Indice
Il desiderio di trasmettere a distanza immagini ha spinto ad inventare dispositivi in grado di effettuare la codifica e la trasmissione di informazioni visive. I tentativi dei pionieri si sono a lungo scontrati con limitazioni tecnologiche. Solo con l’avvento dell’elettronica, negli anni tra le due guerre mondiali, si è riusciti a conseguire risultati accettabili. Questi hanno condotto allo sviluppo della tecnologia televisiva e di quella del facsimile (antenato dell’odierno fax). Nel primo caso si intende trasmettere addirittura immagini in movimento, cioè eseguire una trasmissione di tipo cinematografico, mentre nel secondo caso ci si accontenta di trasmettere immagini statiche, di tipo fotografico.
La prima applicazione generalizzata della trasmissione di immagini è costituita dalle telefoto, utilizzate per le edizioni dei quotidiani che venivano stampate in tipografie distanti. Il testo veniva trasmesso per telescrivente, mentre le immagini utilizzavano il dispositivo telefoto (originariamente elettromeccanico, ma non molto diverso dal fax usato oggi).
I pixel
Per trasmettere immagini si usa scomporle in piccole aree, denominate pixel (contrazione di picture element, cioè elemento di immagine). E’ come se una immagine fosse tracciata su un foglio quadrettato: ogni pixel corrisponde ad un quadretto. Illuminando l’immagine e leggendo con una fotocella il valore dell’intensità luminosa di un pixel dopo l’altro, riga dopo riga, viene generato un segnale continuo che contiene una descrizione codificata dell’immagine originale. Naturalmente occorre stabilire le dimensioni del pixel, la scala di lettura dell’intensità e la cadenza con cui la scansione dei pixel viene eseguita (cioè quanto tempo viene utilizzato per la lettura di ogni valore di intensità).
Il ricevitore deve disporre di un meccanismo in grado di sincronizzarsi con il trasmettitore e trasformare i segnali elettrici ricevuti in impulsi luminosi per impressionare una lastra fotografica (telefoto) oppure per illuminare lo schermo di un tubo a raggi catodici (televisione). Per trasmettere una immagine in movimento il procedimento deve essere molto veloce, il che esclude la presenza di dispositivi elettromeccanici che sono invece accettabili nella trasmissione di immagini statiche.
La codifica digitale
Se – invece di trasmettere un segnale elettrico continuo proporzionale all’intensità della luce riflessa da ogni pixel – si trasformano numericamente i valori dell’intensità letta, si ottiene una codifica digitale dell’immagine, che viene quindi espressa in termini esclusivamente numerici sia per il contenuto che per la geometria. Ad esempio, se si scompone una immagine di 20 x 30 centimetri in pixel di un decimo di millimetro di lato (2000 x 3000 pixel) e si usa un byte (8 bit), che consente di codificare l’intensità di ciascuno di essi con una scala a 256 valori (2 elevato all’ottava potenza), l’immagine viene trasformata in un insieme di 6 milioni di byte (Mbyte).
La codifica digitale rende l’informazione grafica del tutto omogenea con quella testuale: utilizzando il codice ASCII (che richiede un byte a carattere) per codificare un’immagine, i 6 Mbyte sono trasmessi come altrettanti caratteri alfanumerici. Rispetto ad un testo, cambia ovviamente l’interpretazione dell’informazione trasmessa, ma non la sua forma: con la codifica digitale qualsiasi tipo di informazione diviene omogeneo dal punto di vista rappresentativo.
La compressione
La grande quantità di informazione contenuta nelle immagini codificate ha indotto ad immaginare meccanismi di compressione dell’informazione stessa, per ridurre i tempi di trasmissione e realizzare praticamente servizi che altrimenti sarebbero improponibili. E’ il caso del fax, in cui la compressione consente di ridurre di decine di volte il tempo occorrente all’invio su linea telefonica.
Per la trasmissione del colore si rileva l’intensità dei tre colori fondamentali (rosso, verde e blu). Ciascuno dei tre canali viene codificato come se si trattasse di un segnale monocromatico (simile al bianco/nero) e trasmesso separatamente. L’unica complicazione è costituita dalla triplicazione delle informazioni inviate. Anche in questo caso è possibile eseguire codifiche alternative (di compressione) che riducono la quantità di informazione trasmessa, talvolta a prezzo di una riduzione nella qualità dei colori riprodotti.
Proprio a causa della grande quantità di dati che derivano dalla quantizzazione di una immagine, la trasmissione della relativa informazione non avviene quasi mai in forma pura, ma attraverso meccanismi di compressione. Tra i più usati ci sono lo standard MPEG (Moving Picture Experts Group) e quello JPEG (Joint Photographic Experts Group), rispettivamente per immagini in movimento e statiche. In entrambi i casi la compressione dei dati non è esatta (cioè cancella una parte delle informazioni contenute), ma questo non provoca inconvenienti di rilievo. In compenso i fattori di compressione sono elevati..