La satira è l’unico genere letterario che non ha precedenti greci; Quintiliano, infatti, nella sua Institutio Oratoria afferma “satura tota nostra est”, considerando la satira come un genere letterario prettamente latino.
Nella letteratura greca non sono mai mancati toni e atteggiamenti satirici, ma non sono mai stati inquadrati in un genere letterario preciso, ben definito e differenziato.
Un esempio è la Batracomiomachia, un poemetto attribuito ad Omero, che narra le vicende di una guerra fra rane e topi.
Anche nell’ellenismo il nuovo interesse per la problematiche morali favorisce una produzione letteraria animata da intendi polemici e ricca di umorismo e ironia. Uno dei più celebri esponenti è Menippo da Gàdara.
La satira a Roma.
Secondo Livio, la satira deriva da un’antica forma drammatica popolare italica, caratterizzata da scambi di beffe cantati con accompagnamenti musicali, tipiche delle feste per il raccolto che si tenevano in ambiente rurale.
Etimologicamente, satura deriva dall’aggettivo satur, che significa “pieno, zeppo, farcito”. Questo aggettiva era utilizzato per indicare il piatto ricolmo di primizie che veniva offerto alle divinità, in particolare a Cerere, o più in generale una pietanza ripiena. Indica comunque l’idea della sovrabbondanza. In base a questo, la satira dovette essere probabilmente concepita come un genere caratterizzato da grande libertà e varietà.
Si sviluppò in due linee diverse, una più unitaria e composta (Lucilio, Orazio, Persio e Giovenale), e una più variegata, eccentrica e bizzarra (Ennio, Varrone, Seneca e Petronio).
Ennio
Le Saturae di Ennio sono componimenti in metri diversi, dal linguaggio colorito e dai contenuti che spaziano dalla critica di costume al ricordo autobiografico.
Lucilio
Lucilio è considerato l’inventor della satira, anche se non ne fu il creatore in senso stretto, ma il sistematore e l’organizzatore.
La vita sociale, culturale e spirituale del suo tempo è sottoposta a una critica aspra e pungente. I contenuti sono molto vari, si ricerca una certa uniformità sul piano metrico. Viene usata una lingua media, fatta di termini colloquiali, tecnicismi e grecismi.
Varrone
Si rifà a Menippeo da Gàdara. I temi trattati sono di carattere morale in forme varie e originali. Una caratteristica di questo tipo di satira è l’alternanza di prosa e versi.
Orazio
Orazio si rifà a Lucilio. Usa l’esametro e una lingua colloquiale. Ma la satira di Orazio non è aggressiva e polemica, ma misurata, priva di ogni eccesso, con un andamento colloquiale. Il titolo della sua opera Sermones sottolinea proprio il carattere di “discorso amichevole”.
Persio
In Persio scompaiono tutti i riferimenti autobiografici. Il suo interesse è rivolto ai problemi morali; il linguaggio è teso,difficile, dal tono amaro e sconsolato.
Seneca
Nell’Apokolokynthosis Seneca immagina che l’imperatore Claudio, appena morto, venga respinto dall’Olimpo e mandato negli inferi, dove finisce schiavo di un liberto.
L’opera è caratterizzata da alternanza di prosa e versi, citazioni di versi greci e proverbi latini, un titolo bizzarro e divertente e una scenografia surreale.
Petronio
Il Satyricon di Petronio narra la vicenda di una coppia di innamorati; la coppia però, è formata da due giovani uniti da un legame omosessuale, che si muovono in una società viziosa, amorale e dissoluta. Il Satyricon può anche essere considerato un romanzo.
Giovenale
La caratteristica principale delle opere di Giovenale è il sarcasmo, che nasce da un sincero sdegno per l’assurdità e la malizia di alcuni comportamenti umani. Scompaiono i riferimenti autobiografici e vengono eliminati gli interlocutori esterni.
Il tono non ha nulla di umoristico e comico, ma si avvicina molto alla drammaticità della tragedia.