Pergamena (gr. pergamene, da Pérgamon, dove ebbe origine). Pelle d’animale sottoposta a un’apposita lavorazione che la rende atta alla scrittura, alla stampa e a vari altri usi: Diploma in pergamena.
La pergamena, oggi poco usata, si ottiene lavorando pelli di agnello, montone, asino, puledro, vitello e maiale. Le pelli, rinverdite, vengono depilate e trattate in calcinaio. Poi vengono lavate, qualche volta decalcinate e trattate con sostanze atte a renderle particolarmente bianche, oppure lucide, a seconda degli usi cui sono destinate. La pergamena viene impiegata soprattutto per la fabbricazione di tamburi e tamburelli, paralumi, in legatoria e per altri usi particolari.
L’uso della pergamena come materiale scrittorio fu introdotto, secondo la testimonianza di Plinio il Vecchio, da Eumene II re di Pergamo (197 circa – 159 circa a.C.), in seguito alla proibizione dell’esportazione del papiro da parte del re d’Egitto Tolomeo V Epifane. La pergamena risultava più robusta del foglio di papiro e presentava inoltre il vantaggio di poter essere scritta da entrambe le parti. Tuttavia il papiro prevalse nell’uso per vari secoli e fu progressivamente sostituito dalla pergamena solo a partire dal III – IV sec., quando si diffuse il codex, le cui pagine erano appunto scritte su entrambe le facce.
Usata dapprima solo per tramandare testi letterari, la pergamena fu destinata, a partire dal VII sec., anche ai documenti di carattere ufficiale, e infine, nelle varietà meno fini, anche agli scritti privati. Il più antico diploma regio in pergamena risale a Teodorico III, re dei Franchi (677). La pergamena era tanto più pregiata quanto più liscia e morbida era la pelle con cui era preparata: pertanto le migliori qualità erano quelle prodotte con pelli di vitelli o di agnelli di pochi giorni, e soprattutto con la tenera pelle di animali nati morti (vellum). Dato il prezzo elevato della pergamena di tipo più fine, per l’uso corrente si ricorreva a fogli di qualità più scadente, preparati con pelli di animali adulti e con un procedimento meno accurato. Per i codici di lusso e i documenti più solenni il vellum era talora immerso in un bagno di porpora e i testi vi erano scritti in oro o in argento: i più famosi fra questi codici sono il Codex purpureus di Rossano (Cosenza), contenente una traduzione greca dei Salmi, e il Codex argenteus di Uppsala, con l’edizione gotica dei Salmi di Ulfila. A partire dai secc. XII – XIII, in seguito all’introduzione in Europa della carta di stracci e alla scoperta della stampa, la pergamena cadde in disuso, fino a essere riservata quasi esclusivamente a miniature, diplomi e anche ad alcune edizioni di lusso e alla rilegatura di libri di pregio.