritratti di qualche principessa che il duca, vedovo, pensava di prendere in sposa. Dal 19 ottobre 1428 al Natale 1429 partecipa all’ambasceria che si reca a Lisbona per concludere le nozze di Filippo il Buono con Isabella di Portogallo. Dopo il 1429, a quanto pare si stabilisce a Bruges, dove acquista una casa nel 1431. Poco si conosce della sua attività al servizio del duca di Borgogna, se non che nel 1433 lavorò al palazzo del Coudenberg a Bruxelles. Sembra risalga ai suoi esordi la Vergine in chiesa (Berlino-Dahlem), che rappresenta un interno rischiarato da una luce altrettanto preziosa e immateriale di quella dei fogli di Torino e che riscosse ampio successo, attestato dall’esistenza di almeno due copie di quest’opera di mano di artisti piú tardi (Gossaert e il Maestro del 1499).
La prima data certa riguardante la produzione artistica di Van Eyck è quella del compimento dell’altare dell’Agnello mistico: 1432. La sorprendente vastità del programma condusse il pittore ad adottare formule diverse. La tavole inferiori, all’interno del polittico, presentano personaggi di proporzioni piuttosto piccole in un vasto paesaggio: si richiamano ancora allo stile delle miniature e sono forse dovute alla collaborazione del pittore col fratello Hubert. Invece nelle tavole superiori figurano personaggi grandi circa la metà rispetto alla scala naturale, di dimensioni molto diverse rispetto ai precedenti. L’esterno del polittico presenta una profonda unità di concezione: la proporzione dei pannelli da un livello all’altro è assai equilibrata e corrisponde a un intento monumentale. Le figure dei donatori, Jodocus Vydt e sua moglie Elisabeth Borluut, s’inscrivono in potenti forme sotto le arcate ove pregano, mentre l’Annunciazione viene rappresentata, al secondo registro, entro un interno che si apre, mediante una finestra, su una piazza medievale. Il complesso di queste tavole è armonizzato secondo una gamma cromatica monocroma, piú sorda di quella dell’interno, che rammenta la grisaille, e conferisce loro un carattere piú scultoreo e decorativo.
Dal 1432 si succedono alcune opere datate: Ritratto di Tymotheos (1432: Londra, ng), identificato col musicista Gilles Binchois; l’Uomo dal turbante rosso (1433: ivi), di cui soltanto il volto emerge dall’ombra e nel quale, senza la minima prova, si è voluto scorgere sia un autoritratto, sia l’effige del cognato del pittore, a causa della sua somiglianza con Marguerite van Eyck (Bruges, mba). La medesima data (1433) figura sul piccolo pannello di una Vergine col Bambino (Melbourne, ng), rivelatosi replica antica di un originale perduto. Risale al 1434 uno dei capolavori del pittore, il ritratto di Giovanni Arnolfini e sua moglie (Londra, ng): le due solenni figure compaiono in primo piano, mentre dietro di loro si sviluppa un prezioso interno, che la luce anima di numerosi bagliori giocando sugli specchi e sui rami. Al di sopra di uno specchio posto dietro la coppia, che ne riflette il dorso, si può leggere «Johannes de Eyck fuit hic» ed effettivamente si distingue,
in questo medesimo specchio, una terza forma, quella di un uomo, il pittore, che in teoria si collocherebbe al posto dello spettatore, all’ingresso della camera rappresentata: particolare rivelatore di una predilezione per l’illusionismo. Nel 1436 E esegue il ritratto di un orafo di Bruges, Jean de Leeuw (Vienna, km) e soprattutto la Vergine del canonico Van der Paele (Bruges, mba) il massimo dipinto dell’artista dopo l’Agnello mistico. Malgrado la solennità della scena, ambientata in una chiesa, il dignitario viene rappresentato con un realismo tinto di un umorismo discreto. Nel 1437 due opere di piccolo formato raffigurano un mondo microscopico: la Santa Barbara (oggi ad Anversa), incompiuta, descrive, dietro la santa di gotica finezza, l’animazione di un cantiere ove si edifica la torre, attributo del personaggio; e un piccolo trittico (la Vergine col Bambino tra san Michele (che presenta un donatore) e santa Caterina: Dresda gg), che traspone in un mondo miniaturistico i caratteri della Vergine del canonico Van der Paele. Il 1439 è l’anno di due opere di assai diversa destinazione.
La prima è il già citato Ritratto di Marguerite van Eyck dipinta a mezza figura in severa posa dietro una cornice marmorea. L’altra, la Vergine dalla fontana (conservata ad Anversa), è nello stile delle opere di piccolo formato: un mondo prezioso e cristallino cinge la fine forma della Vergine. Infine, E lavora probabilmente nel 1440-41 alla Madonna di Nicolas van Maelbeche (Gran Bretagna, coll. priv.), lasciata incompiuta e destinata alla chiesa di Saint-Martin a Ypres. Accanto a tali opere, datate da una scritta sulla cornice originale, spesso associata al motto a(c ixh xan («als ikh kan», come posso), vanno citati alcuni quadri importanti di piú difficile collocazione. Il sorprendente Ritratto di cardinale (Vienna, km), del quale si conserva anche un disegno preparatorio (Dresda, Gabinetto dei disegni), non può piú venire identificato col cardinal Albergati, come voleva la tradizione. Il Ritratto di Baudoin de Lannoy (Berlino-Dahlem) è successivo al 1431. La Vergine con Bambino, proveniente dalle coll. del duca di Lucca (Francoforte, ski) è vicina allo stile dell’Agnello mistico. Infine, la Madonna del cancelliere Rolin (Parigi, Louvre), dipinta per il consigliere del duca di Borgogna e destinata alla sua cappella nella cattedrale di Autun, potrebbe risalire al 1430 ca. Tra la Vergine e il donatore, attraverso un triplice porticato, compare un paesaggio urbano singolarmente esatto: i dettagli essenziali sono tratti da Liegi, ma il pittore ha modificato, con la sua fantasia, alcuni aspetti del modello. La Madonna dal certosino (New York, Frick Coll.) pone qualche problema; la sua proposta identificazione con un’opera commissionata dal priore Jan Vos è possibile, ma è meno probabile che il dipinto possa datarsi soltanto in base alla nomina del monaco a priore a Bruges nel 1441.
Alcuni altri dipinti sono di attribuzione incerta. è il caso di due ante dedicate alla Crocifissione e al Giudizio universale (New York, mma), che mostrano un’arte piú illustrativa e piú arcaica rispetto a quella delle opere certe. Ed è forse anche il caso di due versioni di un San Francesco con le stigmate (Filadelfia, am, Coll. Johnson; e Torino, Gall. Sabauda) e dell’Annunciazione (Washington,ng;); e soprattutto di un San Girolamo nella sua cella (Detroit, Inst. of Arts), datato 1442, anno posteriore alla scomparsa dell’artista. Infine, vengono spesso ritenuti copie di opere perdute di Van Eyck un disegno per un’Adorazione dei magi (Berlino-Dahlem), probabili testimonianze di opere giovanili. Si crede pure di poter affermare che Van Eyck sia il creatore di due importanti composizioni, fondamentali per la nascita e lo sviluppo in Europa di una pittura profana, note oggi soltanto da descrizioni o interpretazioni tarde: una Donna che fa la toeletta e un Mercante che fa i conti.
I testi del xvi sec. assegnavano al pittore il merito di aver inventato la tecnica a olio. In realtà, l’uso di essa era conosciuto in precedenza ma sembra davvero che Van Eyck ne abbia generalizzato l’adozione. Il suo metodo resta quanto mai personale, e sembra fondato sulla sovrapposizione di strati di pittura di diversa natura e trasparenza.