La chanson de Roland è la più famosa, la più antica e la più bella chanson de geste, e una delle più corte (4002 versi) se si pensa che i romanzi di Cretiénne hanno minimo 6000 versi e il lettore medievale era abituato a molte migliaia di versi. La versione più antica è pervenuta in un manoscritto conservato a OxfordDigbi23 Bodleian library con sigla O. Questo manoscritto è stato copiato nel secondo quarto del XII secolo, gli studiosi pensano che il testo così come era in O sia stato scritto alla fine del secolo precedente (1070 circa). La lingua di questa versione ha una fortissima patina anglo-normanna, forse il manoscritto è stato copiato proprio nel Sud dell’Inghilterra o addirittura la chanson è stata scritta ed è sempre rimasta in quest’area. L’autore ha quindi usato la lingua parlata e scritta nel Sud dell’Inghilterra conquistato dai Normanni nel 1066. Oppure gli scrittori dopo la conquista si trasferirono alla corte di Enrico II Plantageneto protettore di intellettuali e usarono comunque l’anglonormanno. Ci sono versioni più recenti della chanson, il più grande studioso del testo è stato Cesare Segre a cui si deve l’edizione critica normalmente usata e lo stemma codicum. L’archetipo è omega, archetipo non giunto a noi; discendono da omega due subarchetipi alfa e beta, anch’essi non arrivati a noi e ipotizzati; da alfa deriva O manoscritto di Oxford e finisce il ramo, da beta derivano K m W H Gamma Delta V4, le lettere greche sono sempre ipotesi, W m H K sono testimoni giunti a noi e hanno trasmesso in modo perlopiù parziale la chanson in lingue non romanze, traduzioni antiche del testo; W è un romanzo gallese in prosa che contiene un riassunto della chanson, K è un poema in antico tedesco del XII secolo ispirato alla chanson, n rappresenta una traduzione in norreno della chanson che risale a metà del XIII secolo, H rappresenta alcuni frammenti di un rimaneggiamento della chanson in fiammingo, sono tutte testimonianze in lingue germaniche. Gamma dà V4 e Delta, V4 è una versione franco-veneta della chanson, testimone importante perché riflette la fortuna della chanson nell’Italia del Nord, usa una lingua solo letteraria del XIII secolo utilizzata per poemi epici o per rimaneggiare quelli in lingua d’oil nell’Italia settentrionale, lingua mescidata e non unitaria, ogni opera ha un franco-veneto diverso; il manoscritto è conservato a Venezia dunque V. Inoltre questa versione è per metà assonanzata e per metà rimata, a livello Delta dello stemma interviene la novità che la chanson da qui sarà rimata in tutti i successivi testimoni; V4 prende da due fonti una assonanzata una rimata, dal verso 3860 è rimata. Delta è altro subarchetipo dove avviene il cambio, derivano Delta1 e Delta2 non arrivati a noi; da delta1 C e V7, da delta2 P F L l T B. C e V7 sono entrambi franco-veneti e totalmente rimati, tutti gli altri testimoni che vengono da delta2 sono rimati e scritti in francese ovvero lingua d’oil del continente. F l B sono frammentari.
La chanson che si legge di norma è quella di Oxford vicina all’originale e con caratteristiche letterarie superiori rispetto alle altre versioni, tutte derivazioni non dirette da O. Di solito la chanson è la sola contenuta nei vari manoscritti, le edizioni franco-venete contengono altri materiali nella stessa lingua; vi sono poi cicli di chansons de gestes contenute nello stesso manoscritto.
L’argomento della chanson de Roland parte da un fatto storico raccontato da varie fonti latine: il 15 agosto del 778 a Roncisvalle, uno dei passi che mettono in comunicazione Spagna e Francia sui Pirenei, i Baschi massacrano la retroguardia dell’esercito di Carlo Magno che ritorna in Francia. Tra gli scomparsi di questa strage Eginardo cita un certo Ruolandus marchese di Bretagna. L’autore della chanson de Roland va molto al di là del dato storico, il nucleo narrativo è nell’agguato di Roncisvalle ma il genio letterario dell’autore fa diventare il quasi ignoto Ruolandus il più coraggioso dei paladini di Carlo e suo nipote; gli vengono affiancati altri personaggi come Olivieri; nella fantasia la retroguardia viene massacrata dai perfidi pagani. Si nota già dalla prima lassa che gli elementi fantastici superano quelli reali e si parte in medias res; tanti sono i personaggi inventati tra cui Marsiglio re dei pagani che occupa il ruolo che dall’altra parte occupa Carlo. L’autore crea poi una vicenda che porta al massacro, il tradimento di Gano uno dei migliori esponenti dell’esercito di Carlo che decide di tradire perché vuole l’eliminazione di Rolando, così si accorda con Marsiglio e lo informa del passaggio della retroguardia con a capo Rolando, e Marsiglio la assale con un numerosissimo esercito contro il manipolo di coraggiosi guidati da Rolando. Rolando non vuole suonare il corno per far tornare indietro l’esercito perché vuole affrontare il nemico, solo quando sono tutti scomparsi suona il corno e muore per lo sforzo; Carlo ritorna, ottiene da Dio di prolungare il giorno e massacra tutti i Saraceni. Tornati ad Aquisgrana Carlo scopre il tradimento di Gano che viene squartato e appeso alle forche. Nella chanson c’è un forte legame tra l’eroismo guerriero e la causa cristiana, tanto che alcuni hanno parlato di spirito di crociata: prolungamento del giorno, Carlo nel duello finale è aiutato dall’arcangelo Gabriele, l’arcivescovo Turpino fa parte dei paladini e assicura benedicendoli che scompare quel giorno saranno martiri. I paladini sono dodici come gli apostoli, Gano tradisce come Giuda. Il coraggio di Rolando è messo a confronto con la saggezza di Olivieri, che suggerisce di suonare il corno; Rolando impersona l’etica cavalleresca portata all’eccesso. L’ispirazione quindi unisce elemento profano e religioso. Rolando è descritto come figliastro di Gano senza approfondire, rapporto conflittuale perché Gano pensa che il coraggio di Rolando sia folle e Rolando guarda Gano come un vile. Sono quindi evidenziati i rapporti di forza all’interno della schiera dei paladini, nobili parte dell’entourage di Carlo. L’episodio centrale è quello in cui si deve portare un messaggio a Marsiglio, Rolando propone che lo faccia Gano che accetta mal volentieri e scatta nella mente di Gano l’idea del tradimento; Gano farà il nome di Rolando che non può tirarsi indietro, Carlo capisce la difficoltà della situazione ma non può uscirne perché l’onore del sovrano non può essere macchiato da un atto di viltà e questo meccanismo bloccato porterà inevitabilmente alla tragedia di Roncisvalle. A volte sacro e profano sembrano in conflitto, nella scomparsa di Rolando c’è l’aspetto del martire e gli arcangeli ne prendono in consegna l’anima, ma ricorda anche in una lassa tutte le imprese che ha compiuto per Carlo e non dice mai che l’ha fatto per la gloria di Dio ma per Carlo, imprese terrene e feudali, si è comportato da paladino fedele mettendo a repentaglio la vita per aumentare il potere di Carlo. Non c’è alcuna concezione al comico come in altre chansons, il linguaggio è sobrio e purificato: non compaiono insulti rivolti ai nemici che in seguito diventeranno formulari. Manca l’amore, solo in due lasse compare la promessa sposa di rolando Alda la bella che muore di dolore apprendendone la scomparsa. L’autore aveva grandi capacità letterarie e un’idea precisa del contenuto, grazie alla chanson Carlo diventa il sovrano per eccellenza e Rolando il paradigma del cavaliere fedele.
Non sappiamo chi ha scritto la chanson con certezza; l’ultimo verso recita Ci faut la geste que Turoldus declinet, Qui termina il racconto che Turoldo “declinet”, verbo decliner comporre, tradurre dal latino, trascrivere, raccontare. Turoldo è copista, rimaneggiatore, traduttore???
Molti studiosi pensano che il Turoldus che mette la firma alla chanson, qualunque ruolo abbia svolto, potrebbe essere identificato con un monaco normanno trasferitosi nel Sud dell’Inghilterra vissuto sul finire del secolo XI; coincide l’epoca e il luogo in cui è vissuto, in accordo con la patina anglo-normanna del poema; Turoldus era originario della cittadina di Fequand in Normandia importante nella storia della letteratura francese. Anche supponendo che questo Turoldo sia l’autore, cosa avrebbe scritto? Sarebbe autore di una chanson de Roland e non della chanson de Roland, problema legato al genere letterario delle chansons de gestes così soggette a interventi di rifacimento, allungamento, accorciamento. Turoldo sarebbe quindi l’autore della versione che conosciamo attraverso il manoscritto di Oxford, che è la più antica che possediamo ma non la più antica in assoluto. Possiamo dire abbastanza certamente che esistettero altre versioni prima di quella di Oxford che risale al secondo quarto del XII secolo; ma il testo che vi compare, secondo gli studiosi, è più antico e sarebbe una copia di un originale precedente, scritto sul finire dell’XI secolo intorno al 1070. Però in un documento notarile dell’inizio dell’XI secolo compaiono le firme di due fratelli, uno si chiama Oliviero e l’altro Orlando; se si utilizzavano questi nomi vuol dire che i due eroi positivi della chanson erano abbastanza famosi da avere un riscontro nell’onomastica, la storia è quindi più antica di quella che leggiamo nella versione di Oxford. Inoltre è stato trovato in Spagna nel monastero di Sanmillan de la Cogolla un documento nel quale c’è un riassunto della vicenda narrata nella chanson (nota Emilianense) datato intorno al 1060; questo significa che la vicenda narrata nella chanson era nota prima della versione che conosciamo. Abbiamo dunque alcune versioni della chanson con una storia più o meno simile, non sappiamo quanto siano diverse, quante siano e quando siano state scritte le versioni più antiche del manoscritto di Oxford. Questa caratteristica di avere più versioni non è propria di altri generi e neppure dei cantari, che possono raccontare la stessa storia ma differiscono sempre l’uno dall’altro per motivi formali.