Le ostriche sono dei molluschi che appartengono alla classe dei Bivalvi o Lamellibranchi, e che vivono abbarbicati a rocce sommerse. Sono animali provvisti di branchie, spesso pieghettate e con giunzioni ciliari che riuniscono i filamenti: in genere vi è però una saldatura tra branchia e mantello.
La conchiglia ha una cerniera priva di denti e il muscolo adduttore posteriore è molto sviluppato; gli occhi delle ostriche derivano da trasformazioni molto particolari del mantello, sono molto specializzati e hanno cornea convessa, provvista di iride. La conchiglia dell’ostrica è irregolare, scabra e rivestita di alghe e incrostazioni: il piede è molto ridotto, trattandosi di animale che conduce vita sedentaria.
La prolificità è notevole, con deposizione di milioni di uova: se queste arrivano a svilupparsi danno origine a piccole larvette ciliate in grado di nuotare liberamente, con fissazione al substrato solo in un periodo successivo.
La varietà di ostriche commestibili è abbastanza numerosa, con due specie, l’ostrica edule e quella adriatica, coltivate anche in Italia: le ostriche si mangiano crude e la loro carne è saporita e di facile digestione.
L’allevamento su vasta scala è praticato in Francia, Italia, Olanda, Inghilterra, Stati Uniti e Giappone: si legano a intervalli regolari, sostenute da corde, fascine di lentisco o altre colture apposite, anche artificiali, e le ostriche si accumulano tutt’intorno. Prelevate e trapiantate dopo alcuni mesi, aumentano notevolmente di dimensioni; è comunque necessario difendere le colonie dai nemici naturali, come i crostacei, i vermi, i molluschi, e dall’azione delle onde e delle correnti.
Notevole importanza commerciale hanno poi le cosiddette ostriche perlifere: la perla si forma partendo da un qualsiasi corpo estraneo che penetra all’interno della conchiglia, e su cui l’animale secerne una certa quantità di madreperla , imbrigliando in un duro involucro sferico il corpuscolo estraneo. In genere le perle sono bianche, ma ne esistono di gialle, nere, anche azzurre e verdi, a seconda della natura del corpo estraneo che ha dato loro origine; un granello di sabbia o un frammento d’alga faranno trasparire il proprio colore attraverso gli strati concentrici di sostanza madreperlacea, determinando l’aspetto finale.
Dopo parecchi anni, la perla perde lo splendore e si opacizza, «morendo» infine per polverizzazione al massimo dopo qualche secolo.
La stagione di pesca e raccolta delle ostriche perlifere dura in genere da giugno a settembre, e in Estremo Oriente è spesso effettuata da pescatori professionisti che si immergono decine di volte al giorno a grandi profondità. Dalla fine del secolo scorso ha avuto grande sviluppo la tecnica delle perle coltivate, assolutamente identiche a quelle vere ma decisamente meno pregiate perché ottenibili in grandi quantità: solo un accurato esame ai raggi X permette di notare differenze nel corpuscolo che ha poi generato la perla. La tecnica è dovuta al giapponese Mikimoto e consiste nel trapiantare un frammento di mantello, tolto a un’ostrica Meleagrina viva e avvolta come un sacco attorno a un minuscolo nucleo di madreperla, in un’altra Meleagrina. Gli animali così preparati sono deposti in gabbie metalliche e immersi in un tratto di mare adatto, alla profondità voluta. Dopo 5 o 7 anni le gabbie vengono estratte e le ostriche aperte: le perle artificiali hanno un diametro massimo di 25 millimetri, e subiscono severi controlli di lucentezza e trasparenza.
Il commercio all’origine è controllato dai governi interessati, con un successivo avviamento ai grandi centri europei e nordamericani, primo fra tutti Parigi. Le perle sono impiegate nella gioielleria, e perciò incastonate in monili, bracciali, collane: prima vengono accuratamente pulite con appositi solventi e levigate con mole a smeriglio finissimo che danno una notevole lucentezza e omogeneità di forma.