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Anassagora si rese conto che la complessità del mondo che viviamo non può essere spiegata ricorrendo a un solo principio. Il mondo è un aggregato di cose, ciascuna delle quali a sua volta è la somma di molteplici qualità.
Nel corpo umano per esempio non operano solo i principi del caldo e del freddo, ma anche quelli dell’umido e del secco, del dolce e dell’acido e così via. Inoltre queste qualità sono connesse fra di loro, per cui non esiste un cibo che sia esclusivamente caldo, ma sarà caldo e dolce oppure freddo e acido. Ogni qualità poi è presente nelle cose secondo una diversa gradazione d’intensità, non esiste, infatti, il caldo e il freddo, ma una cosa sarà più o meno calda o più o meno fredda a seconda delle condizioni, del termine di paragone (se io ho caldo e tocco un oggetto percepirò le sue parti fredde e mi sembrerà per contrasto freddo, così se sento freddo, avvertirò le sue parti calde e mi apparirà tale) o dello stato di chi la percepisce. Non esistono qualità assolute che si oppongono fra di loro, nelle cose calde ci sono anche parti di freddo e in quelle fredde ci sono anche parti di caldo. È questo quello che intende Anassagora quando afferma omnia et ubique, tutto è in tutto.
Chi era Anassagora
Anassagora è il primo filosofo di cui abbiamo notizia ad Atene. Originario di Clazomene in Asia Minore, si trasferì ad Atene dove diventò consigliere di Pericle. Nel 432 circa venne processato per avere sostenuto che gli dei non esistono e fu costretto a fuggire dalla città. Affascinato dall’astronomia, sosteneva anche che il Sole è una massa incandescente molto più grande della penisola del Peloponneso. Studiò un meteorite ed arrivò alla conclusione che tutti i corpi celesti sono fatti della stessa materia della Terra, per cui si poteva benissimo pensare che altri esseri umani vivessero in altri pianeti. Sostenne anche che la Luna non brilla di luce propria, ma viene illuminata dal Sole e spiegò come avvengono le eclissi solari.
Tutto è in tutto
Il mondo è in continuo divenire e questo non si può negare perché sono i nostri sensi e l’esperienza comune ad attestarlo, l’unico modo per spiegarne le trasformazioni è quello, per Anassagora, di ammettere che in ogni cosa sono contenute, sotto forma di semi invisibili per la loro piccolezza, tutte le altre cose, per cui a certe condizioni ogni cosa può diventare un’altra. Ad esempio la mela se raccolta dall’albero e mangiata dall’uomo diventa carne e sangue dell’uomo che se ne nutre, se dall’albero cade a terra diventa humus del terreno. Ciò avviene perché la mela contiene già in sé i semi di tutti i suoi possibili sviluppi.
La nascita e il divenire delle cose per il filosofo di Clazomene non sono un passaggio dal non essere all’essere (vietato dalla filosofia parmenidea), bensì lo sviluppo di un seme già esistente che passa da uno stato reale invisibile ad uno altrettanto reale ma visibile. È probabile che Anassagora sia giunto alla teoria dei semi dall’osservazione della natura e degli esseri viventi: ogni organismo, sia esso pianta o animale, nasce da un seme preesistente che, secondo il nostro filosofo, contiene già sostanze, qualità e strutture che saranno proprie ed evidenti nell’organismo sviluppato.
La crescita del seme non è la formazione di un qualcosa di nuovo, ma lo sviluppo di qualcosa che già esiste anche se non è visibile. Le cose dunque nascono da semi a loro simili, contenenti quelle qualità che si manifesteranno alla fine della crescita. Una volta generati, inoltre, i viventi si accrescono assumendo sostanze dall’ambiente circostante attraverso l’alimentazione, resa possibile dal fatto che le cose di cui si nutrono contengono, sotto forma di semi, le sostanze e le qualità proprie del corpo che se ne alimenta. In altri termini gli esseri viventi crescono perché assumono semi a loro simili contenuti in cose solo apparentemente dissimili.
Aristotele definisce i semi di Anassagora omeomerie, dal greco homoios che significa simile e meros che significa parte. Ogni cosa ha dunque qualità visibili e qualità nascoste, presenti in ogni parte in cui la cosa viene divisa, per quanto piccola possa essere, parte che è quindi simile al tutto della cosa e a tutte le altre cose. Le cose, pur essedo molteplici e diverse, contengono qualcosa di comune, i semi, e per questo non si generano e non si distruggono mai del tutto, bensì si trasformano le une nelle altre.
L’infinito di Anassagora
I semi sono infiniti di numero e per grandezza, essi sono anche infiniti in piccolezza, poiché non esiste nulla di più piccolo. Le cose, in quanto aggregati di semi, sono divisibili all’infinito e ogni parte è sempre omogenea al tutto (le parti di carne saranno sempre carne, per quanto piccole possano essere). Sembra di incorrere in uno dei paradossi di Zenone secondo il quale un ente che contiene infinite parti è infinitamente grande. Ma Anassagora sostiene che ad essere infinita è la possibilità di ripetere la divisione all’infinito, non il numero delle parti a cui si giunge ad ogni stadio del procedimento. Infatti, per quanto grande possa essere, il numero delle parti che a ogni divisione si ottiene, è sempre finito. Questa riflessione sarà importante per la matematica che d’ora in poi avrebbe fatto uso dell’infinito senza più lo spettro della contraddizione inaggirabile.
Il Nous
Al mondo delle cose dove tutto è relativo, il filosofo di Clazomene contrappone il Nous “l’intelletto”, una sorta di mente divina ordinatrice che ha dato il la al mondo, l’unica realtà assoluta, l’unica cui Anassagora riferisce le stesse qualità del mondo ma al grado superlativo. Illimitato in grandezza, conosce ogni cosa – la conoscenza nel mondo è possibile solo in virtù dei contrari, conosciamo il caldo attraverso il freddo e viceversa, il Nous essendo altro rispetto alle cose può conoscerle tutte -, governa tutto secondo un ordine necessario.
Il Nous è sia principio vitale presente in ogni cosa anche se non s’identifica con nessuna di esse – per la sua purezza estrema non si mescola con nessuna cosa pur essendo presente in tutte le cose -, sia principio cosmogonico in quanto, all’inizio dei tempi, ha impresso il primo moto rotatorio centrifugo alla massa omogenea di semi in cui non si distingueva ancora nulla dando così origine al cosmo. Sospeso tra l’archè naturale dei primi filosofi e l’intuizione di una realtà soprasensibile propria della filosofia successiva, il Nous anassagoreo verrà tacciato da Aristotele di essere una sorta di deus ex machina (la divinità che nel teatro classico veniva calata sulla scena per risolvere situazioni diventate troppo intricate) di cui il filosofo si serve per spiegare ciò che non può essere spiegato ricorrendo a cause meccaniche e materiali.
L’uomo è il più intelligente degli animali perché possiede le mani
Con Anassagora si afferma l’idea che la conoscenza si costituisce passo dopo passo, per tentativi, ed è sempre correggibile e perfezionabile. Non basta la sensazione perché nasca il sapere, occorre l’interpretazione dei dati osservati da cui derivano le prime ipotesi che devono poi essere confermate o smentite dall’esperienza. Non è un caso che per il filosofo di Clazomene l’uomo è il più intelligente degli animali perché possiede le mani.