Le lingue romanze sono le lingue che derivano dal latino e infatti una volta erano chiamate neolatine, e ne rappresentano l’estrema evoluzione. Elenco: portoghese castigliano francese italiano ladino romeno sono le principali lingue romanze oggi; nel periodo medievale non esistevano lingue nazionali di riferimento o lingue standard, perché non esistevano veri e propri stati, nel Medioevo non ha senso parlare di francese nonostante in seguito lo stato di Francia sia diventato monarchia fortemente accentratrice; vi si parlavano e scrivevano molte lingue, c’è netta divisione tra Nord e Sud della Francia (Dante de vulgari eloquentia, lingua d’oil d’oco e volgare di sì), a Nord della Loira si parlava e scriveva lingua d’oil a Sud lingua d’oc. Queste lingue avevano uguale dignità, lingue usate per documenti e letteratura allo stesso modo; lingua d’oil riunisce un insieme di lingue differenziate per aree, bretone anglo-normanno lingua del Sud dell’Inghilterra conquistata dai Normanni, il normanno è varietà della lingua d’oil. Il più antico poema epico che abbiamo in lingua romanza è la chanson de Roland scritta in anglo-normanno. Questa varietà vale per le altre lingue, in Spagna oggi si parla il castigliano = espanol che nel Medioevo era una delle tante lingue parlate e scritte nella penisola iberica. La prevalenza di una lingua si lega al prestigio politico, il francese ha i caratteri del franciano che si era imposto nell’area di Parigi adottata dal re, processo lento di imposizione di una lingua sulle altre che va oltre il Medioevo e si completa molto dopo. L’unificazione della Spagna è avvenuta grazie a chi parlava il castigliano che si è imposto come lingua nazionale.
Di quale latino le lingue romanze sono l’evoluzione? Intuizione dell’epoca positivista il fatto che il latino che interessa è il latino volgare (così chiamato a torto o a ragione). Cosa intendiamo per latino volgare? Alcuni studiosi contestano la denominazione perché metterebbe troppo l’accento sul fatto che si tratta della lingua del volgo, aspetto sociologico, e parlano di latino della comunicazione, latino substandard, latino popolare, latino parlato, tutte dubbie meglio latino volgare. Il latino volgare è il latino parlato (da chi?), la lingua parlata è più soggetta alle evoluzioni rispetto alla scritta; ricorda le varietà linguistiche. Ci occupiamo della lingua parlata dalle persone meno colte perché si presume che quella dei boriosi come Cicerone non fosse tanto diversa dalla loro lingua scritta anche se ogni tanto nelle lettere lo sgamiamo ad uscire volutamente dalla norma classica. Egli parla di sermo plebeius o vulgaris che nel suo sistema è una lingua che si scosta da quella letteraria, verosimilmente la lingua parlata dai meno colti: i fenomeni che noi vediamo realizzati nelle lingue romanze rinviano al latino parlato da persone meno consapevoli della lingua. Soprattutto le lingue parlate sono soggette alle nostre variazioni, tieni presente specie la variazione diacronica e diatopica, lungo l’asse temporale e in base alla dislocazione geografica della lingua. I Romani hanno dominato la scena del mondo occidentale per vari secoli e dunque il latino è stato parlato su un territorio vasto, dal Portogallo alla Romania e al Medio Oriente. Come avviene la trasformazione dei latini volgari nelle lingue romanze? Le lingue romanze sono l’evoluzione ininterrotta dei latini volgari; il latino non ha partorito le lingue romanze morendo di parto ma si è sciolto nelle lingue romanze. L’ultima provincia romana è la Dacia costituita nel 107 d. C., altre come l’Iberia sono nate prima, dunque nell’una e nell’altra è stato esportato un latino diverso, evolutosi tra II sec a. C. e II d. C. Le lingue romanze per questo, pur avendo la stessa matrice, sono diversissime tra loro; il latino si è espanso in modo lento e non omogeneo nella cronologia. Nel periodo di espansione dell’impero il latino era capito più o meno ovunque allo stesso modo, i popoli vinti accettavano il latino come propria lingua per avere rapporti con i conquistatori, era lingua di comunicazione in grado di contrastare le forze centrifughe; ma quando cede la forza centripeta di Roma per motivi interni ed esterni avviene la frammentazione delle lingue romanze, le forze centrifughe hanno prevalso accentuando le diversità all’interno dell’impero. I romani oltre a guerra nelle varie zone portano la loro cultura, i loro costumi, il loro diritto, la loro filosofia anche se mai superano o eguagliano i Greci (Graecia capta ecc. Hor epist 2.1); le popolazioni che incontrano avevano lingue poco scritte ma di comunicazione ed uso, cedono al latino ma non dimenticano le lingue-madri che intaccano il latino (es lingue celtiche, iberiche, italiche), perlopiù scompaiono ma lasciano tracce specialmente a livello fonetico, sono le lingue di substrato: alcuni fenomeni fonetici delle lingue romanze sono spiegati come dovuti alle lingue autoctone delle popolazioni in cui si è imposto il latino. Esempi: caratteristica del francese e dei dialetti dell’Italia settentrionale è la u turbata, e secondo alcuni linguisti è dovuta al substrato celtico, così erano pronunciate le u derivate da u lunga latina. Fenomeno del toscano è la gorgia, la pronuncia aspirata delle occlusive in posizione intervocalica, potrebbe essere lascito dell’etrusco (difficile dirlo perché conosciamo pochissimo dell’etrusco, si giustifica dal punto di vista più storico che linguistico). Mentre l’italiano sul piano fonetico si è allontanato meno delle altre lingue dal latino, il francese ha subito la maggiore diversificazione; per noi l’italiano di Dante non è lontano come la chanson de Roland per i francesi di oggi. Anche lo spagnolo medievale è diverso anche se non moltissimo da quello moderno, via di mezzo tra italiano e francese. Oltre alle lingue di substrato abbiamo le lingue di superstrato, arrivate nei territori quando le lingue romanze si erano formate o si stavano formando in modo consistente; sono le lingue delle tribù germaniche e l’arabo che hanno agito sulle lingue romanze in modo variabile, quella che ha più germanismi è il francese perché le popolazioni germaniche sono arrivate presto in Francia (Franchi) rimanendovi a lungo, nello spagnolo sono gli arabismi più numerosi perché gli Arabi sono stati nella penisola iberica dal 711 al 1400. Le lingue di superstrato intaccano specialmente il lessico arricchendolo, la fonetica era già costituita mentre oggetti e concetti che arrivano da germani e arabi erano prima assenti e con essi arrivano le parole: arabi lessico matematico, germani lessico militare. Precisiamo: nel tardo antico (dal II-III secolo d. C.) il latino non è lingua materna ma lingua studiata, la pronuncia del latino si estende ai non romani e non si riesce a distinguere le lunghe e le brevi, nasce la manualistica scolastica grammaticale. Nel IV secolo bisognava spiegare le differenze lunghe e brevi, displuvio tra lingua parlata e lingua studiata. Il Medioevo va dal momento in cui il latino è lingua parlata e scritta a quando è lingua solo di cultura, solo scritta, non è più lingua di comunicazione. All’inizio del Medioevo culturale alla fine del tardo-antico il latino cessa di essere lingua parlata quotidianamente in zone vaste. Dal 1453 cadendo Costantinopoli non esiste più un’entità statale in cui la lingua materna sia il greco; in Grecia rimane come lingua parlata ma lingue di cultura sono turco e arabo, mantiene identità di lingua di cultura in Occidente il greco. In Europa le lingue di cultura intorno al 1453 erano latino greco ed ebraico, l’arabo nel mondo islamico; in Occidente il greco non è mai stato lingua parlata ma solo lingua scritta. Il 1500 è il taglio tecnico degli editori ottocenteschi quando hanno fatto i corpora dei testi medievali; nel 1500 lo status del latino come lingua studiata non cambia, cambia il modo di studiare grazie alla diffusione della stampa e di una maggiore circolazione della manualistica. La fine dell’impero romano in senso politico (fine V sec) ha avuto influsso enorme sulla lingua, non prosegue l’insegnamento pubblico, viene meno l’organizzazione scolastica.
La romania è l’insieme dei territori dove si parlava latino e oggi si parlano le lingue romanze, ma alcuni avevano ricevuto una romanizzazione ma ora vi si parlano lingue germaniche o semitiche (Inghilterra, parte dell’Africa e medio Oriente), questa è chiamata dai linguisti romania perduta. La romania nuova è formata dai territori dove non si è mai parlato latino ma ora si parla una lingua romanza, territori conquistati dagli europei nelle colonizzazioni tra Cinque e Seicento, da Spagna e Portogallo e in parte minore dalla Francia, Centro-Sud America spagnolo e portoghese, con le riserve legate alle lingue di substrato, molto molto diverse dalla lingua romanza che portano i conquistatori, alcune caratteristiche dello spagnolo parlato negli stati andini sono tipiche di certe regioni della Spagna (Andalusia) per come si parlavano all’epoca della conquista. Il francese ha minore importanza, lo spagnolo è la lingua romanza più parlata al mondo; il francese è in Belgio e Svizzera dove si è sempre parlata una lingua romanza, e poi parte del Canada (Nuiebeck).
Quando avviene la separazione, quando si avverte che il latino parlato va chiamato con un altro nome? Per un periodo piuttosto lungo il latino parlato dalle persone colte era omogeneo e teneva insieme l’enorme territorio dell’impero romano (se un cavaliere romano può chiedere a Tacito se è italicus o provincialis significa che dall’inflessione non si notava la differenza tra un parlante d’Italia e di provincia). All’epoca di Adriano ci sono forze centrifughe che tendono a frammentare l’unità dell’impero romano ma la forza centripeta ha ancora la meglio, il latino è lingua di comunicazione da una parte all’altra dell’impero. Con la disgregazione politico-amministrativa dell’impero stesso si ha anche disgregazione linguistica, le forze centrifughe hanno il sopravvento ed ecco la frammentazione delle lingue romanze; per un processo del genere è difficile indicare una data, verso il 200 d. C. il processo doveva essere compiuto; ci dovrà essere stata una fase più o meno lunga di diglossia cioè in cui i parlanti si rendono conto di usare due lingue diverse, una in casa come lingua materna, una più sorvegliata per le occasioni ufficiali; col tempo è aumentata la divaricazione tra lingua materna e lingua colta, caduta dell’impero romano come si diceva significa distruzione di un sistema scolastico ben costruito, si smette di studiare il latino a scuola e si impara una lingua molto diversa. La presa di coscienza del solco profondissimo tra latino e lingua d’uso si ha sicuramente nell’epoca carolingia, in quella merovingia si ha una cultura depressa (V-VII secolo), gli scrittori capiscono che il loro latino è più grossolano di quello delle loro fonti classiche (historia rerum Francorum di Gregorio di Tours), la linea della lingua scritta si avvicina a quella della lingua parlata. Con Carlomagno la situazione cambia, egli decide di riformare il sistema scolastico dell’impero e si affida per questo a Alcuino di York, un monaco inglese, desidera che nelle nuove scuole si impari il miglior latino possibile; la scelta di Alcuino non è casuale, il centro cioè l’Italia era stato distrutto subito dalla caduta dell’impero mentre il monachesimo irlandese era stato meno toccato dal disfacimento generale, grazie a loro ci sono arrivate moltissime opere della latinità, copiavano codici e poi fondarono monasteri anche in Inghilterra ed uno di questi era quello di provenienza di Alcuino; nelle nuove scuole palatine si impara il latino sulle fonti classiche, il latino dell’età carolingia era vicino a quello classico, i monaci irlandesi avevano un alto livello di cultura latina. Si crea in questo periodo una spaccatura enorme tra litterati e illitterati, che non conoscono il latino e a malapena sanno leggere; se il latino è solo lingua studiata a scuola la lingua parlata non può più chiamarsi latino. Nell’anno 813 i vescovi si riuniscono nel concilio di Tours e discutono anche di lingua, la XVII deliberazione agli atti parla di lingua e vi si dice che l’omelia della messa, parte in cui si ammoniscono gli astanti riguardo agli aspetti principali della fede cattolica, va pronunciata nella lingua rustica, romana o theodisca, anzi si dice di tradurre l’omelia in romanam linguam = lingua romanza, come chiarito dal successivo aut tiotiscam; l’aggettivo rustica ci fa capire che in entrambi i casi è lingua del popolo, che è romanza o germanica, del resto nell’impero di Carlomagno si parlavano lingue romanze e germaniche. Questo è un indizio che il latino non era più capito a livello popolare, il resto della messa era fatto da formule e testi delle sacre scritture di cui i fedeli conoscono già il significato. Le lingue romanze saranno nate almeno un secolo prima perché i vescovi siano arrivati ad una simile decisione, si tratta di un punto di arrivo della diacronia. Nell’842 abbiamo i giuramenti di Strasburgo, 14 febbraio 842, primo documento scritto in una lingua romanza.
Quali sono le nostre fonti del latino volgare che, ricordiamo, è lingua parlata e non esistevano i registratori? Per fortuna abbiamo fonti dirette e indirette, le prime sono importanti ma poche e non esaustive, possono dirci come si parlava il latino in una certa zona e in una certa epoca, se poi si riesce a collocare cronologicamente le fonti. Al primo posto delle fonti dirette si pongono di solito le opere dei grammatici, coloro che normalizzano la lingua e per far capire la forma corretta vi mettono accanto la forma scorretta, quella della lingua parlata, la deviazione dalla norma; una delle fonti principali è l’appendix Probi, una lista di 200 parole circa redatta da un maestro di scuola che cerca di insegnare il latino vero. Gli autori classici ci aiutano in qualche caso perché usano consapevolmente forme non classiche (Cicerone nelle lettere, Petronio nel Satyricon i cui personaggi sono liberti cioè ex schiavi arricchiti e ignoranti che parlano il latino che sanno, in quest’invenzione letteraria troviamo formule poi presenti nelle lingue romanze dunque proprie della lingua parlata). Le iscrizioni latine non ufficiali (scritte sui muri incise e quindi rimaste fino a noi) sono scritture estemporanee di persone piuttosto istruite ma non coltissime, che usano un latino vicino a quello parlato, le più importanti sono quelle di Pompei ed Ercolano piuttosto antiche e abbastanza conservate. Poi abbiamo i glossari, rudimentali vocabolari o liste di parole tradotte o note interlineari e marginali a testi latini perlopiù sacri nelle quali vengono spiegate alcune parole; ci sono glossari in latino su latino (brevi espressioni del latino patristico spiegate con glosse in latino più semplice e vicino al parlato) o latino-volgare, dove il glossatore dà una traduzione in una lingua diversa, già romanza, di alcune espressioni latine considerate difficili e non comprese. Uno dei principali è il glossario di Reichenau, località sulla costa tedesca del lago di Costanza, risalente al IX secolo ma le glosse sono forse del secolo precedente (si tratta di una copia) e verosimilmente provengono dal Nord della Francia. Anche il latino dei trattati tecnici non è quello classico, specialmente il lessico è distante (ricorda Vitruvio, l’architetto non è un grammatico); ci sono trattati di arte culinaria e appunto di architettura. Gli autori cristiani avevano lo scopo di farsi capire, specialmente i primi, e dunque usano un latino semplice (Agostino, meglio essere rimproverati dai grammatici che non essere capiti dal popolo). Le fonti indirette sono soprattutto le stesse lingue romanze, adozione del metodo ricostruttivo comparativo (i germanisti devono ricostruire molto più spesso di noi perché abbiamo latino classico e fonti dirette che ci aiutano, ma in alcuni casi il metodo è necessario anche per le lingue romanze); si confrontano le forme delle lingue romanze per ricostruire all’indietro il processo di modificazione fonetica che deve essere avvenuto per risalire alla probabile forma latina. Esempi: infinito di potere, it potere, spagn poder, franc pouvoir; si intuisce che sono forme imparentate tra loro, infinito latino posse, ahia non possono derivare da posse queste forme! Le fonti del latino volgare tacciono, devo ricostruire qualcosa che sta in mezzo tra posse e le lingue romanze: la forma che si cerca è *potere, è un’ipotesi che si regge perché la regolarizzazione dei verbi irregolari è fenomeno comune, posse è stato regolarizzato come verbo della II coniugazione come attesta l’italiano con l’accento sulla penultima, e l’italiano si spiega così facilmente, l’italiano è la lingua più vicina al latino; ma questa forma spiega anche attraverso la fonetica il francese e lo spagnolo? sì, le evoluzioni nelle due lingue sono regolari, la e finale latina in spagnolo cade e l’occlusiva dentale intervocalica si sonorizza e spirantizza ed ecco spiegato poder, in francese le consonanti intervocaliche si leniscono e spesso cadono e spesso le occlusive diventano fricative sonore, la vocale finale cade, il dittongo oi è pure regolare, avviene che una e lunga tonica latina in sillaba libera dittonga in oi oggi pronunciato ua, ecco spiegato pouvoir. Altro esempio: il verbo essere è circa come potere, it essere franc etre, lat esse, stessa regolarizzazione dei verbi, da esse non si originano le lingue romanze; la forma *essere non è attestata in nessuna fonte ma deve essere stata detta e scritta.
Era utilizzata l’espressione romanice parabolare o fabulare, ma parlare lat loqui verbo deponente che dunque non ha avuto fortuna ed è stato sostituito. I verbi deponenti vengono sostituiti da sinonimi non deponenti o regolarizzati; così sono trattati anche i verbi irregolari come potere, e nelle lingue romanze scompare anche il concetto di verbo deponente. Qui il verbo loqui è sostituito da parabolare e fabulare, che a sua volta era deponente (fabulor, -aris, -ari), una parte delle lingue romanze prosegue parabolare (italiano parlare e francese parler, sign origin parlare per parabole, parabola poi parola e parole francese, ma parole è usato solo in alcuni significati, il termine normale è mot da mottus), fabulare si trova nella penisola iberica (spagnolo e portoghese); la romania non si comporta ovunque allo stesso modo. Romanice parabolare / fabulare espressione del V-VI sec = parlare le lingue romanze ormai diffuse nei territori dell’ex impero romano d’Occidente; Romanice si contrappone a theodisce, le lingue degli invasori. L’avverbio romanice ha dato l’antico francese romants ? dal quale sono derivati l’it romanzo, spagn romanze ecc.; l’antico francese si trova presto, parola con vari significati tra cui quello come aggettivo di lingua derivata dal latino, ma anche come sostantivo più frequente = genere letterario con caratteri ben precisi, opera in prosa di media lunghezza; in franc ant è vivo questo significato dall’ultimo quarto del XII sec; nelle prime attestazioni la parola romants significa sempre scritto in volgare, lingua romanza. Nel Medioevo non è detto che il genere letterario di cui si parla sia lo stesso che per noi, il romanzo del XII sec è in versi (Cretiènnede Trois). Oggi si usa l’aggettivo romanzo piuttosto che neolatino perché il secondo aggettivo può significare anche opera scritta in latino in epoca posteriore a quella classica.
Classificazione delle lingue romanze (corrisponde a quella di un autore di un fondamentale trattato di linguistica romanza tradotto in italiano, divisa in volumi di fonetica e morfologia; segue una suddivisione geografica, romania occidentale orientale e Sardegna):
– romania occidentale: comprende gallo-romania con lingue gallo-romanze, ibero-romania con lingue ibero-romanze, Italia settentrionale, retoromania con lingue retoromanze;
– romania orientale: comprende Italia centro-meridionale, Romania e Dalmazia.
Una linea linguistica separa il Nord dal centro-sud d’Italia, la famosa la-Spezia-Rimini che procede in diagonale, ogni area ha un fascio di linee parallele chiamate isoglosse che separano linguisticamente i territori (o li congiungono). A Nord del fascio di isoglosse è il fonema u turbata che a Sud è assente, presente in francese e nei dialetti settentrionali, detti appunto gallo-italici, simili a quelli gallo-romanzi.
Gruppo gallo-romanzo: nella situazione odierna quanto al francese, lingua dalla storia complessa, la lingua scritta è risultato di una continua purificazione linguistica effettuata da grammatici e grandi scrittori dal XVII al XIX secolo, in un certo senso è costruita a tavolino: scrittori che hanno completato il percorso sono Flaubert Hugo Balzac. Academie Française nata nel 1635 specie di guardiana della lingua francese, ha tra i suoi compiti quello di fare il vocabolario, come in Italia l’accademia della Crusca; ha dunque un ruolo importante nella costruzione del francese, con funzione di espellere arcaismi esagerati, neologismi e municipalismi per arrivare a una lingua più possibile pura (oggi è cambiato il ruolo dell’accademia ma comunque fanno più fatica che in Italia ad entrare gli anglismi). Frase di un grammatico francese nel 1784, nell’opera “discorso sull’universalità della lingua francese”: ciò che non è chiaro non è francese: si cerca una lingua più possibile chiara e precisa. La storia del francese si divide in tre parti: francese antico, dal IX al XIV secolo; medio francese dal XIV al XVI secolo; francese moderno dal XVI secolo fino ad oggi. La fase antica è un momento di forte evoluzione della lingua dalle sue prime attestazioni scritte (842 giuramenti di Strasburgo) al XIV secolo; è fondamentale per il francese anche in questa fase sapere l’epoca esatta in cui un documento è stato scritto per poterlo soltanto leggere correttamente. Una caratteristica della fonetica francese è il dittongamento di e chiusa proveniente da e lunga o i breve latina tonica: se questa vocale si trova in sillaba libera la e lunga di solito dà e chiusa, in francese dittonga, tipico del francese far dittongare le vocali chiuse; in un primo tempo il dittongo è ei, in un secondo oi, ei è il dittongo più antico, la prima fase di dittongazione, e in alcune varietà dell’antico francese come l’anglo-normanno nel Sud dell’Inghilterra il dittongo rimane ei, ma nella maggior parte dei dialetti d’oil del Nord della Francia il dittongo evolve nel XII secolo in oi: teile peile si pronunciano come scritte, ma toile o poile pone il problema di quando l’opera è stata scritta: la pronuncia cambia con il tempo, toile in un’opera di pieno XII sec pronuncio toil, il dittongo è discendente; se la parola è in un’opera scritta sul finire del XII sec o all’inizio del XIII la pronuncia toil è arcaizzante, nel frattempo il dittongo si è trasformato in ascendente, tra XII e XIII avviene lo spostamento di accento sul secondo elemento e la pronuncia è toel poi quasi subito twel. L’evoluzione dunque all’interno della sola fase antica è importante; si vede anche dalla pronuncia di certe consonanti che cambia dal XII secolo al XIII; la pronuncia moderna ua del dittongo si impone con la rivoluzione francese, pronuncia tipicamente parigina ma fino ad allora ritenuta provinciale e da scartare da parte dei grammatici. Quello che oggi chiamiamo francese è l’evoluzione del franciano medievale, la lingua di Parigi; altri dialetti o lingue della fase medievale sono il piccardo e il vallone, dialetti dell’estremo Nord, il vallone corrisponde circa al Belgio francofono; condividono in parte con il franciano le caratteristiche fonetiche, il piccardo non palatalizza la velare davanti ad a, il suono che in francese diventa sc rimane velare: castellum franc chateau piccardo kateau. Nel francese nel corso del XIII secolo la pronuncia affricata di ch come chateau passa a fricativa sc, nel piccardo si trova la velare che abbiamo nella maggior parte delle altre lingue romanze, ed anche l’anglo-normanno lingua del Nord mantiene la velare. Tra i dialetti francesi abbiamo poi il normanno in Normandia, lo champenoir lingua della Champagne. Altra lingua del gruppo gallo-romanzo è la lingua d’oc o provenzale o occitanico parlata nel Sud della Francia; è lingua di cultura conosciuta anche al di là dei Pirenei e delle Alpi, lingua chiamata anche limosino, così spesso chiamata in Italia nel XVI secolo. Un colpo mortale all’occitanico è stato dato da re Francesco I di Francia nel 1539: con un’ordinanza obbliga l’uso del francese di Parigi per tutti gli atti pubblici; egli non ha intenzione di distruggere provenzale o altre lingue minori di Francia ma non vuole che gli atti pubblici siano scritti in latino, lingua ormai non più compresa, ma di fatto da questo momento il provenzale non viene più usato nella pubblica amministrazione e ciò porta ad un progressivo impoverimento nell’uso della lingua e alla sua scomparsa. Ci sono stati tentativi di scrivere poemi in questa lingua nel XIX secolo, il più importante di Mistral, movimento letterario che aveva intenzione di far rinascere la lingua d’oc, tentativo artificiale naufragato dopo la morte dei poeti.
Gruppo ibero-romanzo: prima lingua scendendo a Sud è il catalano, lingua ponte tra dominio gallo-romanzo e ibero-romanzo; come territorio siamo nell’ibero-romania, ma il catalano ha rapporti linguistici specialmente col provenzale. Nel Medioevo il catalano per lungo tempo è la lingua ufficiale della corte di Aragona e poiché gli aragonesi si sono espansi fino all’Italia centro-meridionale e in Sardegna è arrivato anche in questi territori. Nell’epoca di formazione delle lingue romanze i rapporti tra Catalogna e Sud della Francia sono intensi, sia quelli culturali sia politici e dinastici: la vicinanza linguistica con il gruppo gallo-romanzo e lontananza relativa da quello ibero-romanzo si vede in un verbo comune come mangiare: ant franc manger, franc manjer, it mangiare, provenzale manjar, catalano menjar, tutti derivati dal lat manducare = masticare, che ha sostituito edere o comedere; ma spagnolo comer, così il portoghese, comedere = cum + edere, in castigliano si è mantenuta la forma classica ancorché composta, nel resto della romania si è optato per un verbo più fisicamente immediato, e il catalano sta con le lingue gallo-romanze. I punti di contatto con il castigliano sono altresì molti ma spesso appunto il catalano è più vicino al provenzale, ecco perché lingua ponte. Altro esempio: it con castigliano con franc avec da apud hoc da cui ant franc auec, provenzale ab da apud, catalano ab sempre da apud; il catalano come le lingue gallo-romanze non prosegue il latino cum. Lingue gallo-romanze e catalano derivano il con da apud, perché? Troviamo la risposta nel latino di epoca merovingica sia parlato sia scritto, gli autori di quell’epoca (VI-VII sec) spesso sostituiscono cum con apud, il passaggio semantico non è sconvolgente; le lingue romanze di quei territori della Gallia latina esprimono il concetto di con con apud, dunque ab amb avec. Nel francese antico si trovano anche altri modi per esprimere il concetto di con, tutti derivati da apud, come in catalano. Il catalano ha avuto una fase di declino ma è tuttora scritto e parlato e insegnato a scuola. L’espanol o castigliano è la lingua della Castiglia, stato del Nord della penisola iberica immune dal dominio arabo dunque uno dei cosiddetti stati cristiani del Nord, in origine lingua tra le tante (catalano aragonese ) e poi si impone e diventa lingua nazionale grazie all’opera dei sovrani di Castiglia nella cacciata degli arabi culminata nel 1492 con la cacciata dall’ultimo caposaldo arabo in Spagna. Lo spagnolo è la lingua romanza più parlata al mondo perché è stata esportata in America al tempo delle grandi colonizzazioni ed oggi è la seconda lingua più parlata negli Stati Uniti; è stata parlata anche in regioni dell’Est Europa specie i Balcani perché nel XV secolo gli Ebrei di Spagna furono cacciati e molti si rifugiarono in quelle zone portandovi la loro lingua romanza di comunicazione, sono gli Ebrei separtiti = d’Hispania, parola ebraica.
Nel Medioevo si parla di galego portoghese, lingua parlata in Galizia, regione a Nord della penisola iberica a Nord del Portogallo in territorio spagnolo affacciata sull’atlantico; il galego è lingua ufficiale della penisola iberica ed è la fase medievale del portoghese, oggi lingue differenti; allora si parlava di unica koinè galego-portoghese, lingua importante per la letteratura perché lingua della lirica della penisola iberica, come nel Nord Italia il provenzale: ciò indipendentemente dalla regione d’origine dei poeti. Il portoghese è la lingua di Lisbona capitale del Portogallo dal XV secolo, sede di un’antica università. Il portoghese è parlato anche in Brasile e in alcuni stati africani, le ex colonie portoghesi; il portoghese del Brasile ha differenze fonetiche e lessicali rispetto a quello di Lisbona, quello esportato nel XVI secolo ha uno sviluppo staccato da quello della madrepatria anche a causa delle lingue di substrato del Brasile con cui è venuto in contatto.
Lingue retoromanze: insieme di lingue con caratteristiche comuni (G.B. Pellegrini) riunite sotto l’etichetta di ladino, raggruppamento secondo lui improprio perché la comunanza si limita al fatto che sono lingue romanze.
Il romeno è la lingua parlata nell’attuale Romania e nella Moldavia, è stato scritto con caratteri cirillici fino al 1840, in Moldavia fino al 1989, anno della caduta fisica del muro di Berlino, fatto simbolico della caduta dell’impero sovietico. Il romeno non ha letteratura medievale, il primo documento scritto è una lettera del 1521 in piena epoca moderna. Dopo la caduta dell’impero romano la zona è stata slavizzata totalmente, il romeno è rimasto come lingua della comunicazione ma non letteraria né ecclesiastica, per entrambi gli scopi si utilizzavano le lingue slave.