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Lessico è un termine derivato dall’espressione greca leksikón biblíon (“libro delle parole”), che definisce l’insieme delle parole che compongono una lingua. Il termine può essere usato in senso ristretto, per indicare una lingua specifica o personale (ad esempio, “il lessico della medicina”, “il lessico del Manzoni”), o in senso allargato, per indicare l’intero patrimonio di una lingua (ad esempio, “lessico dell’italiano”, “lessico dell’inglese” ecc.). Viene normalmente contrapposto alla grammatica, che è l’insieme delle regole che governano la formazione delle frasi di una lingua. Si può pertanto, con una semplificazione, intendere il lessico come il materiale attraverso il quale la grammatica costruisce la lingua.
Ogni parlante ha a disposizione un suo lessico, che varia secondo l’età e l’istruzione: va distinto il lessico attivo, cioè l’insieme delle parole che il parlante usa, da quello passivo, in genere assai più ampio, rappresentato dalle parole che l’individuo capisce ma non usa autonomamente. Nell’insegnamento delle lingue si usa parlare di lessico di base, cioè il lessico attivo che una persona deve possedere in modo da garantirsi la possibilità di comunicare; in genere è costituito da 2-3000 parole.
LESSICOLOGIA
La lessicologia è la parte della linguistica che si occupa dello studio delle parole, delle loro relazioni e della struttura del lessico. In questo studio la lessicologia trova punti di contatto con la semantica. Inoltre, sul versante storico la lessicologia si occupa del cambiamento di significato di parole ed espressioni nel corso del tempo: in questo aspetto si apparenta all’etimologia.
Le parole in una lingua sembrano organizzarsi secondo strutture coerenti di significato, chiamate campi lessicali. In un campo lessicale si instaurano rapporti e gerarchie fra parole (o lessemi), come le sinonimie (ad esempio “togliere” e “levare”) o le antinomie (la relazione fra due lessemi di significato contrario, come “bello” e “brutto”). Una relazione importante è quella di iponimia: si dice iponimo un termine specifico che in un certo senso è “contenuto” dentro un altro termine più generico, detto iperonimo; ad esempio, sono iponimi del termine “mobile” i termini “letto”, “tavolo”, “divano”; questi a loro volta possono avere degli iponimi, come “a baldacchino”, o “a due piazze” per “letto”.
Non tutte le possibilità sono utilizzate dalle varie lingue: in italiano, ad esempio, non esiste una parola (un iperonimo) che indichi il concetto di fratello o sorella indifferenziatamente, come “genitore” rispetto agli specifici “padre” e “madre”. In tedesco invece questo concetto è espresso dal termine Geschwister, i cui iponimi sono poi Brüder (“fratello”) e Schwester (“sorella”).
Non tutti i concetti semplici sono espressi nelle lingue per mezzo di una sola parola: questo è ciò che accade, ad esempio, per “ferro da stiro”, un oggetto ben determinato la cui denominazione è composta da una perifrasi; si parla in questo caso di unità lessicali superiori. Che queste costituiscano un’unità è verificato dal fatto che non possono essere separate, ad esempio da un aggettivo: si può dire “un bel ferro da stiro”, ma non “un ferro da bello stiro”.
La lessicologia si è evoluta negli ultimi decenni in associazione con l’antropologia e l’etnografia, allo scopo di analizzare e descrivere i campi lessicali delle varie culture e giungere a una loro migliore comprensione. L’assunto di partenza di questi studi è che l’organizzazione del lessico rispecchia in qualche modo una specifica visione della realtà: in groenlandese, ad esempio, esistono almeno quattro parole per indicare la neve, secondo la temperatura e la consistenza. Ciò significa che per gli inuit esistono quattro cose diverse, e quella che per noi è solo “neve” diventa un termine generico, come “mobile”, che richiede di essere specificato.
LESSICOGRAFIA
Si chiama lessicografia quella branca della linguistica che si occupa della compilazione di dizionari e liste lessicali. La ricerca in questo caso è volta a perfezionare le tecniche di presentazione delle definizioni, in modo da renderle sempre più chiare ed esaurienti (in particolare nei dizionari rivolti a stranieri che imparano la lingua). Inoltre ci si occupa di stabilire il grado di accettabilità o di presenza in una lingua di neologismi (ossia le parole di nuova formazione) o di termini derivanti da lingue straniere. Dopo secoli di purismo normativo, che tendeva a conservare i caratteri arcaici della lingua, le tendenze lessicografiche più recenti sono rivolte alla descrizione e allo studio degli ambiti d’uso di neologismi e parole straniere.
Un dizionario può essere bilingue (se cioè presenta la traduzione di tutte le sue parole in una lingua straniera ed è destinato a essere strumento del traduttore) o monolingue, se invece è rivolto alla spiegazione e alla catalogazione delle parole che formano il lessico di una sola lingua. I primi glossari apparsi in Occidente, antichi o medievali, erano tutti bilingue, e una delle lingue era il latino: il primo grande dizionario monolingue, destinato a esercitare una vasta influenza in tutta Europa, fu il Vocabolario degli Accademici della Crusca, compilato a Firenze.