Se si prescinde dal ciclo giorno-notte, base elementare della misura del trascorrere del tempo, sono altri due i fenomeni ricorrenti più appariscenti che, pertanto, sono alla base di ogni calendario. L’uno è il ciclo annuale, con tutte le sue manifestazioni, ed il secondo è il ciclo lunare con l’alternarsi delle forme lunari nel cielo notturno. Il Sole e tutte le manifestazioni ad esso correlate forniscono spontaneamente l’anno, la luna con la sua periodicità fornisce il mese. E da qui nasce un difficile problema da cui discendono le varie e numerose forme di calendario testimoniate nel passato come nel presente. Il problema è che mese ed anno non sono tra loro compatibili, nel senso che l’anno non è un multiplo esatto del mese. Il mese lunare, la ricorrenza cioè di una eguale fase lunare nel cielo, ha infatti la durata di circa 29,5 giorni. Il che significa che l’anno è formato da circa 12,4 mesi o, in altre parole, che non si può comporre un anno con un numero intero di mesi. Da qui la necessità di scegliere o il mese o l’anno, o qualche altro complicato sistema per mettere d’accordo le due alternative.
La scelta più immediata, e più utilizzata nel passato è quella di scegliere il mese come base di misura del tempo. La letteratura ci ha insegnato che questa è la scelta, ad esempio, delle popolazioni degli indiani d’America, con la misurazione del tempo in “lune”. Ma la storia c’insegna che fu questa la scelta anche degli antichissimi babilonesi e dei primi calendari greci e romani. Questa è ancor oggi la scelta del calendario islamico, rigidamente lunare, che è composto da 12 mesi alternativamente di 29 e 30 giorni per un totale quindi di 354 o 355 giorni. Un tale calendario non è correlato con le stagioni, e torna a sincronizzarsi con il nostro calendario ogni 30 anni. Lunare era anche il primitivo calendario romano, da cui origina – dopo alterne vicende – l’attuale nostro sistema.
Del primo calendario romano, il calendario di Romolo, si hanno scarse notizie. Sembra accertato che l’anno fosse composto da soli 10 mesi, iniziando il 1 di Marzo. Settembre, Ottobre, Novembre e Dicembre erano quindi il VII, VIII, IX e X mese, come segnalato ancor oggi nel nome. Gennaio e Febbraio, semplicemente, non esistevano. Si ritiene che questo periodo non calendariato fosse una sorta di tempo sospeso, la stasi dei più rigidi mesi invernali in cui nulla era da segnalare. Il calendario era lunare, e dalla luna provenivano le sue divisioni. Le calende erano i giorni di luna nuova, cioè di assenza di luna nel cielo notturno. Le nonae segnavano il primo quarto di luna e le idi le notti di luna piena. E tutti i giorni venivano riferiti a tali capisaldi, indicando il numero di giorni prima o dopo quelle determinate fasi della luna. A causa della complessità del moto lunare (una lunazione varia tra 29,26 giorni ad un massimo di 29,8 giorni) un calendario lunare tende a seguire l’osservazione della luna, e non a predirla. Come ancor oggi avviene nel modo islamico, in cui l’annunzio dell’inizio del mese del Ramadan segue l’osservazione della prima falce di luna visibile in cielo.
Il calendario di Romolo fu presto emendato, secondo la tradizione, da Numa Pompilio, che portò l’anno a 12 mesi, anno che con alterne vicende si mantenne sino alla tarda repubblica, accumulando purtroppo un sempre crescente errore. Sette secoli dopo Giulio Cesare nella sua qualità di pontifex maximus ricorse all’astronomo Sosigene per rimettere le cose a posto: per riportare l’equinozio di primavera in marzo fu necessario inserire oltre tre mesi supplementari e il 46 a.C., con 466 giorni, risulta di gran lunga l’anno più lungo che la storia ricordi. Nell’occasione fu aspramente dibattuto se per i mesi supplementari fossero o meno dovute le tasse.
Il calendario di Giulio Cesare rimase in uso sino a tempi relativamente recenti, nonostante l’accumularsi di un piccolo errore residuo. Inutilmente nel 1267 Ruggero Bacone, invocava dal suo convento francescano l’allora pontefice Clemente IV affinché rimettesse a posto l’anno che si era ormai spostato di circa 9 giorni. Bisognerà attendere il 1582, e papa Gregorio XIII, perchè l’occidente cattolico adottasse l’attuale calendario, la fine del ‘700 perchè questo calendario venisse adottato dalla Gran Bretagna e dalla Germania Protestante, ed il 1917 perchè infine si aggiungesse anche la Russia ortodossa. Un calendario che è quindi il punto di arrivo di una lunghissima storia che passa attraverso le generazioni e le civiltà, racchiusa e troppo spesso ignorata in quello che ormai ci appare solo come uno dei tanti oggetti del nostro quotidiano.