Le lingue celtiche si suddividono in celtico continentale e insulare. Il celtico continentale era rappresentato dal gallico, lingua estinta testimoniata da poche iscrizioni e da resti in altre lingue; occupava parte di Francia e Italia settentrionale, e si estinse con l’avanzata romana. Il celtico insulare si suddivide in due sottogruppi: gaelico e britannico, lo schema è come quello di Shliecher che non corrisponde però alla storia. Il gaelico comprende irlandese, scozzese e dialetto dell’isola di Mann in via di estinzione. Il britannico comprende il cornovagliese, il gallese e il bretone, di queste il cornovagliese si è istinto 213 anni fa alla fine del Settecento, perché è morta l’ultima donna che parlava questa lingua. Il bretone si parla in Bretagna ma è un celtico “di ritorno”, perché si parlava in Inghilterra quando i bretoni vi erano stanziati, ma ritornarono sul continente quando in Inghilterra arrivarono le tribù germaniche che si stabiliranno definitivamente nell’area portando una lingua germanica; i Celti che vi abitavano divennero un popolo sottomesso. Abbiamo tracce notevoli di presenza celtica anche al di fuori delle zone in cui essi erano stanziati: ricorre l’elemento gal (gallese, gaelico), termine celtico che indica forza, potere, rimasto in varie denominazioni e toponimi. I Celti sono presenti in culture preistoriche che prendono nome da località, e la lavorazione del ferro sarà una caratteristica di queste popolazioni. I Celtiberi occuparono anche parte della Spagna. Gal si vede in nomi di popolazioni come Galati / Galazia,, Galizia nella penisola iberica e in zone dell’Europa centro-orientale (Polonia, Ucraina) oggi abitate da altre popolazioni. Abbiamo diversi nomi di tribù celtiche trasmessi dagli storici come Cesare: Senoni (Senigallia), Insubri, Boi (Bononia che presenta due nasali vicine e nel passaggio all’italiano la prima si dissimila, Bologna, come Boulogne ricorrente in area francese, e Bonn tedesco, il nome del toponimo si ripete in luoghi diversi, caso simile è quello del fiume Reno in Emilia-Romagna e il grande fiume tra Svizzera e Germania; in questo nome l’elemento celtico è rh, non mantenuto in italiano). Presenza celtica anche nel nome della Boemia oggi zona totalmente slavizzata, il nome è un ibrido perché contiene il nome celtico dei Boi e un elemento germanico, tedesco antico Heim, Boiheim, luogo di abitazione dei Boi; si aggiunge il suffisso ia spesso unito per formare nomi di regioni (Lombardia, Francia, con variazione dell’accento o sulla radice o sul suffisso). La radice di heim è con velare al posto della spirante sorda, *keim koim, nozione del giacere, greco keìmai koimetérion, ricorda l’idea di causativo del grado o, era un luogo dove si faceva dormire, e come prestito nel latino porta al cimitero. Questo heim è continuato dal tedesco attuale heimat = patria, luogo stabile di abitazione. Altri toponimi di origine celtica sono il nome della regione Aremorica poi Armorica, che contiene la preposizione ar = presso greco parà, lo sappiamo perché un’occlusiva labiale sorda iniziale del greco nel celtico può sparire, fatto non raro, altro esempio è il nome del padre, celtico atir; mor = mare, ica = suffisso aggettivale, è la regione presso il mare. Toponimi celtici contenevano dunum e in italiano finiscono in duno (Induno Va, Verdun), dunum è luogo un po’ elevato così da svolgere una funzione difensiva, si ritrova nelle città europee Luddunum dei Batavi che darà la città olandese di Leida, e Lione in Francia. Celtici sono anche toponimi con magum, luogo aperto poi mercato (Magonza, Noviomago in Olanda che darà Nimega, in Svizzera francese stesso nome Noyon; Retomagum dà in Francia Ruent. Indizio di presenza celtica sono i toponimi terminanti in acum it ago (Senago, Assago), si rifanno ad un insediamento celtico; il suffisso in italiano ha subito la lenizione, in italiano ha due esiti: ac nel Sud e nella parte più settentrionale (Condillac, Cadillac, Aurillac da Aurelium+acum), nel francese centrale e nella zona di Parigi è avvenuta lenizione e c si trasforma dapprima in g poi tende al dileguo, Orly corrisponde ad Aurillac. Possono essere di origine celtica i toponimi che presentano il suffisso -ate, ma ogni volta è necessario verificare le fonti antiche e medievali. Di solito questi toponimi sono vicini a fiumi o hanno nomi di fiumi (Lambro Lambrate, Serio Seriate). Abbiamo in italiano molte parole che derivano dal gallico, celtico è Mac Mc che ricorre nei cognomi, significava ragazzo, figlio ed è diffuso nei cognomi irlandesi; sono sul tipo del nostro di / de come preposizione del genitivo. Altre parole di uso comune sono whisky, calco dell’espressione acquavite = acqua di vita, formazione tarda dell’inglese che riprende una parola degli alchimisti, tradotto nel celtico come whiskie beata e in inglese whisky. In italiano la parola carrus con a a fronte di currus latino è di origine gallica e indica la carrozza; il carpentum è la carrozza a due ruote; il petoritum è il carro a quattro ruote, il primo elemento è l’equivalente del lat quattuor, greco tèttares/ pìsures, la prima consonante è una originaria labiovelare sorda, le labiovelari in celtico possono dare una labiale e poiché la p originaria scompare in posizione iniziale, con lo sviluppo della labiovelare il sistema si riequilibra, il suono p torna come esito di labiovelare.
Nel lessico delle armi è forse di origine celtica il termine lancea; gaesum = giavellotto, ma la parola ricorre spesso anche nel germanico, d’altra parte i celti lavorano bene le armi e il ferro e si può pensare ad un’origine celtica. Nel lessico del vestiario abbiamo braca, che è stato ben diffuso dai Galli ma potrebbero averlo preso dalle popolazioni della steppa; hanno diffuso i Galli anche la camisia presa dalle popolazioni germaniche; sagum, mantello corto. Nel lessico del cibo la cervesia, la birra, termine non conservato in italiano ma presente in spagnolo; le parole celtiche entrate nel latino non sempre entrano anche nelle lingue romanze; bertiare = cullare è presente nel francese, brisare = spezzare anch’esso nel francese e in alcuni dialetti italiani. Testo di riferimento sui prestiti celtici, dizionario etimologico del neogrammatico Meyer- L8bcke. L’influsso celtico su latino e lingue romanze si è manifestato anche dal punto di vista fonetico: il nesso ct (lactem noctem) subisce palatalizzazione, francese nuit, i è esito di palatalizzazione, nei dialetti settentrionali si presenta come affricata (noch). Le popolazioni celtiche vengono a contatto con i Germani, e in un primo momento chiamano Volcae la tribù celtica come sentivano pronunciare, ma poi la parola entra nel lessico germanico e va incontro alle trasformazioni che la lingua subisce nel tempo: u semivocalica rimane, o breve diventa a, l rimane, la velare sorda per primo punto di Grimm diventa spirante, uolk walh, base per creare diversi derivati: suffisso isc germanico che indica appartenenza aggiunto alla base, walhisc si ha successione di a ed i e la a subisce metafonia palatale, welhisc, poi i scompare e rimane welhsk, h sparisce per difficoltà di pronuncia, welsk, nesso sk si palatalizza, tedesco welsch, inglese welsh. Questi due aggettivi hanno cambiato anche il significato: il termine di partenza indicava una tribù celtica, a lungo andare per i Germani non indica la sola tribù dei Uolkae ma indica tutti i Celti e finisce per indicare per opposizione tutti quelli che non sono germani, diversi, altri da sé. Welsh oggi indica gallese, il gallese è lingua celtica parlata in Inghilterra dove inglese è lingua nazionale; wessch nel tedesco indica spesso quelli non di lingua tedesca, casi di questo tipo anche nella toponomastica. Il termine weal(h)stod = interprete in antico inglese, parola caduta nell’inglese moderno; questo termine è stato creato nell’VIII-IX sec, stod indica stare, colui che sta per i weal, sta come tramite tra chi parla inglese e chi parla celtico. In Belgio il nome dei valloni è continuazione di questa base, i Valloni sono francofoni, non parlano il fiammingo lingua germanica nazionale. La regione della Valacchia contiene ancora questo elemento, nell’Europa orientale: contesto slavo e questa regione parla una lingua neolatina, indica sempre alterità.