Conan Doyle più che un vero creatore fu un fortunato volgarizzatore della detective novel e la sua tecnica è in bilico fra la scrittura un po’ truculenta del francese Gaboriau e quella più sottile e misurata di un Edgar Allan Poe, che del genere fu un insuperato precursore, con la famosa figura di Dupin. Conan Doyle ha una grande facilità di tessitura delle storie poliziesche che vedono nel protagonista l’investigatore privato Sherlock Holmes, la sua creatura più riuscita: impasto sapiente di astuzia, fredda razionalità, acutezza intuitiva, non disgiunte queste qualità da una sicura padronanza tecnica deduttiva, per cui l’investigatore arriva alla scoperta dell’assassino attraverso particolari minimi, sfuggiti alla polizia. La serie è composta da una decina di romanzi, di cui il primo è La macchia scarlatta (A study in scarlet, 1887), in cui la tecnica del flash back appare come elemento predominante del suo modo di raccontare, ripreso poi spesso successivamente, come per esempio nel secondo Il segno dei quattro (The sign of four, 1889); cioè, scoperto l’assassino nelle prime 30 o 40 pagine, il narratore salta indietro nel tempo e dipana minutamente la storia partendo dagli inizi col rivelare quindi tutto il meccanismo deduttivo che ha portato al successo finale. Con Le avventure di Sherlock Holmes, del 1891, abbiamo il vero inizio della storia del detective privato Holmes, e l’introduzione di un personaggio di spalla con il compito di narrare le gesta dell’eroe, il dottor Watson, suo amico e confidente, sempre impegnato nell’affannoso tentativo di distoglierlo dal terribile vizio della droga. Tra parentesi, Conan Doyle aveva studiato medicina a Edimburgo, quindi è possibile vedere nella figura del dottor Watson un riferimento autobiografico dell’autore.
Al protagonista si contrappone la malefica genialità del professor Moriarty, capo di una banda di criminali e che il rovescio, per astuzia e razionalità, di Sherlock Holmes. I due vengono infine a scontrarsi a viso aperto sulle montagne della Svizzera e in un selvaggio corpo a corpo rotolano ambedue in un crepaccio. Ma i lettori di Conan Doyle protestarono vivacemente per questa incredibile, anche se eroica, scomparsa del loro eroe e lo scrittore fu costretto a risuscitarlo e continuarne le avventure nei due successivi romanzi, Ricordi di Sherlock Holmes (Memoirs of Sherlock Holmes, 1893) e Il ritorno di Sherlock Holmes (The return of Sherlock Holmes, 1904), nel quale l’autore giustifica la momentanea scomparsa dell’investigatore Holmes, che si era fatto credere scomparso al solo scopo di prendere in trappola tutti i componenti della banda del professore Moriarty, quest’ultimo veramente defunto. In La casa abbandonata (The empty house) l’azione è ambientata a Londra, dove Holmes scopre l’assassino di un lord nella persona del famigerato e astuto colonnello Moran. Poi seguono altre avventure con la Valle della Paura (The valley of fear, 1915), in cui ricompare Moriarty con la sua banda di lestofanti; in questo romanzo Conan Doyle racconta gli antefatti dei crimini di Moriarty e il ciclo si chiude successivamente con Il taccuino di Sherlock Holmes (The casebook of Sherlock Holmes, 1927), racconto molto inferiore agli altri, perchè ormai sono evidenti i segni di stanchezza e di inaridimento della vena narrativa.