La poesia di Saba è quella di un autodidatta, fondata prevalentemente sui libri della tradizione scolastica. Questo è il limite della sua poesia, ma anche la sua forza e il segno della sua originalità.
La poetica dell’Ermetismo gli è completamente estranea; egli, infatti, non esita ad adottare le forme poetiche del passato, come la metrica regolare e l’uso delle rime. La sua poesia è stata considerata antinovecentista, proprio perché rifiuta le innovazioni della ricerca poetica del proprio tempo. Il linguaggio è semplice e immediato, il lessico volutamente povero e comune, con termini casalinghi e familiari.
Temi
Le opere di Saba sono spesso autobiografiche, legate alle normali consuetudini della vita, alle presenze familiari e domestiche. La moglie, gli animali della campagna e la città in cui vive sono alcuni temi predominanti nelle sue poesie.
Anche la gioia e l’angoscia si presentano spesso nei suoi componimenti, considerati come elementi costitutivi dell’esistenza individuale e collettiva. Il suo realismo non si ferma alle apparenze superficiali, ma cerca i sensi nascosti nelle cose, anche a costo di metterne a nudo gli aspetti più sgradevoli.
Il suo bisogno di confessarsi e raccontarsi caratterizza non solo le sue prose, ma anche le sue poesie del Canzoniere. Egli si racconta poeticamente per blocchi tematici, che corrispondono a momenti e a ragioni particolari della sua vita.
A mia moglie.
All’interno della tradizione poetica italiana, la donna è sempre stata vista idealizzata o angelicata. Questo non accade in questa poesia, fatta di un susseguirsi di confronti fra la moglie del poeta e le femmine di numerosi animali.
La poesia fa pensare a un improvviso ritorno all’infanzia, che però non esclude la presenza dell’uomo. Il poeta, come il fanciullo, ama gli animali più che gli uomini. I vari paragoni hanno l’intendo di illustrare le qualità fisiche e morali della donna.
Gli animali sono protagonisti del genere letterario della favola, e qui perdono ogni funzione allegorico – morale, trasformandosi in emblemi naturali della vita.
Il linguaggio è semplice e vicino a quello quotidiano, caratterizzato da qualche arcaismo letterario.
La capra.
Saba in questa poesia, trasforma un particolare umile e quotidiano (la capra) in simbolo universale.
Egli imposta la poesia come un colloquio ma anche come una descrizione. Gli attributi che egli da alla capra indicano una condizione di infelicità che umanizza l’animale, rendendo quasi credibile il dialogo muto con il poeta.
L’espressione “sazia d’erba” sembra alludere a una soddisfazione dei bisogni materiali, ma porta in se anche l’idea di noia e disgusto. Anche il verbo “belava” porta in se un significato più profondo della fame o del fastidio della pioggia.
Emerge una solidarietà tra il dolore del poeta e quello della capra, dolore che nel corso della composizione diventa universale, riguarda l’intera umanità. È attraverso questa progressione che l’animale diventa simbolo di un sentimento universale.
L’espressione “viso semita” rimanda a una precisa dimensione storica, alla vicenda del popolo ebraico oppresso e perseguitato nel corso dei secoli.
Amai.
L’uso del passato remoto sottolinea la distanza temporale, in contrasto con il presente usato nei due versi finali, che stabilisce una linea di continuità.
La prima strofa fa uso di parole semplici e comuni, ed è caratterizzata da una musicalità dei versi scorrevole e piana, basata su rime elementari.
La strofa centrale si riferisce ai contenuti esistenziali della poesia, alla ricerca di una verità che porta spesso dolore e paura. Ma la vita è anche fonte di gioia e consolazione, come risulta dai due versi conclusivi, che si riferiscono al lettore, per renderlo partecipe di un’esperienza preziosa.