Branca della linguistica che si occupa dell’origine e dello sviluppo delle parole, oltre che della loro comparazione nelle altre lingue dello stesso gruppo.
ORIGINI
I primi esempi di riflessione sulla natura delle parole risalgono agli indiani e ai greci, all’incirca nel V secolo a.C. Gli antichi non avevano la coscienza del mutare della lingua nel corso del tempo, e il loro problema non era perciò quello di spiegare l’evoluzione delle parole, bensì di estrarne il “vero” significato, il loro valore filosofico al di là delle apparenze del mondo. Questo livello di ricerca si ritrova anche nel nome della disciplina, dal greco étymos, “vero” e lógos, “parola”. I metodi di cui si servivano gli antichi erano perciò diversi da quelli che usiamo attualmente: qualsiasi accostamento, anche casuale, di suoni o significati veniva considerato valido se da esso si potevano trarre considerazioni generali.
Simili procedimenti sono ancora oggi presenti in quelle che si chiamano etimologie popolari, in cui parole difficili o di significato oscuro vengono accostate ad altre per tentare di spiegarle. Ciò in alcuni casi porta a un cambiamento della forma stessa della parola, come nell’italiano “vedetta”, derivato dallo spagnolo vela (“sentinella”) attraverso l’antico portoghese veleta: la forma attuale è dovuta a un accostamento con il verbo “vedere”. Durante l’età romana, il Medioevo e l’evo moderno tentativi di spiegazione di questo genere o ancora più bizzarri si moltiplicarono: ad esempio, cadaver (“cadavere”) fu persino interpretato come CAro DAta VERminibus (cioè “carne data ai vermi”).
COMPARAZIONE SCIENTIFICA
Fu solo con lo sviluppo ottocentesco della glottologia e con la fissazione delle leggi fonetiche che uno studio scientifico e comparativo dell’origine delle parole poté essere impostato. La comparazione delle parole si estese a lingue diverse, e nel contempo si trovarono rigorosi meccanismi di corrispondenze fra lingue della stessa famiglia linguistica (vedi Classificazione delle lingue), in modo da basare le proprie ricerche su dati reali e non su accostamenti casuali. Ad esempio, stabilito che una f latina all’inizio di parola corrisponde regolarmente a una b delle lingue germaniche, per cercare l’equivalente di “fratello” in inglese dovremo guardare nelle parole con una b iniziale (brother), scartando altre possibili soluzioni che potrebbero venirci in mente.
Ci sono, comunque, delle eccezioni: l’inglese fraternity, ad esempio, presenta una f iniziale e deriva dall’italiano “fraternità”: in questo caso siamo di fronte a un prestito linguistico, cioè a una parola che non ha subito le normali evoluzioni ma che è passata direttamente da una lingua all’altra conservando gran parte delle caratteristiche fonetiche dell’originale. L’etimologia scientifica deve sempre tener conto di questa eventualità.
Il prestito può essere adattato, se prende le forme esteriori della lingua in cui arriva (come nell’italiano “bistecca”, dall’inglese beefsteak) o non adattato se la parola straniera rimane tale e quale (ad esempio in “sport”, “weekend” usati nell’italiano). Un tipo particolare di prestito è quello in cui siano presenti, in una stessa lingua, due parole che hanno origine comune ma evoluzioni diverse, una popolare e una colta. In italiano, ad esempio, il latino bestia ha dato “biscia” (che ha preso a indicare un serpente) per normale evoluzione fonetica; il nostro “bestia” è originariamente una parola colta, presa in prestito dal latino.
L’etimologia deve prestare particolare attenzione anche al significato delle parole che studia: come si è visto per “biscia”, i termini cambiano di senso nel passare da una lingua a un’altra, e anche da una fase antica a una moderna di una stessa lingua. Ad esempio, per Dante la parola “grazioso” significava “pieno della grazia divina”, mentre per noi è un equivalente di “carino”.
Etimologie anche accettabili sul piano fonetico ma non plausibili a livello semantico sono da considerarsi scorrette. Si possono però accostare parole dal significato anche assai differente, a condizione di spiegarne tutti i passaggi intermedi: ad esempio “parola”, “schiavo” e “ciao” sono etimologicamente legate. Il termine slavo per “parola”, slovo, fu usato da quei popoli per indicare se stessi, cioè “quelli che parlano”. Conquistati da altre nazioni europee, i vincitori utilizzarono il loro nome (“slavi”) per indicare i servi, che si chiamarono così “schiavi”. A “ciao” si arriva tramite il veneziano sciao, cioè “schiavo”, “servo vostro”, che appunto veniva usato come saluto gentile.
Per contro, somiglianze accidentali nel suono o nel significato sono spesso causa di errori nelle etimologie: il termine italiano “toro”, ad esempio, e l’arabo thaur, pur indicando lo stesso animale non hanno alcuna relazione etimologica, perché appartengono a famiglie e tradizioni linguistiche differenti.
La linguistica moderna ha sviluppato metodi rigorosi per stabilire l’etimologia di una parola. Alcuni possono essere qui ricordati: 1) È importante stabilire la prima attestazione della parola e i suoi ambiti d’uso. 2) Bisogna rispettare la storia e la geografia e conoscerle a fondo, perché molte parole giungono da lingue parlate nei paesi confinanti, e possono avere spiegazioni sociologiche e storiche di volta in volta differenti che devono essere chiarite. 3) Bisogna tener conto delle leggi fonetiche. 4) Somiglianze di parole non scientificamente provabili devono essere ignorate. 5) La spiegazione di ogni parola deve essere estesa a tutti i termini correlati; se la parola è un composto bisogna spiegarne tutti i membri.