«Tu, i tuoi [ragazzini], -chiede Sigismonda,- li lascerai guardare tutto quello che vogliono [alla televisione]?»
«Solo roba istruttiva, -rispose Jolando?- Soprattutto il telegiornale. Così impareranno la storia di Francia. Anzi: la storia universale.»
«Come sarebbe a dire?» fa Lucillo.
«E sì, il telegiornale di oggi è la storia di domani. Tutta roba in meno da imparare a scuola, perchè la sapranno già.»
«Ma va’, bravo dài i numeri, -fa Lucillo. -La storia non è mai stata il telegiornale e il telegiornale non sarà mai la storia. Non si deve fare confusione.» […]
«Pensaci un po’ su, andiamo. Un giorno, c’è stata della gente che ha firmato un armistizio, nel millenovecentodiciotto per esempio…»
«D’accordo.»
«… e ci hanno girato il film. Quel giorno lì era cinegiornale, e dopo, per esempio adesso, è diventato storia. Èchiaro, no?»
«No, -disse Lucillo. -Non si regge, perchè il tuo cinegiornale tu non lo vedi mica nello stesso tempo che la cosa succede. Lo vedi circa una settimana, quindici giorni dopo. C’è dei cinema di periferia che il Giro di Francia lo dànno in novembre. Stando così le cose, quand’è che diventa storia, allora?»
R. Queneau, I fiori blu.
Il geniale surrealismo di Raymond Queneau offre una sorta di sintesi, piacevolmente provocatoria, delle difficoltà che in parte derivano dallo statuto epistemologico della storiografia relativa all’età contemporanea -la definizione dell’incerto confine tra cronaca e storia, il faticoso riconoscimento, a distanza ravvicinata, dei percorsi e degli eventi significativi del nostro secolo fino ai nostri giorni e dei documenti che ne individuano gli snodi fondamentali -e difficoltà specifiche dell’insegnamento, come la scelta di documenti funzionali a una lettura scolastica, di fronte a uno straordinario moltiplicarsi delle fonti, grazie anche alla nuova disponibilità di testimonianze orali e visive, che vanno ad aggiungersi all’enorme accumulo di documenti scritti.
Paradossalmente, quello che è causa di tormento per lo storico dei tempi più lontani -il numero circoscritto o molto esiguo di documenti, magari rarefatti e dispersi lungo un ampio arco di tempo -può essere, dal punto di vista dell’insegnante costretto a scegliere testi “esemplari”, fonte di pacificante sicurezza, data l’obbligatorietà della scelta per mancanza di materiali alternativi. Per la storia più vicina, quando la documentazione si fa ricchissima e variegata, si rischia invece la vertigine da abbondanza. Che cosa scegliere nella selva fittissima e intricata dei testi scritti e nella infinita varietà dei documenti audiovisivi oggi disponibili?
Uso e scelta dei documenti storici
Credo che la risposta vada cercata nel quadro di una considerazione complessiva sull’uso dei documenti nell’insegnamento della storia, non solo della storia del Novecento, ma della storia simpliciter, a partire dal fatto che a scuola -sintetizzando in maniera un po’ brutale -non si fa ricerca storica, ma si insegna/impara la storia, in modo più o meno utile, efficace, intelligente, e che l’uso dei documenti è una variabile che contribuisce a caratterizzare la qualità dell’insegnamento/apprendimento.
A scuola, cioè, non si fa storia solo attraverso i documenti, ma si usano i documenti per sviluppare e approfondire alcuni temi ritenuti centrali. Ciò in due sensi: sul piano del metodo, l’analisi dei documenti storici consente di far emergere la specificità del mestiere dello storico, il carattere interpretante della ricostruzione storica e della sua infinita possibilità di approfondimento, allargamento, revisione; sul piano dei contenuti, il ricorso ai documenti serve a puntualizzare, sottolineare, esplicitare, spiegare il significato di un evento, di una congiuntura, di un fenomeno evolutivo, dell’agire di individui e gruppi sociali.
La scelta del documento “esemplare” non deve essere generica (solo perchè il documento è di per sè interessante, bello, coinvolgente ecc.), ma finalizzata nell’economia generale del discorso, a ottenere un risultato didatticamente utile (in direzione metodologica o contenutistica). In ogni caso, è essenziale avere chiaro quello che si vuole mettere in evidenza attraverso la lettura di un documento nell’ambito del lavoro complessivo che viene condotto con gli studenti. Questo vale per la storia del medioevo come per quella del Novecento. Con un’ovvia differenza: che, se per il medioevo disponiamo di coordinate interpretative sicure (o almeno rese tali da una tradizione storiografica diffusa e accreditata), che facilitano la scelta dei documenti da utilizzare nel percorso didattico, ovvero, se per il medioevo esistono dei temi di riconosciuta centralità intorno ai quali è opportuno organizzare letture di approfondimento, ciò appare più problematico per il Novecento, a causa della compressione della profondità e della prospettiva temporale da cui lo sguardo storico trae alimento. L’attenzione si sposta allora sull’esigenza di individuare dei punti di fuga consolidati, seppure provvisori, che consentano di riconoscere persistenze e trasformazioni, linee di tendenza, sviluppi sociali ed economici, sequenze di fatti, periodi “compiuti” (la crisi delle istituzioni liberali, la nazionalizzazione delle masse, la fase della guerra fredda ecc.). Il problema, allora, non è costituito tanto dall’abbondanza di documenti, quanto dalla definizione in via preliminare di un quadro interpretativo relativamente “certo”, in base a cui operare la scelta del documento esemplare/esemplificativo.
Dal punto di vista metodologico, la profusione di documenti relativi al Novecento, anzichè essere una sorta di paralizzante ostacolo, costituisce un indubbio vantaggio, uno stimolo a illustrare, attraverso esempi concreti, lo sviluppo di dinamiche storiche, in cui agiscono soggetti, interessi, punti di vista contrapposti, che aprono la strada a ricostruzioni e interpretazioni storiografiche diversificate. La ridotta disponibilità per i secoli precedenti di un materiale documentario utilizzabile in questo senso (per cui l’esempio delle crociate viste dagli arabi e viste dagli occidentali diventa un topos obbligato pressochè senza alternative) lascia il posto a una pluralità di esempi proponibili nel lavoro didattico, anche per la maggiore accessibilità linguistica di certi scritti contemporanei. Pensiamo al diverso modo di guardare alla resistenza italiana e a quella europea, come fenomeni complessivi o in relazione a singoli episodi, dalla prospettiva dello schieramento fascista e di quello antifascista e, all’interno di quest’ultimo, dell’antifascismo militante, degli ambienti militari, dei governi alleati, e così via. Oppure alle testimonianze contrapposte di uomini rappresentativi dell’Occidente colonizzatore e di esponenti dei paesi colonizzati a proposito dello sviluppo realizzato/mancato delle aree coloniali.
Anche in rapporto alla scelta di documenti atti a illustrare determinati contenuti, non sussiste tanto, per la storia del Novecento, una difficoltà da “choc decisionale”, quanto -e in misura ben più rilevante che per il passato -una tentazione: quella di lasciarsi prendere dalla forza suggestiva dell’offerta disponibile, soprattutto nel campo delle fonti narrative, di una memorialistica sterminata, spesso molto coinvolgente e capace di un notevole impatto emozionale.
Il criterio di scelta, invece, deve sempre essere quello del rigore documentario, ovvero individuare documenti esemplificativi di alcuni aspetti della realtà storica, che si ritiene importante chiarificare ai fini di un’adeguata comprensione.
Un esempio in positivo. Nelle sue memorie l’ambasciatore francese a Varsavia, Leon Noël, rievoca l’attacco nazista alla Polonia, offrendo preziose informazioni per comprendere la fulminea efficacia dell’attacco tedesco: intervento delle forze corazzate, impiego indiscriminato dell’aviazione, attivazione di gruppi della minoranza tedesca in appoggio agli invasori 2. La precisione della testimonianza, la sobria descrizione del precipitare degli eventi ne fanno un documento scolasticamente molto utile, perchè permette, con pochi tratti, di mettere in luce gli aspetti essenziali del funzionamento della macchina bellica tedesca. Meno felici, dal punto di vista didattico, risultano le tante memorie sulla guerra che, pur toccanti e significative dal punto di vista umano, non contengono elementi di chiarificazione e spiegazione: testimonianze utili allo storico che voglia ricostruire atteggiamenti, mentalità, reazioni e forme del sentire collettivo, ma poco utili ai fini scolastici (anzi, a volte fuorvianti nella loro unilaterale emozionalità).
I documenti ufficiali
Non diversamente che per le epoche precedenti, anche per la storia del Novecento è opportuno riservare un certo spazio ad atti e documenti ufficiali, anche se si tratta di testi di solito non immediatamente accattivanti, spesso resi difficili dal lessico tecnico-specialistico che li caratterizza. Sono però testi in grado di “centrare” alcuni nodi di fondo dello sviluppo storico. Individuiamone qualcuno che rappresenti per così dire un concentrato di opportunità. Anche qui, un esempio: la lettura di alcuni articoli, i più importanti, dei Concordati del 1929 e del 1984 tra la Chiesa e lo Stato italiano. I temi che si possono sviluppare, attraverso la lettura congiunta, sono molteplici: i rapporti tra lo Stato e la Chiesa sotto il fascismo e nella situazione attuale, la contradditoria coesistenza, per lunghi anni, della Costituzione italiana e del Concordato del 1929, i percorsi evolutivi della Chiesa, dello Stato, della società italiana dal Ventennio agli anni Ottanta.
Le fonti tipiche della storia contemporanea
Una parola, infine, sulle fonti tipiche della storia contemporanea: fonti orali, fotografie, materiali audiovisivi di vario genere.
Ancora una volta, la scelta non deve guardare alle suggestioni immediate, al gusto del particolare o dell’aneddoto, alla forte carica emozionale che tali strumenti possono implicare, ma deve essere sempre finalizzata a documentare qualcosa di preciso. Se si propone l’ascolto dal vivo del discorso con cui Mussolini annunciò l’entrata in guerra dell’Italia, non sia per dare spazio a una curiosità generica, ad esempio per il timbro della voce di Mussolini, bensì per analizzarne il linguaggio e le sue tonalità espressive volti a coinvolgere l’scoltatore, suscitando consenso e adesione. Alcune annotazioni, che si possono fare anche sul testo scritto (scelta di determinate parole, costrutti, figure retoriche), risultano più efficaci nell’ascolto dal vivo, che mette in evidenza il ritmo del discorso, il ruolo di certi accostamenti sintattici, di espedienti efficaci proprio dal punto di vista del discorso pronunciato (come il ricorrere di avverbi in- mente che si prestano a una scansione sillabica di grande effetto), di invocazioni retoriche, di accentuazioni e pause che “guidano” il contrappunto di applausi e grida di folla.
Criterio discriminante della scelta di materiali audiovisivi -che possono avere una grande e immediata efficacia didattica -è ancora una volta la ricerca di elementi di spiegazione/comprensione, non di scorciatoie, che portino a disegnare singole figure, episodi, frammenti di un divenire, cioè un’aneddotica della storia contemporanea.
Mi sembra allora che il problema più rilevante in rapporto alla lettura dei documenti contemporanei rispetto agli altri sia di guardarsi dalla forza suggestiva che essi possono esercitare; succede a volte anche per epoche più lontane, ma con minore frequenza, con minore intensità e coinvolgimento soggettivo (anche perchè non entrano in gioco l’impatto vigoroso della fotografia, il fascino della rievocazione narrata a viva voce o l’incalzante ritmo della registrazione filmata).
La lettura dei documenti, di qualsiasi genere siano, fonti narrative, atti pubblici e privati, testi scritti, materiali audiovisivi, non deve diventare una via strumentale -anche se nobilmente strumentale -per compilare una sorta di catalogo dei mali del mondo o, se si vuole, per toccare i sentimenti e sollecitare una subitanea volontà pratica. Insegnare storia, e insegnare a leggere i documenti storici, significa abituare all’analisi, alla certificazione, alla spiegazione, al ragionamento (che sono poi la base per una vera, costruttiva passione civile, oltre la fragile momentaneità delle emozioni).
Note
(1) Il testo di Noël è reperibile in italiano, vedi E. Collotti, La seconda guerra mondiale, Loescher, Torino, 1973, pp. 55-56.