Alcool (Alcools) raccolta del poeta francese di origine polacca Guillaume Apollinaire (1880-1918). L’arresto, avvenuto nel 1911, con l’assurda accusa di avere rubato la Gioconda dal Louvre, gli attacchi vergognosi di giornalisti xenofobi, la successiva liberazione per l’assurdità dell’accusa, ebbero, se non altro, il merito di far rivolgere l’attenzione degli editori e del pubblico sul poeta che ormai si sentiva francese. E gli permisero la pubblicazione nel 1913 della raccolta Alcool, che aveva per sottotitolo Poesie degli anni 1893-1913. Dapprima il poeta aveva chiamato la raccolta 11 vento del Reno (Le Vent du Rhin), successivamente gli venne in mente di denominarla, in modo fortemente politicizzato, L’anno repubblicano (L’année Republicaine), per cui alcune liriche si sarebbero dovute intitolare secondo i nomi del calendario rivoluzionario francese (una poesia conservò il titolo di Vendemmiaio). Nello stesso tempo pensò ai titolo Acquavite (Eau de vie), con allusione all’etimologia “acqua di vita”. L’idea, comunque, era quella di poesie che dovevano bruciare il cuore. Donde Alcool, che rimase come titolo definitivo. Nella raccolta si possono distinguere tre cicli: le poesie del periodo 1898-1904, contenenti romantici versi al Reno — e il Canto di colui che è infelice in amore; le poesie del periodo 1905-09, dedicate a complesse ricerche formali; finalmente le poesie degli anni 1910- 13, prevalentemente di carattere lirico-epico e con una più accentuata tendenza al realismo. Queste suddivisioni, tuttavia, sono convenzionali, perché il libro si presenta come unitario, nonostante la notevole distanza cronologica fra le prime e le ultime composizioni: denominatore comune ne sono il lirismo e, per quanto si riferisce alla tecnica, l’incredibile capacità analogica, l’abilità metaforica nell’accostare oggetti diversi. Nei Versi renani Apollinaire fa rinascere l’emozione lirica, disseccatasi nelle poesie dei tardi simbolisti. In poesie come Autunno sul Reno, Marie Sybille, Il canto di colui che è infelice in amore circolano una vitalità, un’umanità, una ricchezza di sentimenti che riporta alla grande tradizione di Rimbaud. Parlando delle poesie degli anni 1905-09, dobbiamo ricordare prima di tutto la lirica Il rogo fiammeggiante, dedicata alla fiamma che brucia e rinnova: il poeta dichiara di essere pronto a morire purché gli si riveli il mistero dell’essere: “Non c’è nulla in comune tra me e coloro che hanno paura delle bruciature”, dice. Pure Apollinaire riferendosi al “mistero” non intende tanto o soltanto il mistero trascendente dei simbolisti, quanto piuttosto problemi non risolti e angosciosi della vita terrena. Un’altra poesia molto interessante e intensa è l’Emigrante di Landor Road, suscitata dalla decisione della donna amata da Apollinaire, Anna Playden, di lasciarlo e andarsene in America. Il titolo e preso dalla via di Londra dove abitava Anna: come il Boccaccio nella Fiammetta, il poeta immagina di essere lui ad abbandonare la donna, e non viceversa; dietro questo fatto personale e la struggente malinconia del poeta si sviluppa il quadro della vita standardizzata dei borghesi di Londra e di Parigi. Particolarmente importanti sono le liriche scritte o terminate nel 1912, fra cui La zona, Il ponte di Mirabeau, La Santé, 1909. La forma si arricchisce e si rinnova continuamente, le ricerche formali mostrano la straordinaria fertilità e inventiva di Apollinaire: nello stesso tempo il “peso” della contemporaneità è ben presente. Il poeta ha raggiunto nelle liriche di questo ciclo la sua piena maturità. Molte innovazioni possono essere, certo, discutibili: ma esse hanno avuto un seguito in molti altri scrittori e comunque hanno orientato le ricerche di poeti contemporanei e successivi (Reverdy, Eluard, Aragon): fra queste, l’abolizione della punteggiatura nei versi (“i segni di punteggiatura sono inutili, perché la vera punteggiatura è data dal ritmo e dalle pause dei versi”, afferma il poeta). In questo senso é da sottolineare lo sforzo di far coincidere il significato con il movimento ritmico. Il principio lirico del Ponte di Mirabeau è l’amore che se ne va senza più far ritorno come l’acqua della Senna che scorre sotto il ponte: ma l’amore e la speranza vivono sempre nel cuore degli uomini: cosi le acque scorrono continuamente (in questa poesia Apollinaire ha felicemente ripreso il ritmo di una bella canzone medievale di tessitori Gaieté et Oriour). Il poema Zona è un vero segno del tempo: dapprima il poeta voleva chiamarlo II Grido, poi preferì Zona: s’intende la periferia, dove vivono i poveri, la “cintura rossa”, operaia di Parigi: il poema è dunque inserito nella realtà proletaria della città, è la poesia stessa della città operaia, un inno ricchissimo di contrasti tematici e d’intonazione.