Le macchine da stampa vengono utilizzate per trasferire l’inchiostro da un cliché alla pagina stampata. Le prime macchine da stampa erano torchi a vite, progettati per fare pressione sulla forma tipografica, che veniva sistemata opportunamente sul piano della macchina. La carta, inumidita, veniva premuta contro i caratteri dalla cosiddetta tavola mobile, che veniva avvitata sulla forma dopo che quest’ultima era stata inchiostrata. La macchina era dotata di rotaie, che consentivano di sfilare la forma dalla macchina senza sollevare di molto la tavola mobile. Ciononostante la macchina, lenta e poco pratica, poteva produrre solo circa 250 stampe all’ora.
Le prime macchine da stampa sfruttavano un meccanismo a vite simile a quello dei torchi utilizzati per la spremitura delle olive ed erano costruite in modo da esercitare una forte pressione sulla forma tipografica. Il ritmo di stampa di queste macchine era piuttosto basso, e venivano prodotte in media solo 250 copie all’ora.
Nel XVII secolo vennero introdotti meccanismi a molla che permettevano di sollevare la tavola più rapidamente, mentre nell’Ottocento furono introdotte macchine da stampa in ferro; nello stesso periodo, le viti che riportavano la tavola sul piano vennero sostituite da leve più funzionali. Benché le migliori macchine manuali di questo periodo producessero solo circa 300 stampe all’ora, la possibilità di usare forme molto più grandi permetteva di ottenere un maggior numero di pagine alla volta.
Macchina da stampa rotativa
La prima macchina da stampa rotativa fu progettata nel 1846 da Richard March Hoe. La carta scorreva da un grosso rotolo attraverso i cilindri in rotazione, veniva stampata e infine tagliata in fogli.
Durante il XIX secolo furono introdotte nuove macchine da stampa: quella a vapore, che rivoluzionò l’industria tipografica; quella a cilindro, che impiegava un cilindro rotante per premere la carta contro la forma tipografica piatta; la rotativa, in cui sia la carta sia il cliché, di forma ricurva, sono avvolti su cilindri; infine una macchina per la stampa in simultanea su entrambi i lati del foglio. Per la stampa dei quotidiani a larga diffusione si impiegarono macchine di questo tipo. Nel 1863 lo statunitense William A. Bullock brevettò la prima macchina da stampa per rotoli di carta, che stampava su nastri di carta continua invece che su singoli fogli, mentre nel 1871 il tipografo statunitense Richard March Hoe, che già nel 1846 aveva brevettato la prima rotativa, perfezionò una macchina da stampa a rullo continuo con la quale era possibile produrre fino a 18.000 quotidiani all’ora.
ILLUSTRAZIONI
Per secoli i manoscritti erano stati illustrati a mano; con l’avvento della stampa a caratteri mobili gli artisti si dedicarono sempre più alle incisioni, riportando i disegni su legno e metallo, permettendo ai tipografi del Rinascimento di inserire immagini nei testi stampati. Tra i più celebri artisti del Rinascimento, autori di opere a stampa, si annoverano Andrea Mantegna e i tedeschi Albrecht Dürer e Hans Holbein il Giovane. A seconda del materiale su cui si incide (legno o metallo, e, successivamente, linoleum), e degli strumenti o delle tecniche impiegate, varia il tipo di segno nonché il nome con cui si indica l’incisione stessa, che viene definita ‘in cavo’ se si inchiostrano i solchi e ‘in rilievo’ nel caso contrario. (Vedi anche Illustrazione libraria).
MACCHINE DA STAMPA MODERNE
Le grandi tirature, divenute possibili grazie all’invenzione della macchina da stampa a vapore e allo sviluppo di macchine per la fabbricazione di rulli continui di carta, furono ulteriormente favorite dall’introduzione della stereotipia (1829), grazie alla quale si potevano duplicare cliché tipografici già pronti. Nel 1884 fu messa a punto la linotype, una compositrice tipografica che riduceva notevolmente il tempo necessario per comporre un testo; successivamente la fotografia contribuì allo sviluppo dei moderni procedimenti fotomeccanici.
La linotype, inventata nel 1885 da Ottmar Mergenthaler, regnò incontrastata nelle tipografie fino all’avvento dei computer. Si trattava di una macchina compositrice meccanica in grado di comporre e fondere i caratteri tipografici in linee intere. Era costituita da tre sezioni: il magazzino che custodiva le matrici dei caratteri alfabetici (allineate sul compositoio dal linotipista, usando una tastiera); la caldaia con il piombo fuso che, pressato contro le matrici, serviva a comporre la riga di caratteri; i meccanismi che sistemavano al loro posto le matrici dopo l’uso. La prima linotype fu installata nel 1886 al “New York Tribune”.
Negli anni Cinquanta del Novecento furono introdotte le prime fotocompositrici, che producevano immagini fotografiche dei caratteri, e di conseguenza cessò la fabbricazione dei tradizionali caratteri tipografici in piombo. Le immagini venivano fotografate con una speciale macchina fotografica per produrre negativi che potessero essere utilizzati per realizzare lastre litografiche. I progressi nella tecnologia di fabbricazione dei cliché, negli anni Cinquanta e Sessanta, si combinarono con la fotocomposizione mettendo fine al dominio incontrastato della stampa tipografica a rilievo. Anche se la composizione tipografica a metallo caldo è ormai quasi del tutto scomparsa, i procedimenti di stampa a rilievo sono ancora molto usati. La maggior parte dei cliché tipografici a rilievo, tuttavia, viene ora realizzata con mezzi fotomeccanici. Oggi le pagine da stampare, complete di illustrazioni, possono essere realizzate direttamente sullo schermo di un computer.
Le prime tecniche di stampa prevedevano che i caratteri venissero disposti manualmente. Le parole del testo venivano prima composte singolarmente, da destra a sinistra, su apposite barrette (in alto) e poi trasferite su una lastra metallica, detta forma o telaio (in basso a destra), che, una volta inchiostrata, andava nella pressa. La pialla (in basso a sinistra) serviva a livellare i caratteri.